Dall’era pre-covid a oggi, ecco come si è mosso il mercato delle materie prime, ovvero di tutti quei materiali che sono alla base della produzione dei beni di largo consumo e che tutti noi normalmente utilizziamo.
Partiamo da una banalità. Definiamo in primo luogo le materie prime. Esse sono tutti quei materiali, che sono alla base della produzione di beni di uso quotidiano, dei prodotti che normalmente utilizziamo.
Questi “beni”, che sapientemente noi italiani realizziamo belli e anche ben fatti, ci arrivano attraverso lavorazioni, spesso metalmeccaniche, attraverso processi industriali che, dando forma alla materia, generano capolavori come una automobile sportiva, una macchina utensile, un satellite, un dispositivo protesico, finanche una lavatrice o il tondino di ferro per l’edilizia.
Si può tranquillamente affermare che le materie prime sono alla base della nostra soddisfazione personale, permettono di sentirsi appagati e anche felici. Ma come ogni favola che si rispetti, c’è sempre, prima del lieto fine, un momento buio, critico, dove forze oscure si dimostrano avverse.
Il rincaro dei prezzi delle materie prime
Nel nostro caso, il rincarare dei prezzi delle materie prime negli ultimi 12 mesi e forse anche un po’ di più, può di certo essere paragonato al momento in cui nelle favole il personaggio “cattivo” prende il sopravvento. Ma andiamo per gradi.
Nell’era pre-Covid 19 ovvero fino al 2019, la nostra economia non possiamo dire che brillasse di risultati sfavillanti.
La crescita era dello 0,3% leggermente superiore alle previsioni di inizio di quell’anno che addirittura la davano intorno allo 0,2%. Il 2019 per l’Italia ha segnato l’anno con la crescita più bassa dal 2014, anno in cui il nostro PIL risultò stazionario.
Era una Italia in difficoltà abituata a fare i raffronti con gli anni precedenti: in questo caso un anno positivo come il 2018, chiuso con +0,8%, e il 2019.
Era un’Italia dove anche le esportazioni deceleravano, così come le importazioni calavano e vi erano settori come l’agricoltura e le attività manifatturiere che subivano una forte contrazione.
Nel 2020 arriva la pandemia
Questa emergenza sanitaria ha cambiato, o meglio sta cambiano prospettiva, modalità di affrontare ogni singolo aspetto della nostra vita quotidiana e se da una parte ci induce a considerare angolazioni diverse per determinare e avere una visione dell’insieme, cosi comporterà approcci differenti e innovativi per ritrovare nel prossimo futuro un nuovo equilibrio.
Andranno ripensate molte consuetudini, e ancor di più di prima sarà vero tutto e a volte anche il suo contrario. Così intanto nel 2020 tra distanziamenti sociali e lockdown, il nostro PIL scende e si attesta a -8,9%. Il PIL mondiale fece registrare -3,3%, la più intensa contrazione dopo il conflitto mondiale. I consumi privati arrivarono a toccare -11%.
Infatti, basti pensare, ad esempio, alla crisi che tra il 2019 e il 2020 ha colpito il comparto dell’automotive e di conseguenza dell’acciaio, ai cali ragguardevoli che hanno subito; i consumi finali interni, la componente dei servizi e dei beni, scesero rispettivamente del 16% e del 6,4%.
Di contro, inevitabilmente, nel 2020 abbiamo assistito a un’impennata della propensione al risparmio da parte delle famiglie italiane, passando da un 8% del 2019 a un 15,6% del 2020.
Settori come la ristorazione e l’accoglienza -40,6%; trasporti -24.5%; servizi ricreativi e culturali -22,5%; vestiario e calzature -21,1%; contro un settore alimentare che ha fatto registrare invece un +1,9% e le comunicazioni +2,2%.
Le imprese nel 2020 hanno interrotto o a volte ridimensionato i normali piani di accumulazione, specie nel II trimestre dove la curva, diventata una linea continua a V, arrivò a toccare il punto più basso di questa repentina discesa, diventata nuovamente di ordine comune addirittura impattante come le curve durante la Seconda guerra mondiale.
