Un uso più razionale delle risorse e la progettazione di prodotti il più possibile durevoli; l’utilizzo di materiali ed energie rinnovabili; il riciclo dei rifiuti e il reimpiego delle materie prime seconde. Sono questi sono i cardini del concetto di economia circolare, che tocca sempre più da vicino il mondo degli stampi.
Ecco cosa ne pensa Robert Williamson, presidente di ISTMA World, International Special Tooling and Machining Association, l’associazione che raccoglie le maggiori realtà associative degli stampisti di tutto il mondo.
In che modo, a Suo parere, l’industria manifatturiera in generale e il settore degli stampi stanno rispondendo alla sfida della sostenibilità? E con quali risultati, dottor Williamson?
Probabilmente il cambiamento più radicale è dato dal fatto che oggi i progettisti non possono considerare il loro lavoro terminato con il lancio di un prodotto, ma devono invece avere una coscienza ambientale. Questo significa che i prodotti devono essere sviluppati con un focus sulla loro sostenibilità e tenendo in considerazione il loro intero ciclo di vita. Non esistono vie di mezzo: le soluzioni di design destinate a dar frutti in futuro sono quelle approcciate in un’ottica ambientale.
Secondo Lei il settore degli stampi sta interpretando tutte queste istanze in maniera corretta?
L’industria degli stampi ha sempre lavorato fianco a fianco con i product designer e, posto che il mondo non può più fare a meno, per esempio, dei manufatti in plastica, è altrettanto chiaro che abbiamo il dovere di pensare alla sostenibilità come parte della progettazione di ogni articolo. E perciò anche all’impatto che un prodotto può esercitare sull’ambiente lungo tutto il suo ciclo di vita.
Vorrebbe citare qualche caso di economia circolare di successo inerente proprio gli stampi?
La domanda mi fa particolarmente piacere perché sì, un caso di successo c’è ed è decisamente importante. ISTMA World, l’associazione internazionale dei costruttori di stampi, ha salutato l’avvento di una nuova partnership con Clariter. Quest’ultima è una società globale di tecnologie pulite che ha creato un rivoluzionario processo di upcycling (riutilizzo di un oggetto per crearne un manufatto di maggior qualità reale o percepita, ndr). Rappresenta una soluzione efficace e di ampio respiro per il problema della gestione dei rifiuti plastici nel mondo, compresi i più difficili da riciclare. Il risultato è duplice: il pianeta è a tutti gli effetti più pulito e si moltiplicano le opportunità di business. L’idea di Clariter è trasformare i rifiuti plastici, anziché in prodotti intermedi che richiederebbero ulteriore processazione, in tre categorie di prodotti pronti all’uso. Olii bianchi, cere di paraffina e solventi alifatici. Sono utilizzabili per dare vita a una vasta varietà di prodotti finiti di uso comune nel quotidiano. Il processo di Clariter (lo si ritrova descritto nell’illustrazione riprodotta in queste stesse pagine, ndr) è a impatto zero dal punto di vista della carbon footprint e preferibile, pertanto, a quelli di discarica o inceneritore o basati sulla pirolisi. L’idea ha dimostrato la sua efficacia nell’impianto pilota polacco di Gliwice e in quello industriale di East London in Sudafrica, anche se l’azienda ha le sue sedi in Israele, Polonia, nei Paesi Bassi e in Lussemburgo. Dispiega tutto il reale valore dell’economia circolare senza concedere alcun compromesso sulla sostenibilità.
Quali altri passi deve fare la manifattura globale per cogliere il traguardo della circolarità?
Credo che si debba prendere posizione per accettare il fatto che la sostenibilità implica una assunzione di responsabilità da parte di tutti i settori dell’industria. Insieme, collettivamente, possediamo un massiccio quantitativo di risorse che possono, debbono esser dedicate all’ambiente.