Incentivi beni strumentali: più in là nel tempo, ridotti nelle cifre

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Più a lungo nel tempo, meno incisivi nelle cifre e, soprattutto, meno orientati – almeno in apparenza – al 4.0: i crediti d’imposta per gli investimenti in beni strumentali e ricerca, fra le misure che più interessano le Pmi e che attirano le loro attenzioni ad ogni Legge di Bilancio, sembrano in questo 2022 alquanto ridimensionati rispetto al recente passato.

La fine del “superammortamento”

Innanzitutto, si riducono a metà le aliquote del tax credit sui beni strumentali digitali. Passa dal 20 al 10% quella per gli investimenti in R&S. Sempre dal 2023 non vi sarà nemmeno più traccia dell’ex “superammortamento” e della formazione in attività 4.0 (che nella “vecchia” manovra valeva 300 milioni). Per ciò che concerne il 4.0, colpisce la durata nel tempo, con proroghe che arrivano al 2025 per i beni digitali e addirittura al 2035 per il Bonus Ricerca: in tutto si parla di poco più di 14 miliardi (14.2 per l’esattezza,
a fronte dei quasi 19 per il 2021). Di questi, sei si riferiscono ai crediti d’imposta per i beni digitali (ex “iperammortamento“) e poco meno di 900 milioni al tax credit per i beni immateriali 4.0 (software), con effetti che in proiezione arriveranno fino al 2028. Più di 7 miliardi sono destinati alla ricerca, di cui 310 milioni per l’innovazione tecnologica 216 milioni per la digitalizzazione 4.0 e altri aspetti come l’attenzione ambientale. Confermata anche la Nuova Sabatini per 900 milioni fino al 2027, con ritorno all’erogazione dei contributi in più quote, fatti salvi i finanziamenti fino a 200 mila euro in unica soluzione. Previsti anche contratti di sviluppo e incentivi all’autoimprenditorialità. Niente di fatto, invece, per gli incentivi alle imprese del Mezzogiorno.

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