Analisi del cambio marcia in un powershift a contralberi

massaccesi gianni

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powershift

Calcolo dell’energia dissipata nelle frizioni di un powershift a contralberi, della loro durata e delle sollecitazioni dinamiche indotte nel veicolo durante la manovra di cambio marcia in funzione dell’andamento delle pressioni di comando.

Questo studio è strettamente correlato con l’articolo “Energia dissipata nell’innesto di una frizione”. La simbologia è analoga e molti dei metodi utilizzati sono gli stessi. In particolare: il procedimento iterativo, il calcolo dei punti d’incrocio delle varie curve, la valutazione dell’energia dissipata durante l’innesto e la previsione di durata teorica delle frizioni restano inalterati. Qualora fosse necessario fare riferimento ad essi, verrà inserita la nota (v. 4/2021).

Ciò che cambia sostanzialmente, però, è l’argomento; nell’articolo precedente analizzavo l’innesto di una frizione di collegamento fra due volani, in questo esamino cosa succede quando le frizioni di collegamento fra i volani sono due, una in fase di disinnesto e l’altra in fase d’innesto: è la tipica manovra di cambio marcia o di inversione che viene attuata in una qualsiasi automobile, o trattore agricolo, o macchina operatrice di qualunque tipo, purché dotata di una trasmissione in powershift.

Le trasmissioni in powershift, come noto, si differenziano concettualmente dai tradizionali cambi sincronizzati per il fatto di avere delle frizioni multidisco in bagno d’olio a comando idraulico al posto dei sincronizzatori. Esse, benché molto diffuse, costituiscono nel campo delle automobili poco più di uno sfizio costoso e delicato (a meno che l’auto non sia utilizzata a scopi professionali, per esempio dai tassisti), ma sono invece importanti nel campo dei trattori e delle macchine operatrici in genere, in quanto garantiscono una caratteristica essenziale per questi strumenti di lavoro: la continuità del tiro! Mi spiego: se con un trattore agricolo sto arando, o trainando un pesante rimorchio in salita, può capitare che, o per una radice nascosta, o per una variazione della pendenza stradale, io mi trovi nella necessità di cambiare marcia.

Se ho un cambio sincronizzato, non appena schiaccio il pedale della frizione per effettuare la manovra, il trattore rallenta vistosamente o addirittura si ferma, perché in quell’istante, a frizione aperta, il trattore non traina più. E poi dovrò sudare sette camicie per farlo ripartire con l’aratro interrato, o in salita con il pesante rimorchio. Il powershift. risolve il problema: una frizione si disinnesta gradualmente, l’altra s’innesta altrettanto gradualmente, e alla fine della manovra ho cambiato marcia con il trattore sempre in movimento e sempre in trazione. Questa operazione (anticipo un po’ la trattazione) è descritta visivamente nel grafico 3, dove è raffigurato in blu l’andamento del carico nella frizione che si disinnesta, e in rosso nella frizione che si innesta.

Questo grafico, e in particolare il triangolo delimitato dall’asse delle ascisse e dalle due linee rossa e blu – chiamato in gergo “incrocio” – è “croce e delizia” per tutti coloro che si occupano di powershift, e il motivo è semplice: se l’”incrocio” è troppo limitato, il powershift perde la sua ragion d’essere, perché la frizione B non trasmette ancora abbastanza coppia quando la frizione A è già quasi disinnestata, e il trattore rallenta.

Se l’”incrocio” è eccessivo, la trasmissione si blocca analogamente a quanto succede in un cambio meccanico nel quale, per qualche motivo, si siano innestate contemporaneamente due marce, e il trattore rallenta lo stesso: occorre quindi trovare di volta in volta la miglior soluzione di compromesso.

Io ho sperimentato questa “croce e delizia” per una decina d’anni, a cavallo degli anni ‘90, quando l’azienda per cui lavoravo decise di equipaggiare il suo trattore di punta con un powershift a controllo elettronico, novità assoluta per l’epoca. Allora già disponevo da anni del software descritto in (4/2021) che mi dava una bella mano nel dimensionare correttamente le varie frizioni.

