Tessuti tecnici auto-raffreddanti in polietilene

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Anche i tessuti sintetici posso dare una mano alla sostenibilità del settore abbigliamento. Ne sono convinti alcuni scienziati a valle di uno studio sulle potenzialità del polietilene nella produzione di stoffe e capi di vestiario.

Il polietilene è uno dei polimeri più comuni tra le plastiche. Oggi viene impiegato in un’ampia gamma di settori, dagli isolanti elettrici ai sacchetti della spesa.

Di origine prevalentemente fossile, questa resina termoplastica difficilmente viene associata a un’immagine di sostenibilità. Soprattutto in ambito tessile dove, a causa della capacità di bloccare il passaggio dell’acqua, renderebbe le stoffe non traspiranti.

Un gruppo di ricercatori provenienti dal Politecnico di Torino e dal Massachusetts Institute of Technology (MIT), negli Stati Uniti, ha trovato un modo per ribaltare questa convinzione.

Un nuovo concetto di polietilene

Il team ha filato il polietilene in fibre e filati progettati per eliminare l’umidità. Calcolando
anche l’impronta ecologica derivante.

Nel dettaglio la ricerca si è focalizzata su processi di fabbricazione standard e sulla modellazione computazionale chimico-fisica delle microfibre. Gli scienziati hanno iniziato con il polietilene nella sua forma di polvere grezza, estrudendolo in fibre sottili a loro volta raggruppate – attraverso un secondo estrusore – in un filato tessibile. Questo processo lascia tra le microfibre una sorta di capillari, spazi dove le molecole d’acqua possono essere assorbite passivamente.

Per ottimizzare la capacità di traspirazione, gli scienziati hanno modellato le proprietà delle fibre rispetto un diametro e un allineamento preciso, in grado di aumentare tale caratteristica. Quindi attraverso un telaio industriale hanno prodotto un tessuto, testandone la capacità di traspirazione in confronto ad altre fibre, sia naturali sia sintetiche.

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