Come attuare l’innovazione: creare cultura e definire le risorse

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di Stefania Truffa

Le aziende e in generale tutte le organizzazioni operano in un contesto in continuo movimento e cambiamento. L’ultimo anno ha insegnato a tutti come i cambiamenti relativi ai contesti in cui si opera possono arrivare in modo inaspettato e travolgente, costringendo le aziende a ripensarsi e ridefinirsi.

Abbiamo assisto ad aziende che hanno convertito in poco tempo la loro produzione e visto quasi tutte costrette a ridefinire i modi, i tempi e soprattutto i luoghi del lavoro. Un adattamento necessario in un momento di crisi senza precedenti, una risposta che implica un atteggiamento di flessibilità e di adattamento. Si è parlato quindi moltissimo di resilienza ovvero di capacità di rispondere al cambiamento, di assorbire gli urti derivanti dal momento di crisi riorganizzando in modo positivo le proprie attività per affrontare il nuovo contesto.

Affrontare la crisi con resilienza vuol dire quindi avere la capacità di innovare. L’importanza e la centralità dell’innovazione nella vita delle organizzazioni è conosciuta e riconosciuta da molti. Secondo il report sulle aziende più innovative 2020 di Boston Consulting Group (BCG)[1] l’innovazione è considerata una delle tre maggiori priorità dal management dei due terzi delle aziende analizzate.

Definire l’innovazione

Ma cos’è l’innovazione? Mentre la stragrande maggior parte dei CEO delle grandi corporation internazionali sono d’accordo nel definire prioritaria l’innovazione all’interno delle loro organizzazioni, trovare una definizione condivisa non è altrettanto semplice. La creatività è considerata un valore assoluto a cui viene associata l’innovazione, ma i modi in cui questa si declini nelle idee e nella concretezza di chi deve attuarla cambia considerevolmente. Alcuni si focalizzano in maniera generica sulla nuova tecnologia, altri sul branding altri ancora su idee dirompenti o su idee quasi utopiche. La ricerca delle due espressioni What is Innovation e Innovation definition su Google appare circa 50 mila volte al mese a sottolineare la difficoltà della definizione da parte di molti e la necessità di scoprire cos’è innovazione per gli altri e quindi trovare un fattore comune. Innovazione è diventato uno slogan di cui molti si fregiano in modo generico al pari di termini come qualità o efficienza, che senza una declinazione concreta e specifica rischiano di essere termini vuoti sulla bocca – e sui siti – di tutti.

Secondo uno studio condotto da Nick Skillicon[2] tra esperti di innovazione ci sono 9 aspetti che emergono e che sono considerati più significativi quando si parla di innovazione. Innovare è certamente avere un’idea  originale e unica che deve essere messa in pratica e rispondere a un vero bisogno di mercato anche implicito. L’innovazione deve poi aggiungere valore all’azienda che può ovviamente trarne profitto in termini di crescita di fatturato oltre ad accrescere il valore o il richiamo del brand. Innovazione si può quindi definire come l’esecuzione di un’idea che risponde a un bisogno specifico e produce valore per il cliente e per l’azienda.

La vera essenza dell’innovazione risiede nel generare valore per un’organizzazione, valore che storicamente è stato identificato con le qualità di maggiore velocità nel raggiungere il mercato, miglioramento (di funzionalità o performance ) e di minor costo. Ma l’innovazione può essere molto più di questo e si possono distinguere tre tipi diversi di innovazione: di prodotto, di processo o di business model. La scelta della categoria non è importante, l’essenziale è che le aziende definiscano una strategia attuativa di innovazione.

Spesso infatti la vera domanda senza risposta è cosa viene fatto per dare concretezza a questo bisogno diffuso e riconosciuto  di continuo rinnovamento e come attuare un piano di innovazione efficace che dia risultati effettivi e misurabili.  Secondo lo studio dei top innovators di BCG, tra chi definisce prioritaria l’innovazione nella vita e nello sviluppo delle organizzazioni solo il 45% può essere definito come ‘innovatori commited’ che dichiarano di attribuire priorità all’innovazione e, allo stesso tempo, supportano questo impegno con investimenti significativi in termini di risorse finanziarie e umane. Il 25% delle aziende ritiene l’innovazione una priorità, pur non impegnando risorse finanziare per portarla avanti, creando quindi un disallineamento tra quanto dichiarato e gli investimenti e rientrando nella categoria degli ‘innovatori confusi’. Mentre il restante 30% delle aziende considerate appartiene alla categoria degli innovatori scettici per i quali l’innovazione non è considerata una priorità, ma solo una aspetto aziendale come altri e non è oggetto di investimenti importanti.