La filiera così come è strutturata non è più corrispondente alle nuove esigenze del mercato post pandemia. Da questi dati si può evincere come la realtà di questi due anni sia veramente paragonabile a un arcobaleno dove ogni colore può corrispondere a una categoria di prodotti con le sue dinamiche e segni positivi o negativi, capaci ovviamente di trascinare con sé non solo la parte finale, ovvero gli acquisti degli end user, ma anche di muovere le scelte strategiche dei vari comparti produttivi e delle materie prime.
Nel 2020, un primo fenomeno fu quello dei corsi petroliferi. Infatti, spostandosi meno le persone, diminuirono le richieste di carburante, cui seguirono una drastica riduzione della domanda di greggio e la diminuzione dei prezzi dei prodotti “Oil”. Fenomeno acuitosi nel II° trimestre 2020. Tuttavia ci fu una ripresa veloce grazie a un massiccio movimento delle merci, che intensificò le richieste e quindi il rialzo dei costi.
Rincari che se riportati ai giorni odierni, inducono alcuni gestori di stazioni di benzina a paventare la chiusura per i troppi rincari degli ultimi mesi. A questo fenomeno, ad esempio, contrapponiamo quello del traffico aeroportuale tornato a livelli vicini al 50% del traffico aereo pre-covid.
Cosa aspettarsi per il 2022?
Fiducia e prudenza per tutto il corso di questo anno. La filiera cosi come strutturata non è più corrispondente alle nuove esigenze di mercato post pandemia.
Quindi più coesione, più riduzione dei costi di produzione, migliore efficientamento del ciclo produttivo con maggiore digitalizzazione, più soluzioni innovative per essere maggiormente ecosostenibili e nel rispetto di una costante flessibilità per meglio adattarsi ai vari cicli dell’economia mondiale.
Le materie prime sono destinate con molta probabilità ad alcuni ritocchi.
Migliorerà di certo la catena dell’approvvigionamento, e questo comporterà una stabilizzazione dei prezzi che rimarranno sopra alle medie di lungo periodo.
Tutto ciò potrebbe essere inficiato da alcuni fenomeni come le già citate tensioni geopolitiche europee, la possibile bolla speculativa immobiliare cinese in apparenza rientrata e un’eventuale nuova ondata pandemica nel prossimo autunno.
Caso Cina
Questo Paese indebolito a livello mondiale dalla fama di aver generato il virus Covid 19, è stato al contempo il Paese che ancora una volta è riuscito a muovere a suo favore parte dell’economia mondiale.
Il comparto siderurgico ha cosi registrato una crescita del 2,7% a livello di produzione globale.
La Cina ha trainato questo dato contribuendo con un +7% di produzione interna. In termini di redditività abbiamo assistito, ad esempio, al primeggiare degli Stati del CSI (+18%), poi i gruppi indiani (+13,8%), i sudamericani (+12,1%), i paesi asiatici emergenti (+6,4%), altri paesi europei (+6,3%) e infine i cinesi (+5,3%). Mentre i paesi MENA e Europei hanno portato a casa rispettivamente (-7,7%) e (-3,1%).
Per gli utilizzatori di acciaio nel proprio ciclo produttivo, siam partiti da risultati del 2020 come quello dell’automotive (-22%), produzione tubi (-16%), altri mezzi di trasporto (-15,6%), costruzioni (-8,1%), macchine e apparecchi meccanici (-14,5%), prodotti in metallo (-13,4%), a quelli confortanti del 2021.
Settore costruzioni (+26,9%), Automotive (+43,3%), Macchine e apparecchiature meccanici (+15,8%), produzioni tubi (+17,7%), Elettrodomestici (+35%), Messi di trasporto (+7,5%). Segnali certamente positivi, effetto di una pallina rimbalzante, non riproponibili per il 2022 e toccati da un altro fenomeno importante e opposto come trend a questo delle materie prime, quale quello del rincaro del costo dell’energia elettrica causata dalle tensioni geopolitiche e dalle passate scelte produttive.
(N.d.R: l’articolo è stato scritto prima dello scoppio del conflitto russo-ucraino)