Criticità indotte da trattamenti superficiali

Condividi

Attualmente una delle opportunità più stimolanti a livello industriale è costituita dalla ingegneria delle superfici, intesa come disciplina che si propone di intervenire sulla superficie di un materiale per fornire ad esso caratteristiche differenziate rispetto al cuore del materiale stesso.

Nel suo principio ispiratore l’ingegneria delle superfici si presenta un po’ come un “uovo di Colombo”: dato che in ogni componente è proprio la superficie la parte destinata ad interfacciarsi con l’esterno e con le sollecitazioni che da questo derivano, perché invece di ricorrere integralmente ad un materiale ad alte prestazioni non utilizzare invece un materiale meno nobile, incrementandone però le caratteristiche proprio là dove servono, sulla superficie?

Da qui il ricorso sempre più massiccio a questo tipo di approccio, con trattamenti sempre più specifici e dedicati, trattamenti che solitamente hanno in comune il fatto di indurre, volutamente o come effetto collaterale, tensioni residue sulla superficie e nel volume di materiale immediatamente sottostante.

Quando siano di tipo compressivo, queste tensioni sono sempre ben accolte, per il notorio effetto migliorativo che tensioni residue di compressione assicurano sotto molti punti di vista, dalla resistenza a fatica alla resistenza alla corrosione, dalla resistenza alla usura al creep, e cosi via.

Ma come ogni medaglia, anche questa ha il suo rovescio: per ovvie considerazioni di meccanica dei corpi, la presenza di sollecitazioni di compressione in superficie richiede la presenza di equivalenti (in termini di integrale delle forze e delle coppie) sollecitazioni in trazione negli strati sottostanti.

Solitamente questi stati di trazione interni vengono del tutto trascurati, partendo dall’assunto che in tale zona non abbiano la possibilità di esercitare un vero effetto negativo: in realtà questo non è sempre vero, in quanto se le aggressioni chimiche ed ambientali effettivamente “vedono” solo la superficie, lo stesso non può dirsi per le sollecitazioni meccaniche.

Questo è particolarmente valido nel caso delle sollecitazioni di contatto, per le quali la massima sollecitazione viene ad essere localizzata non sulla superficie ma negli strati ad essa sottostanti.

Nel prosieguo dell’articolo andremo quindi ad evidenziare le potenziali criticità insite in una non corretta calibrazione dei profili di tensione residua indotti dai trattamenti in funzione del profilo delle sollecitazioni prevedibili in esercizio, nel caso di contatti hertziani.

Un breve richiamo alle tensioni residue

Le “tensioni residue” (o “tensioni interne” che di si voglia) sono tutte quelle tensioni presenti internamente al volume di un corpo quando questo sia in equilibrio meccanico, termico e chimico con l’ambiente circostante.

Le tensioni residue sono quindi stati tensionali che non hanno nessuna evidenza macroscopica, come ha felicemente sintetizzato il mio collega Ing. Marconi in una battuta ben conosciuta nel giro dei congressi in materia, “…un componente soggetto a tensioni residue non è che bisogna inseguirlo in giro per l’officina…”.

In base a semplici considerazioni di meccanica è ovvio che questa condizione di equilibrio presuppone una risultante nulla sia delle forze sia dei momenti all’interno di ogni sezione, e pertanto impone che la presenza di stati tensionali di trazione nella parte superficiale sia controbilanciata dalla presenza di stati tensionali di compressione nelle zone a cuore, e viceversa.

In termini generali le tensioni residue sono l’effetto di disomogeneità nelle caratteristiche meccaniche del materiale, disomogeneità che possono manifestarsi sotto forma di differenza dello stato metallurgico (elastico o plastico), dei coefficienti di espansione termica, del modulo elastico, del limite di snervamento o di altri parametri analoghi.

Tali differenze possono avere diverse origini, anche combinate tra di loro: la tradizionale suddivisione prevede che l’origine possa essere:

  • Termica
  • Meccanica
  • Chimica
  • Metallurgica

Tipico esempio di tensioni residue termicamente indotte sono quelle che nascono a causa delle deformazioni differenziali tra le diverse zone di uno stesso componente per processi di raffreddamento non omogenei in termini di evoluzione temporale.

