La misura della manutenzione tramite indicatori prestazionali

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Il riconoscimento della manutenzione come disciplina tecnica e gestionale a sé stante in Italia è relativamente recente. I gestori devono qualificare e soprattutto quantificare anche gli aspetti manutentivi. Quantificare significa misurare il livello di servizio della funzione manutenzione.

L’ingegneria di manutenzione è presente in Italia come funzione formalizzata da circa quarant’anni. Mutuata dall’aeronautica, si è inizialmente sviluppata nel petrolchimico, crescendo in diffusione, visibilità e apprezzamento grazie soprattutto al capillare ed instancabile lavoro dell’A.I.MAN (Associazione Italiana Manutenzione, fondata nel 1959), in collaborazione con varie facoltà di ingegneria, italiane e non. È del 2004 la prima formale istituzione di un insegnamento specifico presso il Politecnico di Milano, Corso di Laurea Magistrale (2° ciclo) di Ingegneria Meccanica ed Ingegneria Gestionale. Sono seguiti e seguono numerosi Master e corsi altamente qualificati, che diffondono e consolidano la cultura della manutenzione in Italia.

Una disciplina tecnica non ammette astrazioni. Pertanto, la cultura della manutenzione è qualcosa di estremamente concreto. Condizione necessaria (necessaria, non anche sufficiente…) affinché si possa affermare che un’azienda possiede una cultura della manutenzione è che, a tutti i livelli, siano percepiti e condivisi i contenuti dei punti seguenti:
• produzione e manutenzione sono a tutti gli effetti collaudatori di macchine e impianti. I rispettivi know-how devono essere utilizzabili ed utilizzati in forma integrata da parte della progettazione e degli acquisti;
• la manutenzione è una fase specifica del processo produttivo ed è integrata col medesimo;
• la manutenzione è a propria volta il risultato di un progetto nel senso più completo del termine;
• qualunque attività di manutenzione è classificabile come programmata o non programmata. Ogni altra classificazione è un sotto-assieme di una delle due precedenti;
• la manutenzione opera nella pienezza del proprio ruolo quando non deve riparare ma prevenire;
• la verifica del successo del passaggio alla logica della prevenzione è data dalla crescita non episodica della disponibilità impiantistica. La manutenzione deve essere quindi un fattore di profitto consolidato.

Perché la cultura della manutenzione possa effettivamente divenire il “fattore di profitto consolidato” di cui sopra, i principi base devono essere messi in pratica in forma codificata.

L’ingegneria di manutenzione dovrà, tra l’altro, istituire un sistema metrico specifico e rigoroso, che le permetta di seguire l’evoluzione del livello di servizio reso e, se necessario, prendere provvedimenti correttivi su basi analitiche.

La nota, elegante e pertinente citazione del grande fisico Lord Kelvin suggella autorevolmente i concetti sopra esposti: «Io affermo che quando voi potete misurare ed esprimere in numeri ciò di cui state parlando, voi sapete effettivamente qualcosa; ma quando non vi è possibile esprimere in numeri l’oggetto della vostra indagine, insoddisfacente ne è la vostra conoscenza e scarso il vostro progresso dal punto di vista scientifico».

Il Progetto Manutenzione

In estrema sintesi, l’essenza del Progetto Manutenzione è dimensionare e ritarare periodicamente il mix ottimale nella distribuzione delle risorse disponibili tra le attività di riparazione (non programmate) e le attività di prevenzione (programmate), puntando a privilegiare le ultime.

Più in dettaglio:
• Manutenzione Correttiva (a guasto avvenuto)
• Manutenzione Preventiva Ciclica–Statistica (in funzione del tempo o del numero di cicli)
• Manutenzione Preventiva Su Condizione–Predittiva (in funzione dell’esito di rilevazioni periodiche di opportuni parametri correlati all’affidabilità dell’oggetto)
• Manutenzione Migliorativa (modifiche e migliorie che aumentano l’affidabilità e la disponibilità senza incrementare le prestazioni di targa)

Le suddette risorse a disponibili (tempo, risorse umane e budget) sono limitate e non rinnovabili. È fondamentale poter stabilire le priorità in modo oggettivo. Nessuno, neppure in tempo di crisi, mette in discussione la necessità di dover eseguire una riparazione. Anche una modifica-miglioria, se ben documentata relativamente al ritorno economico, viene accolta di buon grado. Eliminare o ridurre all’origine e una volta per tutte delle cause di guasto ove possibile e conveniente, costituisce un ottimo approccio. Attivare costi fissi insorgenti in prevenzione (costi reali e gravanti sul budget) a fronte di non-eventi, ovvero di non-guasti è sempre stato difficile. C’è sempre il dubbio che magari non ci sarebbe stato in ogni caso nessun guasto. Di fatto la prevenzione ciclica è ormai circoscritta agli obblighi di legge. Una delle sfide dell’ingegneria è quella di dimostrare la convenienza economica della Preventiva su Condizione-Predittiva, selezionandone scientificamente le aree di applicabilità e verificando i risultati.

 

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