Il ruolo dell’oleodinamica nell’economia circolare

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Quale può essere il contributo dell’oleodinamica nell’ambito dell’economia circolare? Un esempio potrebbe essere dato dal fatto che l’oleodinamica, se ben progettata, è fatta per durare, riducendo scarti e consumo di materie prime. Ma non basta solo questo. Proprio per la sua longevità è opportuno che il produttore sia in grado di assistere il cliente anche su un prodotto ormai fuori commercio. Vediamo un caso emblematico.

Gli anni ’80 del secolo scorso sono stati gli anni dell’esplosione del consumismo, in
cui si è affermata la filosofia dell’usa e getta. In quegli anni, si è passati da un modo di produrre in cui le macchine dovevano durare molto ed essere facili da riparare ad un nuovo paradigma in cui si progetta a vita finita, al termine della quale il prodotto viene generalmente buttato. Questa transizione ha avuto luogo, spesso, in simbiosi con la diffusione di massa dell’elettronica di consumo. Col tempo, però, si sono fatte avanti delle esigenze, sia di natura ambientale che economica.

Le materie prime che il pianeta Terra mette a disposizione sono limitate, e ciò lo si è iniziato ad apprezzare durante la crisi petrolifera degli anni ’70 del Novecento. Ma non è stato un evento passeggero. La diffusione massiccia di componenti elettronici a bordo di un numero sempre maggiore di macchine (dal tagliaerba fino alla macchina da cantiere) ha riacceso l’attenzione su questa problematica, declinandola sul tema dei metalli rari, come ad esempio lo stagno e l’indio per gli schermi capacitivi, il litio, il cobalto e il manganese per le batterie. Senza arrivare a scomodare materiali dal nome esotico, che possono sembrare fatti apposta per essere citati in un episodio di Star Trek, ma che invece ritroviamo facilmente nella vita di tutti i giorni, come il praseodimio (sensori magnetici, display per PC), l’erbio (fibre ottiche), l’olmio (magneti di elevata potenza), il lutezio (memorie elettroniche) o il tullio (laser, forni a microonde).

L’impatto del Green Deal sulla rifabbricazione e il riutilizzo

La Commissione europea si sta dando un gran daffare per invogliare gli stati membri a mettere in pratica delle politiche attive che possano portare ad una diminuzione del consumo di materie prime e ad una maggiore diffusione della cultura del riciclo. Si stima che il consumo di materiali vergini raddoppierà da qui al 2050, con un parallelo incremento della produzione di rifiuti di circa il 70% (https://eur-lex.euro-pa/eu). Alla luce di questi dati l’Ue ha deciso di accelerare la transizione verso un modello di crescita rigenerativo, che restituisca al pianeta più di quanto prenda.

Il punto di svolta è la presa di coscienza che le risorse disponibili sul pianeta sino limitate e quindi non è più possibile consumare di più di quanto sia effettivamente disponibile. Da qui, l’ambizioso obiettivo di raddoppiare la percentuale di utilizzo di materiali riciclati nel prossimo decennio, avviando una transizione verso un sistema economico sostenibile che sia in grado di stravolgere l’attuale approccio progettuale, basato sul modello “usa e getta” di cui si è già accennato. Risulta infatti che circa l’80% dell’impatto ambientale dei prodotti viene determinato già in fase di progettazione, preferendo l’impiego di materiale non riciclato, o rigenerato (SWD (2020) 100). Al contrario, uno degli obiettivi del Green Deal è proprio quello di favorire il riciclaggio di elevata qualità, mediante l’unificazione dei metodi di raccolta differenziata, sia a livello industriale che civile. L’Ue, insomma, intende incrementare la responsabilità dei produttori, incrementando i margini di responsabilità del produttore in tema di facilitazione al riciclaggio del proprio prodotto. In termini pratici, questo significa che un generico prodotto dell’industria oleodinamica (una valvola o una pompa) già in fase di sviluppo dovrà prevedere l’impiego di materiali provenienti dalla filiera del riciclo ed essere, a loro volta, facilmente riciclabili. Allo stesso modo, viene richiesto che il componente possa essere facilmente rigenerato per poter essere nuovamente immesso sul mercato: ad esempio, sostituendo alcuni componenti interni ma riutilizzando la carcassa.

Al giorno d’oggi, infatti, molti componenti oleodinamici seguono il processo di smaltimento previsto per i rottami di ferro, mentre l’idea alla base del nuovo piano d’azione per l’economica circolare della Ue intende forzare la mano, incrementando la quantità di componenti che vengono “riconsegnati” al costruttore, che poi si occuperà di rigenerarli e re-immetterli sul mercato. Un simile approccio è già da tempo adottato, nel Nord Europa, nell’industria delle bevande in bottiglia, dove il consumatore paga una tassa per ogni bottiglia di vetro acquistata, che gli viene restituita una volta riconferita la bottiglia presso il commerciante che gliel’ha fornita.

 

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