Fatica flessionale a piede dente: trattamento statistico dei risultati dei test

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La fatica flessionale piede dente è tipicamente considerata come uno dei più pericolosi meccanismi di cedimento delle ruote dentate. Pertanto, la precisa definizione delle capacità di una ruota dentata di resistere a tale meccanismo è da ritenersi un aspetto fondamentale. Solitamente, la capacità di una ruota di resistere alla fatica piede dente viene investigata tramite un approccio chiamato fatica flessionale a singolo dente o Single Tooth Bending Fatigue (STBF), tipicamente effettuate su pulsatori. Questo articolo propone una metodologia statistica per poter rielaborare i dati delle prove STBF, ottenendo così le curve SN da usare durante la fase progettuale di una trasmissione.

La fatica flessionale piede dente è considerata il meccanismo di rottura più pericoloso delle ruote dentate. Infatti, tipicamente, questo cedimento causa l’improvvisa interruzione del flusso di potenza all’interno della trasmissione, rendendola inutilizzabile. Gli standard, come la norma ISO 6336-3 (1) e ANSI/AGMA 2001 (2), forniscono ai progettisti tutte le informazioni per sviluppare un treno di ingranaggi rispetto a questo meccanismo di cedimento; ciò viene fatto comparando il valore massimo dello sforzo al piede dente con il valore limite della ruota stessa. Gli standard forniscono anche valori resistenziali tipici (2,3); nello specifico, gli standard presentano una curva SN descritta tramite delle spezzate, di cui una rappresentante la vita limitata e una la vita “illimitata”. Nel caso della fatica flessionale, queste curve sono definite a una probabilità di cedimento della ruota pari all’1%, ovvero a una affidabilità del 99%; tramite coefficienti correttivi (per esempio, (2,4)), è anche possibile progettare un treno di ingranaggi ad un livello affidabilistico più alto (o più basso). In ogni caso, per poter assicurare una certa affidabilità sono necessari una corretta stima dello spettro di carico a cui è soggetta la trasmissione, così come è richiesta una accurata definizione della curva SN della ruota; sia in termini della pendenza della zona a fatica limitata (“limited life region” secondo la norma ISO), sia la pendenza associata alla zona a fatica ad alto numero di cicli (“long life region” secondo la norma ISO). Qui, sarebbe meglio usare dei dati specifici basati sullo scenario applicativo, piuttosto che basarsi su dati standardizzati e, quindi, non completamente rappresentativi; specifiche campagne di prove sono ancor più necessarie se si vuole garantire una certa affidabilità lungo tutta la vita utile di una trasmissione.

Durante gli anni sono state sviluppate tre tipologie di prova per la fatica flessione piede dente: prove con ruote ingrananti, prove STBF e test su provini intagliati. Tra questi, per via della loro maggiore efficienza e la sua capacità di provare direttamente delle ruote, la metodologia STBF risulta essere la più efficace. Purtroppo, data la mancanza dell’ingranamento, i risultati delle prove STBF non sono rappresentativi del caso reale. Pertanto, i dati delle prove vanno opportunamente rielaborati per poterli opportunatamente usare in fase progettuale.

La letteratura ci fornisce due approcci per il trattamento dei risultati delle prove STBF al fine di poterli usare nel caso reale: il report FVA n. 304 (5) e i vari lavori di Rao e Mc Person (6,7). Entrambi gli autori evidenziano due problematiche che devono essere considerate per poter rielaborare i dati delle prove STBF:
• Le condizioni di carico di test e del caso reale sono diverse. Nel caso del test, si ha una forza sinusoidale applicata sempre nella stessa posizione. Nel caso reale, la forza varia sia in termini di ampiezza che punto di applicazione;
• Il cedimento durante il test e quello del caso reale sono diverse. Nel caso del test, il cedimento corrisponde al cedimento di uno dei denti prova. Nel caso reale, il cedimento corrisponde al cedimento del dente più debole di tutta la ruota.

Questo articolo si focalizza su quest’ultimo aspetto statistico e, al fine di ridurre l’uso di fattori sperimentali, propone un approccio basato sul metodo della massima verosimiglianza e sulla statistica degli estremi.

Paragone con i metodi già presenti in letteratura

Prima di introdurre la metodologia, sviluppata presso il Politecnico di Milano, occorre presentare come la letteratura si interfaccia con il problema del trattamento dei risultati delle prove STBF. Un primo lavoro riguardo il trattamento dei dati STBF è stato presentato nel 1987 da Rettig (8), dove, partendo da evidenze sperimentali, sono stati studiati gli effetti delle differenti condizioni di carico tra le prove STBF ed il caso di ruote ingrananti. Al fine di fare questo paragone, adottando una procedura tipo stairca- se, sono stati calcolati i limiti di fatica, sia per il caso STBF sia per il caso di ruote ingrananti. Successivamente, tramite la statistica degli estremi, il limite di fatica per la ruota in condizioni STBF viene calcolato partendo dal limite a fatica del dente in condizioni STBF. Viene osservato come il limite di fatica della ruota in condizioni di ruote ingrananti è circa il 90% del limite della ruota in condizioni STBF. Nessuna informazione viene fornita riguardo a come ottenere un livello di cedimento diverso dal 50%.