Nel caso che l’origine sia meccanica, solitamente distinguono due possibili meccanismi per la creazione di tensioni residue, ossia l’asportazione di materiale e la deformazione plastica, una distinzione che personalmente trovo sempre meno significativa, in quanto una asportazione meccanica del materiale ha sempre come effetto quello di indurre una deformazione plastica sulla superficie di taglio, cosicché mi sembra piu corretto  parlare semplicemente di effetti residui di una deformazione plastica . Quello che eventualmente è necessario considerare è che nel caso delle lavorazioni meccaniche molto spesso i fenomeni di attrito portano a raggiungere temperature tali da dover tenere in considerazione anche effetti termici.

In questa tipologia rientra ad esempio lo shot peening, in quanto trattamento superficiale finalizzato alla creazione di stati tensionali compressivi proprio attraverso una deformazione plastica della superficie ottenuta attraverso l’impatto di opportuni midia.

Si parla invece di un’origine chimica delle tensioni residue quando queste sono indotte da cambiamenti di volume conseguenti a reazioni chimiche, precipitazioni o trasformazione di seconde fasi, come avviene ad esempio nei trattamenti termo-chimici degli acciai, per i quali l’instaurarsi di stati tensionali residui di compressione superficiale rimangono un effetto benefico ma secondario rispetto all’indurimento.

Per concludere, si parla di tensioni residue indotte da transizioni di fase quando tali tensioni siano indotte da una variazione nella struttura cristallina del materiale che comporti variazioni dimensionali dei singoli grani, che all’interno di un contesto più o meno rigidamente vincolato porta alla nascita di tensionamenti elasto-plastici nel materiale: esempio tipico la trasformazione della austenite residua.

Fig 1 – Andamento delle tensioni residue in funzione della profondità nel caso di un acciaio 16MnCr5 sottoposto a trattamento di shot peening con midia ferroso diametro 0,4 mmm, un materiale il cui limite di snervamento è dell’ordine dei 750 Mpa

Comunque sia, a prescindere da quale ne sia il meccanismo di origine, tipici profili dell’andamento delle tensioni residue in funzione della profondità sono riportati in figura 1 e figura 2, rispettivamente relative ad un trattamento di shot peening eseguito su un acciaio 16MnCr5 e ad un trattamento di cementazione eseguito su un acciaio acciaio 29MnCr5.

Particolarmente interessante è il grafico riportato in figura 3, in cui è riportato l’andamento delle tensioni residue in funzione della profondità per l’acciaio cementato oggetto della fig. 2 e successivamente sottoposto anche ad un trattamento di shot peening.

È evidente come la combinazione dei due trattamenti porti ad un ulteriore incremento dello stato compressivo superficiale, ma anche ad un analogo incremento dello stato di trazione a cuore: l’equilibrio deve sempre essere mantenuto……

Fig 2 – Andamento delle tensioni residue in funzione della profondità nel caso di un acciaio 29MnCr5 sottoposto cementazione
Fig 3 – Comparazione dell’andamento delle tensioni residue in funzione della profondità nel caso di un acciaio 29MnCr5 quando sottoposto a trattamento di cementazione (linea blu) e successivamente sottoposto a trattamento di shot peening (linea verde): è interessante notare come il trattamento di shot peening porti ad un incremento dello stato di compressione negli strati superficiali, ma anche da ad un conseguente aumento dello stato di trazione nella parte piu interna del materiale

La meccanica del contatto

Il caso delle reciproche sollecitazioni indotte da due corpi posti in contatto sotto l’effetto di una forza F è stato risolto in forma analitica da Heinrich Rudolf Hertz nel 1881.

Se due corpi con superfici a diversa curvatura hanno idealmente un solo punto o una linea di contatto, in realtà la deformazione elastica subita da entrambi i corpi fa si che il punto o la linea si espandono sino a diventare un’area, che rimane tuttavia sempre relativamente limitata.

