La ripresa dell’industria metalmeccanica

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All’inizio del mese di marzo, Federmeccanica ha presentato alla platea imprenditoriale i risultati dell’indagine congiunturale sull’industria metalmeccanica, per l’intero anno 2021.

Secondo l’ultima indagine congiunturale, la produzione industriale compartimentale è cresciuta di 15,9 punti, recuperando la contrazione del 2020.

Sicuramente si tratta di dati positivi e incoraggianti, sul quali però permane qualche perplessità in relazione allo scenario geopolitico e geo-economico degli ultimi mesi, con gli equilibri mondiali in fase critica e l’aumento del prezzo delle materie prime.

In tutti i casi è necessario trasmettere un messaggio importante: indipendentemente da quello che sarà il futuro, nel 2021 il comparto ha recuperato le perdite subite nel 2020 e, nel confronto con i principali Paesi europei, ha segnato performance nettamente migliori.

La produzione industriale

Per analizzare l’andamento della produzione industriale viene utilizzato un metodo statistico che compara i valori partendo da una base fissa: quello della produzione industriale 2019 viene preso come punto di partenza (base di riferimento 2019=100) e i successivi verranno armonizzati in base 100.

Partendo da questo assunto, esaminiamo quindi i dati.

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Tab. 1 – Indici e variazioni della P.I.

Nel 2021, la produzione metalmeccanica totale (12 mesi) è cresciuta di 15,9 punti percentuali, rispetto ai valori dell’intero 2020, riuscendo a recuperare totalmente la contrazione accorsa durante il primo anno di crisi pandemica.

In realtà, dall’analisi dei dati, i volumi di produzione metalmeccanica del 2021 hanno addirittura superato il totale 2019, con un +0,3%.

Il valore diventa rilevante se lo compariamo con la produzione dell’intero comparto industriale 2021: questo, pur essendo cresciuto, non ha ancora totalmente recuperato i livelli del 2019, segnando un -0,6% nella comparazione biennale (2019/2021).

Analizziamo, allora, nello specifico, l’andamento della produzione industriale (P.I.) di metalmeccanica.

Dall’analisi dei dati ISTAT – con un valore della produzione industriale di metalmeccanica con base 2019=100 – misurando la variazione annuale del volume prodotto, il valore per il 2020 è sceso a 86,5, ritornando a 100,3 nel 2021 (tabella 1 e grafico 1).

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Grafico 1

Lo stesso non è accaduto per il valore totale della produzione industriale (l’insieme delle diverse voci), che nel 2019 era 100 ma a fine 2021 si è fermato al 99,4 – senza arrivare al recupero totale.

Sicuramente entrambi i dati risultano positivi nel 2021 – dalla comparazione con il 2020 – ma è evidente che il comparto metalmeccanico abbia mostrato una performance migliore, dopo un anno difficile durante il quale la produzione settoriale era calata di 13,5 punti, quando quella complessiva industriale aveva segnato una decrescita di “soli” 11.

Le sette voci aggregate

È necessario seguire la distinzione operata da Federmeccanica, nell’ambito dell’intero comparto metalmeccanico, analizzando sette differenti voci aggregate nella macrovoce metalmeccanica: metallurgia, prodotti in metallo, computer/radio e strumenti medicali/di precisione, macchine e apparecchi elettrici, macchine e apparecchi meccanici, autoveicoli e rimorchi, altri mezzi di trasporto.

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Tab. 2 – Indici e variazioni della P.I. di metalmeccanica.

Queste sette componenti, assieme, hanno contribuito alla crescita dell’intero settore ma, nel dettaglio, le stesse hanno segnato performance molto differenti tra loro (tabella 2 e grafico 2).

In particolare, nel 2020, senza considerare il tracollo dell’automotive, la produzione di macchine e apparecchi meccanici è quella che è calata in maniera più brusca.

Nel 2021, con un recupero di 15,7 punti, la produzione meccanica ha quasi raggiunto il livello pre-covid (99,2).

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Grafico 2

Le altre voci, avvantaggiate da un calo più contenuto, sono riuscite a superare il valore 2019, contribuendo quindi alla ripresa cumulata dell’intero comparto, con quel 100,3 che diventa una media delle sette microvoci.

La variazione tendenziale della P.I.

I valori del 2021 vanno però esaminati in maniera più analitica, attraverso una suddivisione temporale, considerando che l’andamento ha subito modifiche trimestrali.

È quindi necessario approfondire la variazione tendenziale della produzione, che è diversa da quella congiunturale.

industria metalmeccanicaLa prima, infatti, evidenzia la differenza (in termini percentuali) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (comparando quindi il singolo trimestre 2020 con quello 2021) e offre uno scenario di tendenza dell’andamento, prescindendo dalle possibili modifiche di breve periodo.

Diversamente, la variazione congiunturale misura un andamento progressivo nel breve termine, ovvero il cambiamento rispetto al periodo precedente; compara quindi due trimestri successivi, senza far riferimento all’anno precedente.

Le variazioni tendenziali della produzione di metalmeccanica (si veda tabella 3; grafico 3 e grafico 4) mostrano una dinamica sempre positiva, per tutti i quattro trimestri del 2021, con una ripresa soprattutto nella prima parte dell’anno (I e II trimestre) e un freno – sempre con valori positivi, ad eccezione dell’automotive – nella seconda.

Tab. 3 – Variazione tendenziale trimestrale

In questo modo, l’indice di produzione si conferma comunque positivo rispetto al 2020.

