Dagli scarti del cotone ai polimeri green

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Quando una sgranatrice viene impiegata per separare le fibre del cotone dal resto della pianta, si ottiene parecchio materiale cellulosico di scarto, chiamato linter. Questo sottoprodotto è perlopiù destinato agli inceneritori o alle discariche, ma un gruppo di ricercatori australiani è riuscito a regalargli una seconda vita come bioplastica.

Stop agli sprechi

Secondo la Dott.ssa Maryam Naebe della Deakin University, ogni anno vengono prodotte circa 29 milioni di tonnellate di linter di cotone e circa un terzo è semplicemente scartato.

Per ridurre tali sprechi e offrire ai coltivatori una nuova fonte di reddito, Naebe e altri scienziati hanno ideato un sistema che converte tale scarto in una nuova plastica biodegradabile, impiegando solo prodotti chimici economici ed ecologici.

Il gruppo ha lavorato sul progetto per più di 18 mesi: i ricercatori hanno letteralmente sciolto i rifiuti di cotone fino ad ottenere un polimero liquido, per ricavarne infine un film bioplastico. Il materiale risultante si presta ad una gamma di applicazioni per la stessa industria del cotone, dagli imballaggi per le balle a quelli dei semi. Potrebbe persino diventare una parte di un processo agricolo a ciclo completo.

Rispetto alla plastica sintetica, la bioplastica prodotta dagli scarti del cotone è realizzata senza la necessità di sostanze chimiche tossiche – il che rende più sicuro e meno costoso produrre a scala di massa – e ha il vantaggio di contribuire a un’economia circolare.

Il team di ricercatori sta ora impiegando il proprio processo ad altri rifiuti organici e materiali vegetali fibrosi come citronella, canapa, gusci di mandorle, paglia di grano, segatura e trucioli di legno.

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