Partendo dal lavoro di Rettig, il report FVA 304 (5) propone una serie di coefficienti per ruote dentate cementate, sia pallinate che non pallinate. Tre differenti coefficienti vengono proposti per risolvere il problema statistico (fp→Z, fZ→ZR e f1%ZR), ovvero portando i risultati delle prove STBF al livello affidabilistico desiderato per la ruota (con una probabilità di cedimento del 1%). Nello specifico, fp→Z “muove” i risultati da prove STBF simmetriche al dente, fZ→ZR effettua il passaggio da dente a ruota e f1%ZR permette di raggiungere una probabilità del cedimento del 1%. Un ulteriore coefficiente correttivo fkorr= 0.9 basato sull’evidenza sperimentale di Rettig (8), viene usato per tenere in considerazione le differenti condizioni di carico. Il report FVA 536 (9) descrive procedure, ingranaggi campione e attrezzature richieste per la stima della curva SN della ruota ingranante. I coefficienti proposti da (5) vengono usati la stima della curva SN della ruota ingranante partendo dalla curva STBF dei denti; tale curva è definita come due linee. La prima linea, inclinata, viene stimata tramite un fit dei dati e rappresenta la zona a vita limitata. La seconda, orizzontale, è stimata tramite una procedura staircase, e rappresenta la zona a fatica ad alto numero di cicli.

Le prove SBFT sono anche trattate all’interno della SAE recommended practice J1619 (10), dove sono dettagliatamente descritte attrezzatura e procedure. Anche qui, la curva SN viene stimata in maniera simile al report FVA 304 (4), ovvero come due linee. Non vengono però fornite indicazioni riguardo a come ge- stire le due differenze citate nell’introduzione.

Un approccio differente viene invece proposto nel lavoro di Rao e McPerson (6,7): viene stabilita una semplice relazione matematica tra i denti e la ruota e, tramite una procedura manuale, i risultati STBF vengono spostati fino a raggiungere il desiderato livello affidabilistico per la ruota. Il diagramma di Allowable Stress Range (ASR), ovvero usando un approccio simile al diagramma di Aigh, viene usato per tenere in considerazione le differenti condizioni di carico. Inoltre, questo approccio usa una procedura staircase modificata per stimare sia la zona a fatica limitata che quella ad alto numero di cicli.

All’interno di questo articolo viene stimata una curva SN continua (Eq.(1)). Questo perché punti sperimentali ottenuti investigando la zona a vita limitata, possono appartenere alla zona a fatica ad alto numero di cicli (e viceversa). Infatti, ipotizzando che due diversi set di dati sperimentali sono stati usati per stimare differentemente le due regioni della curva SN, la posizione del gomito è influenzata non solo dai punti stessi ma anche da come questi punti sono stati ottenuti.

Sicuramente, è meglio usare i due set di dati sperimentali come un set di dati unico. Successivamente, usare questo set per stimare una curva SN continua, quindi stimando matematicamente la posizione del ginocchio. In questo articolo, il metodo della MV è stato usato per la stima della curva SN dei denti in condizioni STBF.

Successivamente, sotto l’ipotesi che il cedimento per fatica fles- sionale sia dominato dal dente più debole della ruota stessa (ipotesi considerata anche da (6–8)), la statistica degli estremi è usata per definire la curva SN della ruota in condizioni STBF. In questo modo, calcolando, per ogni livello di carico, il corrispondente percentile, è possibile calcolare il corrispondente percentile.

In ogni caso, anche se fkorr= 0.9 (8), usato in (5,8,9), considera l’effetto delle differenti condizioni di carico, un diverso coefficiente viene utilizzato in questo lavoro. Questo perché il rapporto di carico R=min/max utilizzato nei banchi prova di Rettig (8) non è noto. Pertanto, il paragone viene effettuato usando fkorr, FEM (11), ovvero un coefficiente correttivo basato sull’applicazione di criteri di fatica multi-assiali; questo coefficiente è stato sviluppato specificatamente per le ruote la cui campagna sperimentale è qui riproposta.

La Tabella 1 riassume tutti i metodi precedentemente elencati. È di interesse paragonare i risultati ottenuti tramite l’applicazione della metodologia proposta con quelli ottenibili applicando le metodologie presenti in letteratura. Viene quindi riposta una campagna sperimentale in cui due differenti set di dati sono presenti: uno ottenuto tramite una pro- cedura staircase e l’altro ottenuto studiando la zona a fatica limitata; questi due set verranno poi uniti per poter applicare la metodologia proposta. In ogni caso, la procedura proposta da Rao e McPerson (6,7) richiede dati ottenuti tramite prove su ruote ingrananti, che non solo disponibili. Pertanto, l’unico paragone possibile è usando il metodo FVA (5,9). Dati diversi rapporti di carico adottati nei banchi prova, il paragone verrà effettuato usando fkorr, FEM (11) al posto di fkorr (8). Per completezza, anche la curva SN di una ruota cementata, così come definita in ISO 6336:3-5 (1,3). I risultati verranno mostrati in Figura 6.

 

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