Il modello elaborato da Hertz presuppone una serie di ipotesi realisticamente soddisfatte nella maggioranza dei casi di corpi in contatto, ossia:

  • Corpi siano omogenei ed isotropi
  • Deformazioni dei corpi limitate al campo elastico
  • dimensioni dell’area di contatto piccole rispetto al raggio di curvatura dei corpi a contatto
  • assenza di forze di attrito radente durante il contatto (quindi unicamente componenti di for za normale)

In questo caso il modello di Hertz porta alla conclusione che la reciproca deformazione dei corpi porti ad una superficie di contatto ellissoidale, la cui geometria è funzione combinata di:

  • modulo elastico dei materiali
  • modulo di Poisson dei materiali
  • raggio di curvatura degli elementi

All’interno di tale ellisse di contatto (che nel caso in cui uno dei corpi sia una sfera si riduce ad una circonferenza) la distribuzione della pressione non è omogenea ma variabile da punto a punto secondo una distribuzione anch’essa di tipo ellittico, descritta da un’equazione del tipo seguente, ed illustrata graficamente nella figura 4.

Ancora più significativa, perlomeno in merito alle problematiche che stiamo trattando, è la distribuzione dello stato di sollecitazione normale alla superficie di contatto: nella figura 5 è riportato un caso esemplificativo di un contatto tra una sfera di acciaio e una piastra di identico materiale, essendo la forza di contatto pari a 2 KN, mentre nella figura 6 è illustrato graficamente l’andamento degli stati di sollecitazione in funzione della profondità.

Fig 4 – Distribuzione della pressione di contatto all’interno della superficie di contatto hertziano

I modi di sollecitazione significativi sono una tensione sx parallela alla superficie di contatto, una tensione sz perpendicolare alla suddetta superficie di contatto ed una sollecitazione di taglio (distorsione) anch’essa parallela alla superficie di contatto.

La coppia di tensioni di deformazione possono essere ritenute limitatamente significative per il danneggiamento del componente, sia perché di tipo compressivo sia perché, come evidenziano le conferme sperimentali dei criteri di Von Mises, Hencky, Hueber, il reale contenuto di danneggiamento di una sollecitazione è associato alla sua componente di distorsione e non alla sua componente di deformazione, e quindi alla sollecitazione di taglio trz.

Fig 5 – Caso esemplificativo di un contatto hertziano tra una sfera ed una superficie piana, entrambe in acciaio.
Nella schermata, elaborata attraverso lo specifico software “Hertzwin”, sono riportati i principali parametri fisici e geometrici dei due corpi considerati, assieme ad un riepilogo analitico dei principali risultati

Tale sollecitazione, rappresentata dalla linea verde nel grafico di figura 6, presenta evidentemente il suo massimo non in corrispondenza della superficie di contatto, ma ad una profondità che nel caso specifico è di 503 mm, ossia poco più di 0,5mm.

Questa profondità è ovviamente funzione di tutti i parametri fisici e geometrici considerati, ma con una relazione che è tutt’ altro che proporzionale: nel grafico di figura 7 è riportato il grafico della distribuzione in funzione della profondità della tensione di taglio dell’accoppiata sfera-piastra di figura 5, ma con carico di contatto ridotto da 2000N  a 200N: ad una diminuzione della pressione di contatto pari ad un ordine di grandezza, la profondità della massima sollecitazione diminuisce soltanto di poco più della metà.

Fig. 6 – Andamento delle tensioni di deformazione e di taglio in funzione della profondità nella piastra considerata nel caso di figura 5: in base alle considerazioni che stanno alla base dei criteri della massima energia di distorsione, il contenuto di danneggiamento viene ad essere associato essenzialmente alla energia di distorsione, ossia alla sollecitazione di taglio (linea verde)
In questo caso è facile considerare come il massimo di tale sollecitazione corrisponda non alla superficie del materiale, ma si collochi ad una profondità di -508 m, cioè circa 0,5 mm.
Grafico realizzato mediante lo specifico programma “hertzwin”

Effetto delle sollecitazioni Hertziane su superfici sottoposte a trattamenti superficiali

Come ci conferma l’esperienza quotidiana, le superfici di contatto sono una parte maggiormente sottoposte a trattamenti superficiali, trattamenti superficiali che nella stragrande maggioranza dei casi (shot peening, tempra, cementazione, nitrurazione e relative combinazioni) comportano la comparsa di tensioni residue di compressione sulla superficie e di trazione negli strati sottostanti.

