Automazione e stampisti: il caso di Pantostamp

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Alessandro Scalici, uno dei titolari di Pantostamp srl

Pantostamp S.r.l. di Opera (MI) è una consolidata realtà che opera nel settore degli stampi ad iniezione, in particolare multicavità per il settore del packaging con particolare riferimento ai mercati della cosmesi, della detergenza, della farmaceutica, degli spray e dei dispenser. Alessandro Scalici, uno dei titolari dell’impresa, esordisce con una riflessione di carattere generale: «Negli ultimi mesi il comparto degli stampi ha subìto un rallentamento, sia a causa della pandemia che ha colpito molte aziende “clienti”, sia per la fase di impasse che sta vivendo il settore automotive, in genere trainante a livello economico. Alcuni settori sono tuttavia in ottima salute. Noi, per esempio, ci occupiamo principalmente di packaging e quello che posso dire è che nelle applicazioni farmaceutiche, della detergenza e medicali la crescita è davvero esponenziale, proprio in risposta ai problemi nati col covid19».
Quanto al tema dell’automazione, Scalici osserva: «Il mercato è sempre più frenetico: i tempi di consegna sono sempre più stretti mentre i volumi crescono, i clienti raramente “budgettizzano” gli stampi anno per anno e, a differenza del passato, i feedback positivi dalle offerte arrivano in modo sempre più improvviso. Le aziende stampiste italiane, che in genere sono di medio-piccole dimensioni, devono sfruttare al massimo le ore “non presidiate” e ottimizzare l’utilizzo delle macchine migliori quali centri di lavoro ed elettroerosioni. L’automazione favorisce tutto questo e permette di gestire con una certa facilità imprevisti picchi di lavoro, soprattutto in periodi difficili come quello attuale».
Concretamente, quanti stampisti prendono sul serio l’opzione dell’automazione? «A mio avviso 6/7 stampisti su 10 si sono dotati di sistemi automatizzati o stanno valutando un investimento in tal senso. I rimanenti, per il momento, non ci si avvicinano, più per un problema di costi che di mentalità. Di certo, gli incentivi legati al piano nazionale Industria 4.0 stanno aiutando le aziende, compresa la nostra, ad andare nella direzione dell’automazione. Anche perché, a conti fatti, si tratta di investimenti che, se ben ponderati, aiutano concretamente le imprese a risultare più competitive. Io credo che fra 5-6 anni quasi tutte le aziende produttrici di stampi faranno ricorso all’automazione se vorranno rimanere competitive».
Non crede che la diffusione capillare di sistemi automatizzati porterà alla riduzione di personale? «No, non credo, ma assisteremo a una riqualificazione della manodopera. Gli addetti eseguiranno sempre meno mansioni di trasporto pezzo, di attrezzaggio, movimentazione, ecc. e avranno mansioni più qualificate. L’automazione porterà un aumento di lavoro, basti pensare alla possibilità di lavorare di notte e senza presidio: quindi saranno sempre più richiesti progettisti, programmatori o gestori delle automazioni stesse».
In generale, quali tipi di automazioni vanno, oggi, per la maggiore? «Gli stampisti scelgono sistemi che automatizzano non l’esecuzione del singolo pezzo, bensì la movimentazione dei pallet. Si tratta in genere di sistemi “chiusi”, anche se poi è chiaro che ogni caso deve essere gestito in maniera differente a seconda della sensibilità del singolo stampista. Esistono realtà che progettano e implementano soluzioni ad hoc in base alle necessità del cliente stampista». Quali soluzioni avete adottato in Pantostamp? «Nel nostro stabilimento di Opera abbiamo installato un sistema automatizzato di asservimento ai nostri centri di lavoro a 5 assi mediante pallet. Questo ci permette di eseguire più pezzi contemporaneamente, di velocizzare la produzione e di ottimizzare i flussi di lavoro».
Alessandro Scalici butta poi un occhio al futuro: «È difficile immaginare in che modo possa evolvere l’automazione nel settore degli stampi essendo arrivati a un livello tecnologico davvero notevole. Certo, i sistemi sono sempre migliorabili: già si affacciano sul mercato, per esempio, nuove automazioni intelligenti che valutano i pezzi in uscita dai centri di lavoro e, in caso di difettosità, li rimettono in macchina per le dovute correzioni senza l’intervento umano». E conclude con un “sogno nel cassetto”: «Attualmente, la fase di montaggio e collaudo degli stampi è ancora completamente gestita dal personale, in particolare dagli “attrezzisti”: ecco, ciò potrebbe essere un problema. Se un’azienda è talmente veloce a costruire stampi, la fase dell’assemblaggio rischia di essere un “collo di bottiglia”. Sarebbe bello se, in futuro, fossero disponibili robot sempre più “umanoidi”, da affiancare agli attrezzisti e dagli stessi gestiti per questo tipo di attività».

Intervista a cura di Vittorio Pesce

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