Brunitura a freddo di ottone CuZn40

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L’osservazione e lo studio della colorazione superficiale del rame e delle sue leghe hanno origini antiche. Questo progetto ha l’obiettivo di caratterizzare dal punto di vista microscopico e delle proprietà a corrosione lo strato brunito ottenuto tramite immersione in una soluzione ossidante, nonchè le diverse tipologie di vernici trasparenti protettive testate. La morfologia e la qualità superficiale sono state studiate con analisi al SEM, la composizione con analisi EDS-SEM e XRD, e le performance a corrosione con test di nebbia salina NSS e test di impedenza in soluzione al 3,5% di NaCl.

L’utilizzo del rame e delle sue leghe trova riscontro fin dai tempi antichi. È stato osservato, infatti, che l’interazione del metallo con l’ossigeno dell’atmosfera può portare all’alterazione del colore naturale del metallo, rendendolo più scuro. Inoltre, è stato riscontrato che un’interazione prolungata del rame e delle sue leghe con gli agenti atmosferici possono portare in alcuni casi alla formazione di una patina azzurra o verde. Tali fenomeni hanno incrementato l’interesse nel combinare funzionalità e proprietà tecniche con effetti artistici ed estetici legati alla formazione di patine colorate sulla superficie dei metalli. Sono state, pertanto, studiate le condizioni chimiche adatte per creare effetti simili in modo artificiale, più veloce e industrializzabile [1].

La continua ricerca di nuove forme di design ed effetti particolari per manufatti e oggetti ha portato alla scoperta di nuovi modi per ottenere una colorazione superficiali [2]. La colorazione del metallo è ancora usata come forma di espressione in grado di influenzare la percezione dell’oggetto da parte dell’osservatore esaltandone la forma o le peculiarità meccaniche [3]. Una delle prime soluzioni usate per ottenere una patina scura su rame e ottone era formata da clorito di sodio e idrossido di sodio con temperature operative da 50 a 120 °C, a seconda della concentrazione dei reagenti, del tempo di immersione, dell’intensità del colore desiderata [4]. Altri composti chimici testati per l’ossidazione del rame e ottone erano: persolfato di ammonio, molibdato di ammonio, sali di nichel, idrossido di sodio. Anche un approccio elettrochimico è stato sviluppato per la colorazione superficiale di rame e ottone: è stato ottenuto un colore nero per ossidazione anodica in un bagno alcalino di molibdato d’ammonio [5]. Soprattutto nell’ambito della gioielleria, è stata spesso usata una soluzione a base del cosiddetto fegato di zolfo, formato da polisolfuri di potassio, a temperature più o meno calde, da temperatura ambiente a 50-60 °C. Altri processi sono stati implementati per ottenere per reazione chimica una colorazione nera superficiale ma presentano alcuni svantaggi:
– nel caso di appliazioni a caldo con soluzioni a base di permanganato di potassio, solfato ferrico e solfato di rame, si hanno tempi brevi di trattamento ma temperatura di processo intorno al punto di ebollizione della soluzione;
– nel caso di applicazioni a freddo, come con soluzioni a base di nitrato di rame e cloruro di zinco, si hanno cicli di trattamento da ripetere più volte al giorno per svariati giorni [6].

Questo lavoro di ricerca si pone l’obiettivo di implementare un trattamento di brunitura dell’ottone a freddo, con temperatura ambiente come parametro di processo e un tempo di immersione breve. Inoltre, si cerca di ottenere una buona finitura con un singolo step di brunitura. Si procede caratterizzando e analizzando le proprietà a corrosione dello strato ottenuto per brunitura in soluzioni a base di selenio e solfato di rame, e dei due diversi protettivi trasparenti testati. La scelta delle vernici trasparenti è molto importante: si cerca, infatti, il giusto compromesso tra la funzionalità e l’impatto estetico; si vuole evitare che la vernice, seppur trasparente, copra in modo marcato la natura della finitura brunita sottostante.

Materiali e metodi

Come substrato per il trattamento di brunitura a freddo è stato utilizzato un ottone CuZn40. La composizione dei campioni è riportata in Tabella 1.

I campioni di metallo, prima della brunitura, sono stati sottoposti a un’operazione di pulizia mediante una soluzione sgrassante. Il trattamento di colorazione è stato eseguito immergendo il manufatto nella soluzione ossidante a base di acido fosforico, acido selenioso, solfato di rame per pochi minuti a 25 °C. Il pezzo viene risciacquato, asciugato ed esposto all’aria [5].

La soluzione acquosa di brunitura ha la seguente composizione: acido fosforico 7%, acido selenioso 3%, solfato di rame 3%.

In alcuni campioni lo strato brunito è stato successivamente coperto con due diversi protettivi trasparenti: in particolare sono state impiegate una vernice nanocoating (gloss 80) e una vernice trasparente bicomponente acrilica (gloss 25).

Per valutare le peculiarità della superficie di ciascun campione, sono stati utilizzati uno stereomicroscopio, (Zeiss Stemi 2000-C, Carl Zeiss AG, Oberkochen, Germania) e un microscopio elettronico a scansione (Cambridge Stereoscan 440, Leica Cambridge Ltd, Cambridge, Inghilterra).

Prima dell’analisi al SEM, i campioni sono stati sottoposti a un trattamento di doratura superficiale in modo da assicurarsi di lavorare con un layer esterno conduttivo[8].

Per determinare la composizione del coating scuro è stata eseguita un’analisi XRD, utilizzando un difrattometro Siemens D500 (Monaco, Germania), con raggi CuK e angolo 2 da 20° a 80° (0,05° per step, 5 secondi di conteggio per step).

Per avere maggiori informazioni da collegare alla chimica di processo, è stata studiata anche la composizione elementare dello strato brunito con un’analisi SEM-EDS.

È stato eseguito un test in nebbia salina NSS di 250 ore sul campione brunito non protetto, secondo normativa UNI EN ISO 9227:2017, impiegando la camera in nebbia salina SaltEvent SC500. Prove di impedenza in una soluzione al 3,5% di cloruro di sodio hanno permesso uno studio più approfondito della resistenza a corrosione del campione brunito e di quelli bruniti protetti con nanocoating e vernice acrilica, in modo da capire l’influenza del rivestimento sulle performance a corrosione e avere una guida sulla scelta del protettivo adatto. Questi test sono stati condotti con un potenziostato Amel 2549 (Amel S.r.l., Milano, Italia), affiancato ad un generatore di funzioni (Materials Instruments), oscillando intorno al potenziale a circuito aperto.

Un elettrodo al calomelano è stato usato come elettrodo di riferimento, mentre uno di platino come controelettrodo. Il range di frequenza selezionato per i test varia da 105 Hz a 10-2 Hz con una ampiezza di oscillazione di 10 mV. Prima dei test, i campioni sono stati immersi per 20 minuti, in modo da stabilizzare il potenziale a circuito aperto (OCV). I dati ottenuti dai test sono stati analizzati con il software Z-View per individuare i parametri chiave degli spettri di impedenza.

 

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