Strategia attuativa

Di frequente le aziende per portare avanti una politica e una strategia di rinnovamento assumono figure destinate a ruolo di responsabile di questa attività (innovation manager o chief innovation officer-CIO) o stabiliscono team, laboratori interni di innovazione dedicati o speciali progetti di open innovation che prevedono il coinvolgimento di esterni come startup e centri di ricerca, ma il solo avere queste strutture non determina l’attuazione di un processo di innovazione immediato in azienda. L’innovazione richiede tempo e necessita di essere inserita in un approccio di lungo periodo e forse più che essere relegata a incarico specifico di un team dedicato, dovrebbe diventare una sorta di missione diffusa, un elemento caratterizzante il lavoro di ciascun collaboratore. I team e le iniziative specifiche di innovazione possono comunque essere efficaci quando l’azienda investe nei propri collaboratori e nelle loro idee, attribuendo innanzitutto fiducia e accompagnandola con investimenti, tempo dedicato e coinvolgimento attivo. Fermarsi a una cultura del compiacimento dei propri successi può essere molto pericoloso e non permette di osservare i veri cambiamenti in arrivo, mettendo a rischio i risultati raggiunti. Per evitare grandi errori i manager devono creare la cultura dell’innovazione che può essere costruita utilizzando sei elementi distintivi. Innanzitutto permettere ai propri collaboratori di sbagliare, ovvero creare quella che viene definita come ‘sicurezza psicologica’[3] che si riferisce allo stabilire un clima lavorativo in cui le persone si sentono a proprio agio ad ammettere errori commessi con le migliori intenzioni. Gli ambienti in cui le persone si sentono liberi di sbagliare, potrebbero sembrare quelli più carichi di errori, ma in realtà portandoli in evidenza e analizzandoli, le organizzazioni hanno la possibilità di imparare da essi e di buttare le basi per azioni correttive solide. Il fallimento individuale, piccolo o grande che sia, può trasformarsi in apprendimenti di grande valore a cui tutta l’azienda può attingere.

Un secondo importante elemento consiste nell’incoraggiare i collaboratori nel condividere nuove idee e nel fornire loro il tempo e le risorse necessarie per testare e implementare nuove funzionalità, prodotti, processi o modelli. La corretta allocazione delle risorse ai vari progetti costituisce un’altra condizione importante per la buona riuscita di un piano di innovazione attuativo. In molti casi i collaboratori non sono allocati a un unico progetto di innovazione, risultando in una pressione costante da vari team a cui si prende parte e dagli altri compiti assegnati. È importante assegnare le risorse corrette e in particolare, se c’è la necessità che il team prenda decisioni, è consigliabile introdurre nel gruppo di lavoro dei membri con funzioni manageriali o dirigenziali che hanno possibilità di decisione. Questo conduce alla definizione del quarto suggerimento, ovvero la prioritizzazione dell’innovazione dall’alto verso il basso: includendo i manager responsabili all’interno dei team di innovazione, diventa più facile ottenere l’approvazione delle proposte dalla direzione aziendale. I dirigenti aziendali dovrebbero fare di più che la semplice richiesta di cambiamento e trasformazione: dovrebbero diffondere l’innovazione in tutta l’organizzazione ed esserne attivamente coinvolti. In caso contrario, il rischio è di istituire team dedicati all’innovazione allo stesso modo in cui si definiscono comitati o task force per compiti di emergenza. Questo approccio rischia di trasformare  le attività di innovazione in un’incombenza da eseguire come gli altri, perdendo della sua spinta di creatività, passione, affermazione e riconoscimento, diventando un pensiero secondario rispetto all’operatività ordinaria, invece che il potenziale driver per la crescita dell’azienda. Questo è il motivo per cui la direzione aziendale dovrebbe comunicare a tutti i livelli organizzativi che l’innovazione è un asse fondante del sistema organizzativo e definire i processi necessari per spingere al cambiamento. Uno dei processi può essere la creazione di un sistema di incentivi che allinei la valutazione della performance e dei compensi dei collaboratori in relazione al lavoro del team di innovazione. Fondamentale inoltre che prima dell’avvio di ciascun progetto i partecipanti abbiano avere chiaro il ruolo di ciascun membro, la struttura della leadership e gli obiettivi di tutto il team. In alcune aziende viene creato un documento contente le linee guida del team incluse la sua missione, l’ambito di lavoro, gli obiettivi e i metodi per rispondere ad eventuali ostacoli o cambiamenti che possono emergere durante il lavoro.

Costruire cultura dell’innovazione

Pertanto il rinnovamento sarà continuo e l’innovazione diventerà un vero driver per lo sviluppo aziendale mentre la cultura dell’innovazione si affermerà come una priorità della loro organizzazione e delle attività portate avanti quotidianamente. L’innovazione per essere efficace non può derivare da occasioni saltuarie, ma dovrebbe essere radicata nel mindset aziendale a partire dal gruppo dirigenziale fino a coinvolgere tutti i collaboratori, che possono apportare un contributo significativo con un atteggiamento propositivo che deriva dall’esperienza sul campo. Il processo di innovazione diventa pertanto un processo hands-on, condiviso e derivante da occasioni di co-creazione e confronto.

