Saturazione di portata negli orifici oleodinamici

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Apparentemente il flusso attraverso gli orifici è un argomento ben noto e che non sembrerebbe destare particolare necessità di approfondimento, soprattutto per i cultori della materia oleodinamica, eppure il comportamento dei suddetti elementari componenti ci riserva qualche sorpresa…

Pietro Marani

Aquesto proposito, già su queste stesse pagine scriveva Massimo Martelli (“Lo strozzatore oleodinamico, questo (s)conosciuto“, Oleodinamica e Pneumatica anno 2018, vol. 4). Di fatto il flusso attraverso un orificio, e più in generale attraverso qualsiasi restrizione geometrica, all’aumentare del salto di pressione (o “delta p”) aumenta la sua velocità e assieme ad essa aumenta il valore di portata e la turbolenza, fatto banale, ma meno noto è che in generale esiste un valore di portata “invalicabile”, infatti la portata oltre a quella soglia non potrà aumentare. Il fenomeno, noto come saturazione di portata, è causato dalla cavitazione che si sviluppa alla vena contratta, ed è stato estesamente trattato in un contributo alla conferenza IFK2020 di Dresda (P. Marani, M. Martelli, S. Gessi, C. Dolcin, “Orifices Fow Saturation in Oil Hydraulic Applications“, 12-14 ottobre 2020), frutto della collaborazione di ricercatori dell’Istituto STEMS del Consiglio Nazionale delle Ricerche (in precedenza IMAMOTER) e della Walvoil SpA.

Flusso attraverso Orifici

Come scritto sopra l’orificio è l’elemento più semplice in oleodinamica e lo possiamo trovare in pressoché qualunque circuito idraulico. La scelta di una geometria molto semplice e caratterizzata da essenzialmente due parametri geometrici (diametro e profondità) ha l’ambizione di porre qualche base per lo studio di architetture più complesse, caratterizzate da un numero di parametri e possibili variabili superiore. Oltre a questo possiamo contare sul fatto che il flusso, per lo meno quello non cavitante, è descrito da equazioni relativamente semplici e piuttosto note. Il flusso può essere infatti descritto da questa equazione:

Dove la portata Q è legata alla differenza tra la pressione a monte p1, e quella a valle p2 attraverso una relazione non lineare, quadratica per la precisione, con i parametri Cd coefficiente d’efflusso, A l’area di passaggio, ρ è la densità del fluido che contribuiscono all’ammettenza idraulica.

Una formulazione alternativa ed equivalente lega portata a differenza tra la pressione a monte, e quella alla vena contratta pvc cioè nel punto dove la vena fluida ha la minima sezione di passaggio e il fluido assume la massima velocità, si noti che in questa formula è presente un diverso coefficiente chiamato coefficiente di contrazione Cc.

Queste formulazioni sono valide per flusso turbolento e hanno il “vantaggio”, almeno dal punto di vista dell’ingegnere, di avere i coefficienti efflusso relativamente stabili e prevedibili, quindi attraverso la (1) è abbastanza semplice calcolare il flusso che passa ad un dato Δp o viceversa la caduta di pressione generata da un flusso noto.

Ma cosa avviene aumentando il salto di pressione dal valore nullo fino ad un livello sufficientemente alto? Fino ad un determinato delta p il flusso potrà essere descritto dall’equazione dell’efflusso turbolento e, dal lato pratico, questa è la condizione più frequentemente incontrata nelle applicazioni di interesse. Oltre questo salto di pressione che chiameremo critico e che si trova in corrispondenza dell’incipiente cavitazione, la pressione alla vena contratta cade al di sotto della pressione di vapore del fluido, sotto questa soglia e all’aumento del salto di pressione via via sempre una maggiore frazione di liquido evapora creando un flusso bifase vapore-liquido. Quando si raggiunge la velocità del suono del liquido, si raggiunge il blocco sonico, a tutti gli effetti una saturazione di portata perché la portata non potrà ulteriormente aumentare. Infatti l’ulteriore aumento di delta p intensificherà il fenomeno con percentuali vieppiù maggiori di fluido in fase vapore, fino alla condizione di flashing caratterizzato da flusso instabile principalmente in fase vapore. A complicare, se possibile, ulteriormente il fenomeno, poi c’è l’effetto dell’aria in soluzione che viene liberata nell’intorno dell’incipiente cavitazione, effetto comunque distinto dalla cavitazione vera e propria dominata dalla vaporizzazione del fluido e caratterizzata dal tipico suono simile a un fastidioso “fischio”.

È chiaramente importante determinare quale sia la soglia oltre la quale si verifica la cavitazione in primis per una motivazione funzionale, al fine di individuare quale sia il limite di portata attraverso un determinato passaggio o restrizione e, in secondo luogo, per mantenersi a distanza di sicurezza da una condizione notoriamente molto dannosa per i componenti, incluso il fluido stesso. A questo scopo in letteratura sono stati introdotti degli indici ottenuti come funzione di variabili operative, chiamati indici di cavitazione. Riducendo la questione ai minimi termini, quando l’indice di cavitazione scende al di sotto di un valore di soglia, il coefficiente critico di cavitazione appunto, avremo cavitazione.

 

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