Se invece analizziamo la variazione congiunturale (grafico 4), vedremo un andamento più contenuto e una crescita fino al II trimestre, che cede il passo a una contrazione – ma sempre comparativa nel breve termine, ovvero rispetto ai mesi precedenti, e non rispetto all’anno 2020 (variazione tendenziale).

Questo peggioramento, che raggruppa le sette microvoci del comparto di nostro interesse, è in parte riconducibile a un diffuso rallentamento di tutte le attività metalmeccaniche e in parte ascrivibile alle performance del comparto automobilistico che, nel IV trimestre 2021, ha segnato un calo di oltre 13 punti percentuali rispetto all’analogo trimestre del 2020, così come quello che si riferisce a “altri mezzi di trasporto”, con un -2,4% (si veda tabella 3).

Grafico 3

L’occupazione

Dopo un massiccio ricorso alla CIG (Cassa Integrazione Guadagni) durante l’apice dell’emergenza sanitaria, nel 2021 si è più che dimezzato l’utilizzo dello strumento di sostegno.

Va fatta una distinzione, in ambito occupazionale, tra PMI e Grandi Imprese: le prime sono state particolarmente colpite dalla crisi e, per ovvie ragioni, sono state obbligate (dai fatti) a licenziare maggior personale, diversamente, dalle Grandi che hanno subito un calo occupazionale più contenuto.

In realtà (si veda grafico 5) già agli inizi del 2020, dunque prima dell’avvio emergenziale, l’indice occupazionale nella grande industria metalmeccanica (con base gennaio 2019=100) risultava in calo, con un valore 98,5.

A gennaio del 2021 questo valore è sceso a 97,3, per poi risalire fino al valore massimo dello scorso anno, nel periodo estivo, con 98,6.

A dicembre, secondo gli ultimi dati disponibili, l’occupazione risultava a 97,4 e, a differenza della produzione, in questo ambito non abbiamo assistito ancora a un recupero totale.

Grafico 4

Lo scenario futuro

La ripresa del comparto metalmeccanico è stata, in parte, adombrata dal calo produttivo di fine 2021: nel quarto trimestre dello scorso anno l’aumento dei prezzi del gas ha influito sul costo dei prodotti energetici, trascinando le conseguenze anche sul valore dei metalli industriali.

Sono state quindi colpite quasi tutte le realtà aziendali, che hanno altresì segnalato difficoltà di approvvigionamento.

Grafico 5

Il rincaro dei metalli, utilizzati soprattutto nel settore metalmeccanico, ha portato a un aumento medio del 7,8% dei costi, con punte del 15,9% per la voce “metalli e prodotti metallo” e valori più contenuti per le altre categorie (mezzi di trasporto +1,6%; computer etc +1,8%; macchine e apparecchi meccanici 1,8%; macchine e apparecchi elettrici 4,2%).

Questo aumento è traslato sul prezzo finale del bene e impatta negativamente sulla competitività delle imprese che – a quel punto, pur di vendere – saranno costrette a ridimensionare i margini di profitto.

O a fermare la produzione, come è già accaduto. Infatti, secondo le stime preliminari diffuse dall’ISTAT a metà marzo, l’indice complessivo della P.I. è calato del 2,6% rispetto a dicembre 2021.

Si tratta del secondo mese successivo di flessione congiunturale della produzione industriale, comune a tutti i principali settori di attività, anche in termini tendenziali nel confronto con gennaio 2021.

Tuttavia, il comparto che ha segnato la diminuzione più contenuta è stato quello dei beni strumentali (-1,6%).

Cosa fare, allora? In primis accettare gli eventi mondiali, per i quali personalmente possiamo fare poco, e provare ad andare oltre il dato negativo di fine 2021 e inizi 2022.

Non sarebbe, infatti, corretto annullare gli sforzi del tessuto imprenditoriale italiano e la tanto amata (e dimostrata) resilienza del settore industriale nostrano.

Tra l’altro, gli indicatori previsivi dell’indagine di Federmeccanica segnalano un nuovo miglioramento delle prospettive a breve, a partire dai primi mesi del 2022. Vedremo.

Inoltre, oggi, le imprese sono in un momento di piena operatività in ambito PNRR, con una fase nuova che punta sulla transizione tecnologica ed ecologica, dove si rende necessaria una forte capacità di cambiamento e innovazione.

È importante, quindi, instaurare un dialogo con le Istituzioni e chiedere aiuto, già dal basso, segnalando le criticità e le esigenze. Solo così si può superare ogni impasse.

In conclusione…

Probabilmente, per qualche tempo, sarà necessario imparare a convivere con uno scenario di volatilità dei prezzi delle materie prime, soprattutto alla luce dei nuovi assetti geopolitici in corso.

Sicuramente gli equilibri mondiali muteranno, nei prossimi mesi, e le imprenditorie dovranno essere pronte al cambiamento.

Ma non dimentichiamo quello che l’industria italiana ha affrontato nel 2020: non è stata una semplice crisi e, a differenza del 2008, è stato toccato il sistema di domanda e offerta, con la seconda bloccata e la prima che ha fatto difficoltà a ripartire.

Si temeva una perdita di quote di mercato all’estero e non si conoscevano strategie di ripresa.

Eppure, siamo andati avanti, con risultati positivi e supportati dal grande strumento del Recovery Fund.

Logicamente nessuno, per il futuro, potrà garantire all’Italia giorni facili. Ma la stessa Italia, e il Mondo intero, hanno probabilmente imparato molto, in questi ultimi due anni.

E una soluzione non tarderà ad arrivare.

di Marianna Capasso

 

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