Non disponevo invece di nessun aiuto (a parte quello fornito dal buon senso…) per definire correttamente il Grafico 3, ossia l’andamento delle pressioni di scarico e di innesto delle varie frizioni: questo era compito del nostro reparto sperimentale che, dopo infinite prove sul campo in tutte le condizioni di utilizzo possibili, stabiliva una griglia di valori ottimale da inserire nella centralina elettronica di controllo del powershift.

Ora che, da pensionato, dispongo invece di tutto il tempo che allora non avevo, mi sono chiesto: ma non è che, estendendo il software (4/2021) al caso delle due frizioni, riesco a definire a priori la forma ottimale delle curve di pressione, il che consentirebbe di delegare alla parte sperimentale solo l’onere di confermarla, ma non quello di definirla? Ci ho provato, qualcosa è venuto fuori, anche se credo e spero che, in tutti questi anni, negli “uffici calcoli” di tante aziende che si occupano di questi complicati oggetti, giovani e rampanti ingegneri freschi di laurea abbiano già sviluppato qualcosa di analogo.

Schema cinematico e simbologia

In Figura 1 è riportato lo schema utilizzato per il calcolo. Nella parte centrale sono rappresentate le due frizioni A (in alto) e B (in basso) oggetto dell’analisi. A sinistra dello schema è raffigurato l’albero d’ingresso che sostiene il volano di momento d’inerzia J1, il quale simula il motore e tutta la parte di trasmissione a monte delle frizioni. Il motore fornisce la coppia motrice C1 alla velocità W1, ed è collegato alle due frizioni con due catene cinematiche aventi rapporti di trasmissione τIA e τIB. A destra dello schema è raffigurato l’albero di uscita che sostiene il volano di momento d’inerzia J2, il quale simula la macchina e tutta la parte di trasmissione a valle delle frizioni. Le due frizioni sono collegate all’albero di uscita per mezzo di due catene cinematiche aventi rapporti di trasmissione τUA e τUB.

CA e CB sono le coppie trasmesse dalle due frizioni, mentre W1A, W2A , W1B e W2B sono le velocità angolari in ingresso e in usci- ta da ciascuna di esse. Sull’albero di uscita agisce inoltre la coppia C2= CRSD+CRF, risul- tante dell’azione di una salita/discesa e/o di un freno.

Lo schema di Figura 1, con le due frizioni montate su due contralberi, può sembrare a prima vista limitante, ma in realtà non lo è, in quanto i vari schemi di trasmissione che ho preso in considerazione sviluppando il software (non ho esaminato tutti quelli possibili, naturalmente…), sono riconducibili, magari con qualche acrobazia, a quello schema.

Nel calcolo sono utilizzate le stesse unità di misura di (4/2021), e le variabili rappresentate (coppie C e velocità angolari W) sono positive se hanno il verso indicato in Figura 1.

Per quanto riguarda i rapporti di trasmissione τ ho utilizzato le solite convenzioni in uso fra chi si occupa di trasmissioni, ma con qualche avvertenza:
• i rapporti τ sono positivi se non invertono, negativi se invertono il verso del moto
• i rapporti τ (nel verso della freccia) sono in riduzione se il loro valore assoluto è >1, in moltiplica se è <1
• ho posto il vincolo (soprattutto per facilitare la comprensione delle varie rappresentazioni grafiche) che i rapporti τIA e τIB in ingresso siano positivi. Questo naturalmente non toglie generalità all’analisi perché, nel caso che per esempio τIA sia in realtà negativo, basta cambiare il segno sia di τIA che di τUA e nulla cambia ai fini del calcolo. Lo stesso per τIB
• all’inizio del calcolo la frizione A è innestata e la B disinnestata

Alla fine del calcolo la B sarà innestata e la A disinnestata. Quindi, in base ai valori numerici dei vari rapporti, si può facilmente verificare il tipo di manovra effettuata:

– Se Ψ A= τIA *τUA e Ψ B= τIB *τUB hanno segno opposto: si è effettuata un’inversione
– Se Ψ A e Ψ B hanno lo stesso segno, si è effettuato un cambio marcia, e in particolare:
Se Ψ A / Ψ B > 1: è un cambio marcia a crescere;
Se Ψ A / Ψ B < 1: è un cambio marcia a scalare.

 

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