Energy manager, solo una moda?

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A cavallo fra la meccanica e il settore energetico, per cercare di razionalizzare al massimo i consumi, con un occhio alle tecnologie green: l’energy manager entra nel settore manifatturiero.

Se fino a qualche mese fa era solo il Green Deal, cioè la strategia Ue per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, a spingere le aziende verso un utilizzo energetico virtuoso e consapevole, in tempi ben più recenti la situazione si è complicata, se non addirittura esasperata, con i continui aumenti del costo dell’energia. E, stando a quanto riferiscono gli osservatori, difficilmente si vedrà a breve uno stabilizzarsi dei costi e, tanto meno, una loro contrazione. In questo contesto, molto fluido e difficilmente prevedibile, è evidente come il tema dell’efficienza energetica, sia sempre più centrale per le aziende, in particolare per quelle che operano nell’ambito manifatturiero, un comparto che, proprio per la sua configurazione, è per forza di cose energivoro. Il concetto di energy management e la figura dell’energy manager stanno quindi assumendo un interesse sempre maggiore, non solo per “guidare” verso una svolta green, ma, nei casi più estremi, per garantire la sopravvivenza dell’azienda stessa.

Energy manager, chi sei?

FIRE, la Federazione Italiana per l’Uso Razionale dell’Energia, in un recente rapporto sugli energy manager in Italia, così ha definito questa figura professionale: “L’energy manager è una figura con un profilo di alto livello, con competenze manageriali, tecniche, economico-finanziarie, legislative e di comunicazione che supporta gli amministratori aziendali nelle politiche e nelle azioni legate all’energia“. Si tratta quindi di un mix di competenze che rendono energy manager un professionista dal ruolo pressoché indispensabile per tutte quelle realtà che intendono considerare attentamente l’aspetto energetico, sia dal punto di vista dei consumi che da quello della sostenibilità, valutando anche possibili investimenti in tecnologie green.

Guardando al significato letterale, l’energy manager è l’amministratore dell’energia, quindi con una connotazione molto ampia e non circoscritta, dato che dovrebbe occuparsi di tutto ciò che ha attinenza con l’utilizzo di energia, affrontando la questione sia da un punto di vista tecnico che gestionale. Contrariamente a quanto si possa pensare, questa figura professionale è nata oltre 50 anni fa, in seguito alla crisi petrolifera degli anni ’70 e al periodo detto di austerity che buona parte del mondo occidentale ha dovuto affrontare. Se allora l’energy manager era una figura nata velocemente e per necessità, senza una chiara definizione dei ruoli e delle competenze, negli anni sono state introdotte delle normative specifiche, fra cui la legge n. 10/1991, che rende obbligatoria la nomina di un energy manager per le aziende del comparto industriale con un consumo superiore a 10 mila TEP/anno, ricordando che TEP significa Tonnellate Equivalenti di Petrolio. La circolare del MiSE datata 18 dicembre 2014, nella sezione dedicata alla descrizione dei soggetti obbligati, ribadisce e chiarisce per chi vale l’obbligo di nomina. Le normative chiariscono chi ha l’obbligo di nominare un energy manager, ma non vengono fornite obbligatorietà sui requisiti (o sulle certificazioni) che la figura deve avere: si può diventare manager dell’energia pur non avendo le caratteristiche indicate dal decreto 115/2008 e dalla norma UNI CEI 11339.

 

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