Fibre ottiche per monitorare le balene

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Le balene, enormi mammiferi, vivono in un ambiente ancora più grande, gli oceani, e per studiare le loro abitudini i ricercatori utilizzano metodi diversi, tra cui localizzazione satellitare, rilievi aerei, avvistamenti da natanti specializzati e idrofoni per ascoltare i suoni di richiamo. Per la prima volta gli scienziati della Cornell University, con una sperimentazione condotta nell’arcipelago delle Svalbard, la parte più settentrionale della Norvegia, sono riusciti ad “ascoltare” le balene utilizzando un mezzo trasmissivo a prima vista inusuale: le fibre ottiche. Più precisamente, sono state utilizzate le fibre ottiche extra, o dark fiber, non installate in un cavo per comunicazioni sottomarine, senza quindi disturbare il normale flusso di dati e informazioni.

Il rilevamento acustico distribuito

Tramite una tecnica denominata DAS, Distributed Acoustic Sensing, i ricercatori sono riusciti a trasformare queste fibre in una lunga catena virtuale di idrofoni, in sostituzione dell’equivalente reale che è molto costoso, con in più la possibilità di coprire una vasta area. Nel dettaglio, da una stazione a terra viene inviato un impulso laser di cui si attende il ritorno. Le fibre ottiche però contengono impurità di varia natura che quando sottoposte a piccoli spostamenti causati dall’impatto di suoni di origine subacquea determinano un ritardo nel ritorno dei segnali, che possono così essere interpretati come dati acustici e registrati a intervalli regolari. In pratica, il riferimento è al classico fenomeno di modifica delle caratteristiche trasmissive di una fibra ottica quando sottoposta a stress di origine esterna, in questo caso la pressione associata alle onde acustiche emesse dalle balene.

La suddetta tecnica si ritiene abbia tutte le potenzialità per modificare la bioacustica marina, tenendo anche conto che i cavi sottomarini sono ovunque nel mondo, quindi anche nelle aree di interesse per lo studio delle balene. Ma non mancano le sfide: questa lunga catena di idrofoni virtuali è sensibile a qualsiasi tipo di onde sonore per esempio generate da una nave di passaggio ma anche da lontani terremoti, ragione per cui la ricerca sta approfondendo le metodologia di analisi per riuscire a filtrare i dati e riferirli esclusivamente ai grandi mammiferi che popolano gli oceani.

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