Detta “profondità di inversione” la profondità alla quale avviene l’inversione di segno per le tensioni residue, questa solitamente varia tra 0,2 e 1 mm, una profondità che spesso viene ad essere oltrepassata dal picco della componente di distorsione della sollecitazione hertziana: una tale combinazione finisce per essere estremamente deleteria, in quanto lo stato tensionale finirebbe per aggiungersi alla sollecitazione hertziana, amplificandone l’effetto di danneggiamento.

Consideriamo ad esempio il caso di una superficie soggetta ad un trattamento di shot peening come da figura 1: nel caso in cui la superficie sia soggetta ad un contatto hertziano con caratteristiche fisico geometriche come da tabella di figura 5, ma carico di contatto pari a 20N, 200N e 400N.

In questo caso si ha:

Carico Max Tensione di distorsione Profondità del picco
20 N 53,5 Mpa -113,5 mm
200 N 114 MPa -244 mm
400 N 144,6 MPa -308 mm

 

Facendo riferimento alla distribuzione delle tensioni residue rappresentata nella figura 1, risulta facile verificare (fig. 8) come:

  1. nel caso di forza di contatto pari a 20 N, la profondità del picco ricade all’interno della zona di massima compressione, e pertanto tensionale indotto dallo shot peening risulta efficacemente migliorativo per le caratteristiche di resistenza del materiale
  2. nel caso di forza di contatto pari a 200 N, la profondità del picco ricade nell’intorno del punto di inversione, per cui nessun effetto benefico o deleterio viene indotto dal trattamento di shot peening
  3. nel caso di fora di contatto pari a 400 N, la profondità del picco ricade all’interno della zona di trazione: in questo caso il trattamento di shot peening finisce per avere un effetto fortemente deleterio sulle caratteristiche di resistenza a fatica hertziana della superficie.
    Fig 7 – Andamento delle tensioni di taglio in funzione della profondità nella piastra considerata nel caso di figura 5, ma con un carico di contatto ridotto da 2000N a 200N : la non linearità tra le condizioni di carico e la profondità di massima sollecitazione è ben evidenziata dal fatto che ad una riduzione del carico pari ad 1 ordine di grandezza, la profondità di massima sollecitazione diminuisce di poco piu della meta, da 508 m a 244 m. Grafico realizzato mediante lo specifico programma “hertzwin”
    Fig 8 – Esempio di posizionamento del picco di sollecitazione Hertziano in diverse condizioni di carico, rispetto alla distribuzione delle tensioni residue in un componente sottoposto a trattamento di shot peening.
    È evidente come alle diverse condizioni di carico corrispondono localizzazioni del picco di sollecitazione hertziana che possono cadere nella zona di compressione, nella zona di transizione o addirittura nelle zona sollecitata a trazione a cuore

Conclusioni

Le parti coinvolte in fenomeni di contatto sono un tipico esempio applicativo di trattamenti superficiali finalizzati ad incrementarne la durezza e di conseguenza la resistenza ad usura: shot peening, cementazione, nitrurazione tempra in tutte le possibili varianti e combinazioni sono tra le applicazioni piu comuni a questo scopo.

In forma voluta o come effetto collaterale, tali trattamenti inducono anche benefici stati tensionali di compressione sulla superficie, a cui inevitabilmente devono corrispondere (per ovvi motivi di equilibrio statico delle forze….) stati di trazione nelle zone piu interne.

Nel caso in cui le superfici di contatto subiscano anche significative sollecitazioni normali, la natura hertziana di tale contatto fa si che la massima sollecitazione si eserciti non sulla superficie ma nella parte sub-superficiale: in questo caso diventa fondamentale un accurata verifica combinata della profondità di inversione delle tensioni residue e la profondità del picco di sollecitazione hertziana, per evitare la disastrosa condizione per cui gli stati tensionali indotti dal trattamento non finiscano per amplificare invece che attenuare il danneggiamento indotto dalla sollecitazione.

di Francesco Chichi

 

 

Articoli correlati