Il fenomeno del vuoto, la sua definizione e le relative implicazioni

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fenomeno del vuoto

Il fenomeno del vuoto, la sua definizione e le relative implicazioni fisiche e filosofiche hanno suscitato interesse in studiosi in diversi campi del pensiero umano.

In età moderna Descartes (XVII sec.), nei suoi Principia Philosiphiae, sostiene l’inesistenza del vuoto. Negli stessi anni il fisico Torricelli descrisse l’esperienza del suo barometro.

Torricelli, con il collega Viviani anch’egli discepolo di Galileo, dimostrarono che il vuoto può esistere in natura e che l’aria ha una massa, ponendo fine alle millenarie discussioni filosofiche sull’horror vacui.

Torricelli, con il suo strumento, detto tubo di Torricelli, riempì con un liquido, nel caso in oggetto del mercurio, di cui conosceva la massa volumica, un tubo aperto da un lato e con un fondo chiuso, lo capovolse dopo averne immerso la bocca in un recipiente che conteneva lo stesso tipo di liquido. Imponendo l’equilibrio della colonna di liquido egli ricavò il valore della pressione atmosferica che impone la propria azione sull’area alla base della colonna, equilibrando l’azione del peso della colonna di fluido.

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Gli anni dell’esperienza di Torricelli sono gli stessi dell’invenzione della pompa a vuoto di Otto von Guericke, che riuscì, con la teatrale esperienza degli emisferi di Magdeburgo, a rendere evidente la forza esercitata dalla pressione atmosferica su superfici esposte a salto di pressione: a Ratisbona, alla presenza del Reichstag e dell’imperatore Ferdinando III, fu estratta aria dall’interno di un volume definito da due emisferi accostati e vennero impiegate due schiere di cavalli da tiro, che non riuscirono a dividere gli emisferi, di diametro di circa ottanta centimetri, finché non fu riaperta la valvola che consentiva all’aria ambiente di occupare nuovamente il volume all’interno degli emisferi. Poiché la pressione atmosferica assoluta è di circa un bar (in unità internazionali sarà 1105 N/m2), se Otto von Guericke, nel 1654, fosse riuscito ad ottenere il vuoto assoluto, ciascuna schiera di cavalli che tira gli emisferi di diametro 80 cm, avrebbe dovuto esercitare, per separarli, una forza di circa cinque tonnellate. In età contemporanea, lo sviluppo delle scienze fisiche portò alla definizione rigorosa delle leggi dei gas, e alla necessità di apparecchiature per la produzione e la misura del vuoto con la conseguente forte spinta alla ricerca tecnica.

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Verso la metà dell’Ottocento l’introduzione di nuovi tipi di pompe permise di ottenere gradi di vuoto più spinti e di studiare i fenomeni di ionizzazione dei gas in condizioni di estrema rarefazione. Negli stessi anni fu enunciata la teoria cinetica dei gas. Vennero sviluppati vacuometri che consentirono di misurare pressioni fino a 10-1 N/m2 nei primi anni del XX secolo, mentre un primo vacuometro a ionizzazione arrivò a misurare fino a 10-6 N/m2.

Dopo la metĂ  del XX secolo nuovi vacuometri a ionizzazione furono in grado di misurare vuoti estremi, anche spinti a 10-12 N/ m2.

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In Figura 3 si vede lo schema di funzionamento a tubo di Bourdon utilizzato in vuotometri industriali. Il principio di funzionamento di questi strumenti di applicazione industriale è basato sul principio di funzionamento della molla Bourdon. Un’estremità della molla Bourdon, ricavata da tubi profilati in lega speciale di rame chiusi alle estremità, è collegata in modo solidale al corpo dello strumento, l’altra, invece, è lasciata libera, ed è collegata, con una trasmissione, all’indice del vuotometro-manometro. Al crescere della depressione o della pressione all’interno del tubo di Bourdon, esso tende a deformarsi (effetto Bourdon). Il movimento dell’estremità libera della molla determina la misura della depressione-pressione. Per una migliore lettura, questo movimento viene amplificato attraverso la trasmissione. Inoltre, il movimento viene riportato all’indice interponendo un meccanismo di amplificazione rappresentato da una leva di collegamento. Il tutto è racchiuso in una cassa solitamente metallica, contenente il quadrante e l’indice, visibili attraverso un vetro. Sono disponibili vuotometri in diverse versioni, con attacchi radiali o coassiali, con flangia da incasso o per esterno, a secco o in bagno di glicerina.

di Andrea Manuello Bertetto, ordinario di Meccanica Applicata alle Macchine, Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale del Politecnico di Torino

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