Caratterizzazione metallurgica delle superfici da taglio ossi-acetilenico

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Molto spesso il taglio finisce per costituire anche la finitura definitiva per molte superfici o, perlomeno, è il trattamento che più di ogni altro ne determina lo stato finale. Ecco quindi la necessità di tenere nella massima considerazione le alterazioni meccaniche indotte da una operazione di taglio. Prendiamo ora in esame il taglio ossi-acetilenico.

Il taglio ossi-acetilenico in sintesi

A prescindere dal fatto che sia utilizzabile solo su materiali ferrosi a basso tenore di carbonio, all’occhio del profano niente sembra distinguere il taglio ossia-cetilenico dal classico taglio a fiamma ossidrica, con il dardo fiammeggiante che esce dal cannello e procede fondendo il materiale davanti a lui.

Ma mai come in questo caso l’apparenza inganna: se nel caso della fiamma ossidrica la fusione del materiale investito dalla fiamma deriva semplicemente dalla temperatura raggiunta dalla fiamma stessa, nel caso del taglio ossi-acetilenico la temperatura della fiamma serve unicamente come innesco di un processo esotermico ben più complesso.

Nel caso del taglio ossi-acetilenico parallelamente alla fiamma si ha infatti l’erogazione di un flusso di ossigeno ad elevato grado di purezza, ossigeno che intorno ai 1350° C si combina con il ferro dando luogo ad ossidi di ferro con una reazione di ossidazione fortemente esotermica e tale da permettere la fusione localizzata del materiale ferroso nelle immediate adiacenze della fiamma di innesco (la cui temperatura ricordiamo essere di 1350° e quindi ben inferiore ai 1550–1600° C necessari per arrivare alla fusione del materiale ferroso).

Il fenomeno della fusione endogena del ferro in atmosfera di ossigeno fu scoperto e compreso dal grande chimico francese Antoine de Lavoisier fin dal 1776, anche se bisogna aspettare il 1905 perché altri due francesi, questa volta gli ingegneri Picard e Fouche, riescano a riprodurre il processo in una forma industrializzabile realizzando in pratica il prototipo di quella che è l’attuale torcia ossi-acetilenica da taglio.

In questa torcia, che nelle officine viene indicata semplicemente come cannello, è costituita da un ugello centrale destinato ad erogare ossigeno purissimo, a sua volta circondato da una corona di ugelli eroganti acetilene.

Le due erogazioni sono separate, per cui inizialmente viene utilizzata unicamente la fiamma acetilenica propriamente detta per riscaldare il materiale fino ad una temperatura superiore ai 1350 °C; e solo dopo che il materiale ha raggiunto questa temperatura viene aperta l’erogazione anche del flusso di ossigeno, la cui sovrabbondanza permette una immediata ossidazione del ferro con un ulteriore generazione di energia termica, sufficiente per raggiungere localmente quella temperatura di 1600°C necessaria per arrivare alla rapida fusione localizzata del materiale ferroso.

Il tutto grazie a diversi processi di ossidazione, tutti fortemente esotermici e descritti dalle seguenti equazioni:

Altro elemento necessario alla corretta prosecuzione del processo è anche che il flusso di ossigeno “veda” sempre una superficie non ancora ossidata, ma a questo provvedono direttamente i flussi forzati di ossigeno e gas combusto che agiscono per spingere fuori dal taglio il materiale già ossidato e fuso, liberando in superficie materiale “vergine” pronto per l’ossidazione.

Come è stato scritto fin dall’introduzione, l’ossitaglio è applicabile unicamente a materiali ferrosi e con tenori di carbonio inferiori a 0,3%: il requisito della natura ferrosa dei materiali in realtà non è un requisito tecnico ma una conseguenza, visto che in termini concettuali il processo di ossitaglio di per se è applicabile a qualunque metallo in grado di sviluppare fenomeni di ossidazione fortemente esotermica a temperatura inferiore a quella di fusione del metallo base: un caso che purtroppo tra i materiali tecnici si verifica solo nel ferro e negli acciai.

Anche nel caso della seconda condizione indicata nelle premesse, ossia un tenore di carbonio inferiore a 0,3%, non si tratta di un requisito in quanto tale ma una conseguenza della tendenza del carbonio di ossidarsi, secondo processi descritti dalle seguenti reazioni:

Reazioni che da un lato neutralizzano la formazione di ossido di ferro, e dall’altro portano alla creazione di un ossido di carbonio che tende a depositarsi in aderenza alla superficie di taglio, inibendo la prosecuzione del processo.

Esaurita la parte descrittiva del processo, non ci resta che analizzare quale sia lo stato delle superfici prodotte da tale tecnica di taglio, nonché delle porzioni di materiale immediatamente adiacenti.

 

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