Come cambia, nuovamente, il Codice della Crisi

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Prima l’emergenza sanitaria con il Decreto Liquidità, poi i ristori a dicembre. Sembra che non ci sia pace per il tanto atteso Codice della Crisi.

Esattamente un anno fa, sul numero di febbraio, anticipavamo le novità introdotte dal D.Lgs. nr. 14 del 12 gennaio 2019, che riscriveva in buona parte la Legge Fallimentare (classe 1942). Di lì a qualche mese, sarebbe entrato in vigore il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) che avrebbe dovuto operare, a pieno regime, a partire da agosto 2020. L’emergenza sanitaria ha però sconvolto anche questi programmi normativi e, con l’emanazione del Decreto Liquidità (D.L. nr. 23 del 2020) il legislatore ha stabilito il differimento del CCII al 1° settembre 2021, lasciando immutata l’entrata in vigore di alcune disposizioni. Nel corso degli ultimi mesi, tuttavia, al legislatore è sembrato necessario tornare nuovamente a novellare la disciplina e, il 5 novembre 2020, è stato
pubblicato in Gazzetta Ufficiale un decreto correttivo contenente modifiche e disposizioni integrative al Codice della Crisi. Allo stesso tempo sono entrati in vigore due articoli, ovvero il 37 (comma 1 e 2) e il 40, che si univano ad altre norme già in vigore dai mesi scorsi. A consuntivo, sono stati recepiti, nel nostro ordinamento, i principi regolatori relativi all’Albo degli incaricati della gestione e del controllo nelle procedure, alla disciplina dei procedimenti, alle disposizioni di riforma del codice civile (assetti organizzativi societari, modifiche alla governance delle S.r.l., responsabilità degli amministratori, nomina degli organi di controllo…) e alle garanzie in favore degli acquirenti di immobili da costruire. Pertanto, al netto di quanto già introdotto, il Codice della Crisi dovrebbe (e il condizionale ormai sembra necessario) entrare in vigore dal prossimo 1° settembre, assieme al decreto correttivo che contiene le nuove disposizioni. Vediamo, però, nel dettaglio, cosa cambia rispetto al progetto iniziale.

Il sistema di allerta

Una delle novità più rilevanti, apportate dal decreto correttivo, è il rinvio dell’entrata in vigore del cosiddetto sistema di allerta, quel campanello d’allarme per evidenziare la nascita (pronta emersione) della crisi, in modo tale che si riesca ad agire subito per far rientrare l’emergenza e procedere con il risanamento. Secondo la disciplina come inizialmente normata, l’imprenditore (o l’organo amministrativo) dovrà approntare una serie di strumenti di allerta, ovvero una serie di procedure che faranno emergere, nei tempi utili, la condizione di crisi, in modo da poter poi intervenire con tempestività; dovrà adottare alcune misure organizzative, tra cui sistemi informativi e piattaforme, per riuscire a controllare e gestire i flussi di cassa; dovrà prefigurarsi un budget e stilare un piano d’impresa, che possano permettere il rilevamento di tutti i segnali di crisi. Bisognerà impostare una strategia che, in caso di necessità, riesca a riportare l’azienda in equilibrio, pianeggiando gli scompensi economico-finanziari. Dunque, sebbene non sia stato modificato, in molti speravano che il sistema d’allerta potesse entrare in vigore già subito. Ma così non è stato, per una serie di motivi più o meno condivisibili. Il legislatore, quindi, ha ipotizzato che il prossimo settembre la fase acuta della crisi dovrebbe essere esaurita, e dunque sarà possibile attuare tutte le iniziali misure necessarie previste, per la completa entrata in vigore del Codice. Ma sarà vero? Sarà quindi più chiara la situazione economica delle imprese? Probabilmente si avrà un’idea meno confusa rispetto a quella attuale. Oggi, anche le imprese sane hanno subito una riduzione di entrate e, con una liquidità che potrebbe scarseggiare, si forzerebbero le previsioni normative del Codice della Crisi, rendendolo inadatto al momento storico.

 

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