Sicuramente l’innovazione seriale rappresenta un traguardo difficile da raggiungere, nei report annuali delle aziende più innovative di Boston Consulting Group (BCG) tra le 162 aziende che compaiono nelle prime 50 posizioni negli ultimi 14 anni, circa il 30% è stato presente una sola volta, mentre il 57% è stato incluso nell’elenco solo due o tre volte. Sono solo 8 le aziende presenti tutti gli anni: Alphabet (Google), Amazon, Apple, Hp, IBM, Microsoft, Samsung e Toyota.

Analizzare come queste aziende riescono a essere costantemente tra i maggiori innovatori a livello globale può fornire dei modelli e dei suggerimenti da apprendere e trasporre anche nelle piccole realtà.

A una prima analisi si potrebbe pensare che le aziende di piccole dimensione hanno maggiore facilità e possibilità di stabilire programmi di innovazione continua: sono veloci, agili e flessibili, solitamente sono gestite direttamente dagli imprenditori che sono coinvolti nell’operatività quotidiana a hanno potere di decisione e allo stesso tempo interesse di pianificare per il lungo periodo, la gestione è soggetta a meno formalismi e burocrazia, infine sono meno legate a sistemi gestionali e tecnologici radicati e diffusi, quindi difficili da cambiare. La differenza fondamentale  con le grandi aziende considerate top innovators, viene data da una parte dalla diffusa cultura di innovazione a tutti i livelli e dall’entità degli investimenti dedicati ai processi di rinnovamento. I grandi innovatori che superano i loro concorrenti di pari dimensioni in termini di successo innovativo, investono circa 1,4% in più dei loro ricavi, ottenendo un ritorno molto più consistente, pari a 4 volte rispetto alla percentuale di vendita. Un altro elemento importante è il fattore tempo: in questo caso non rispetto alla riduzione del time-to market come ci si aspetterebbe ma, al contrario, aumentandolo di circa 5 mesi.

La cultura dell’innovazione è un fattore comune di tutte le aziende elencate nella lista degli innovatori, permettendo la continuità e l’attenzione necessarie. Ciò che distingue quelli che da BCG vengono definiti top innovators è la definizione dei processi in relazione al loro impatto e un approccio sistematico coerente al loro interno. In particolare i leader dell’innovazione puntano su 5 aspetti che risultano strategici e fondamentali: talenti, ambizione, governance, funnel management e project management, aspetti questi che nuovamente richiamano un radicamento della cultura dell’innovazione all’interno dell’azienda. In particolare definire e valorizzare l’aspetto dell’ambizione si realizza nell’allineare ciò a cui aspira il processo innovativo con la strategia organizzativa e comunicare questa connessione a tutti i livelli. Puntare sulle attitudini e capacità delle persone si traduce nel collocare specifici talenti nelle posizioni di ricerca e sviluppo e formare i tecnici su temi di sviluppo del business in grado quindi di gestire gruppi di lavoro interdisciplinari e, nello stesso tempo, attribuire posizioni di rilievo a chi sì è sempre occupato di ricerca e sviluppo, come un responsabile R&D che assume posizioni dirigenziali. L’analisi rivela che ottenere anche solo un punto di miglioramento in uno solo di questi cinque aspetti può dare un risultato di innovazione che va dallo 0,5 al 0,8 in termini di percentuale di vendite derivanti da prodotti, servizi o modelli di business introdotti nei tre anni precedenti.

Si può dire quindi che l’innovazione di successo nelle aziende dipende dalla qualità e della cultura dei team di innovazione. I gruppi di lavoro più efficaci sono di piccole dimensioni e composti da funzioni aziendali variegate, come manager, ingegneri e progettisti. Seguendo la ‘regola delle due pizze’ di Jeff Bezos, secondo il quale ogni gruppo di lavoro deve essere di dimensione abbastanza ridotta da potere condividere per cena due pizze (vale la pena di ricordare che negli USA le dimensioni delle pizze superano notevolmente le nostre). I piccoli gruppi risultano maggiormente coinvolti nella attività che devono eseguire e percepiscono un maggiore senso di autonomia, rendendo il processo decisionale più veloce.

Questi aspetti si ritrovano tutti nelle PMI, in cui le diverse figure tecniche e manageriali sono comunque concentrate in poche persone: il titolare può essere sia manager che responsabile di sviluppo o del personale, il direttore di produzione può essere coinvolto direttamente negli ambiti di ricerca e sviluppo e il marketing interagire quotidianamente con la proprietà. La struttura snella e interdisciplinare delle PMI rappresenta pertanto un ottimo substrato per creare le condizioni e fare germogliare gli elementi che determinano il successo innovativo dell’azienda. Una struttura in cui costruire e radicare la cultura dell’innovazione come fattore guida, presente in modo costante e non saltuario che arriva  a tutti i livelli può essere facilmente accogliente nel momento in cui si aprono le separazioni tra i livelli, si raggiunge maggiore integrazione e si adotta un approccio di co-creazione e condivisione che trasforma tutti in collaboratori per lo stesso obiettivo comune di crescita.

[1] Boston Cosulting Group, The Most Innovative Companies 2020 – The Serial Innovation Imperative

[2] www.ideatovalue.com

[3] Amy Edmondson, Harvard Business School

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