Il caro energia penalizza anche la filiera del riciclo

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A causa del forte aumento dei prezzi dell’energia elettrica, molte aziende si preparano a fermare le linee, con conseguente rallentamento della produttività e ricorso alla cassa integrazione, soprattutto nella filiera del riciclo di materie plastiche.

L’Italia si trova ai primi posti per il caro energia, dove, secondo i dati Eurostat, nei primi sei mesi dell’anno, escludendo le imposte, un’impresa italiana con una banda di consumo da 20 a 500 MWh, nel primo semestre 2021 ha pagato in media 0,1077 €/KWh, con un aumento di 0,0102 €/KWh rispetto al secondo semestre 2020. Si tratta di un costo medio decisamente più elevato rispetto ad altri paesi Ue come Danimarca (0,0911 €/KWh), Germania (0,1041 €/KWh), Croazia (0,1060 €/KWh), Olanda (0,0839 €/KWh), Ungheria (0,0995 €/KWh), Slovenia (0,0942 €/KWh) o Polonia (0,0986 €/KWh).

Aggiungendo le imposte, il divario con gli altri paesi europei cresce ulteriormente. L’impatto della fiscalità sul prezzo dell’energia in Italia è rilevante, per un’attività tipo che si occupa di riciclaggio di rifiuti in plastica e della loro trasformazione in materia prima seconda, l’utilizzo di 1 MW aggiuntivo per le proprie attività operative comporta un aumento del costo in fattura da 91,91 a 122,13 euro. L’aumento di 1 €/MWh del prezzo medio dell’energia provoca un relativo aumento del costo in fattura da 659,33 a 726,66 euro. L’aumento dei costi influisce anche sulla quantità di energia effettivamente utilizzata, in quanto il solo aumento di 1 €/MWh del prezzo medio dell’energia attiva provoca una diminuzione dei consumi pari a 22,721 MWh (circa l’8,036% in meno).

Un quadro preoccupante

A questa situazione, già allarmante, si aggiunge il rincaro dei carburanti: dall’inizio del 2021 il prezzo medio del diesel ha subito un incremento del 21,68%, mentre quello della benzina del 20,41%. Oltre ai pezzi medi dei combustibili sono cresciute anche le accise. Come per l’energia elettrica, anche i costi dei carburanti sono oggi in Italia superiori rispetto a quanto si riscontra in molti paesi europei, come – ad esempio – Croazia (1,482 €/l il diesel, 1,484 €/l la benzina), Repubblica Ceca (1,420 €/l il diesel, 1,465 €/l la benzina), Francia (rispettivamente 1,556 €/l e 1,665 €/l), Germania (1,561 €/l e 1,741
€/l), Ungheria (1,299 €/l e 1,299 €/l), Polonia (1,281 €/l e 1,284 €/l
la benzina), Slovenia (1,473 €/l e 1,363 €/l) o Spagna (1,380 €/l e 1,512 €/l ). Questo trend probabilmente continuerà per il 2022; infatti l’Italia, essendo importatore di energia elettrica, petrolio e gas, risente di questi rincari in maniera pesante.

https://www.consorziocarpi.com/mettere-crisi-aziende-italiane/

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