Idee innovative per il prossimo futuro

bonanno antonino

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Idee innovative per il prossimo futuro delle macchine agricole. Trasmissioni ibride, sistemi di comunicazione avanzati, powertrain innovativi. Dove tira il vento dell’innovazione nel settore delle macchine agricole? Facciamo il punto della situazione 

Al giorno d’oggi ci sono due importanti linee di ricerca per migliorare le performance dei propulsori dei trattori agricoli. Una è quella di migliorare le prestazioni della trasmissione per soddisfare le esigenze di guida di veicoli basati su fonti di alimentazione tradizionali, come la trasmissione a variazione continua (CVT) che è stata ampiamente utilizzata negli ultimi anni per fare in modo che il motore abbia la potenza ottimale in diverse condizioni di lavoro. Un’altra tendenza è quella di studiare il lavoro coordinato di diverse fonti di alimentazione, al fine di garantire il superamento delle carenze di potenza mediante una doppia fonte di alimentazione, composta da un motore a combustione interna (ICE) e un motore elettrico (EM), con l’assistenza del motore elettrico per colmare la parte di carico non soddisfatto dall’ICE, migliorando al contempo anche l’efficienza energetica del sistema. I trattori agricoli vengono impiegati per svolgere le operazioni più disparate: dalla movimentazione dei carichi all’aratura, al trasporto su strada a velocità consistenti (anche maggiori dei 40km/h cui sono limitati per il codice stradale italiano). Quando eseguono lavorazioni in campo, come ad esempio l’aratura, devono garantire principalmente trazione e forza di traino; quando effettuano il trasporto su strada, devono garantire il raggiungimento di elevate velocità, senza penalizzare i consumi e le emissioni rumorose. Per soddisfare questi requisiti, i trattori dotati di trasmissioni a power-shift fanno ricorso a molti rapporti di velocità, grazie all’impiego di un certo numero di frizioni che collegano diversi alberi su cui sono calettate le ruote dentate; ma ciò rende anche complessa la struttura e il controllo della trasmissione. I trattori dotati di trasmissioni CVT (Continuously Variable Transmission), invece, sfruttano il collegamento in parallelo, mediante un rotismo epicicloidale, di un gruppo trasformatore (solitamente una trasmissione idrostatica, ma potrebbe anche essere un motore elettrico) con un albero di trasmissione meccanico. Grazie a questo tipo di collegamento è possibile ottenere un numero infinito di rapporti, compresi tra il minimo ed il massimo, fisicamente limitati dalla dimensione dei componenti della trasmissione. Grazie all’ampia gamma di rapporti di velocità garantita rispetto ai trattori con cambio power-shift, o con cambio tradizionale, la struttura degli spazi è ottimizzata e il peso dell’intero powertrain è ridotto. Inoltre, il comfort di guida del trattore è migliorato grazie al minor numero di cambi marcia e l’efficienza dell’intero powertrain risulta incrementato, perché l’ICE funziona sempre nella zona di rendimento massimo. Per fare alcuni esempi, la trasmissione idromeccanica sviluppata da Fendt divide la potenza attraverso l’ingranaggio planetario, eliminando la necessità di complesse trasmissioni a più marce e consentendo al trattore di essere azionato su un’ampia gamma di velocità, semplicemente controllando l’angolo di rotazione della pompa e del motore (0∼45◦); ma le trasmissioni con pompa e motore a cilindrata variabile sono più costose rispetto a quelle che sfruttano una pompa variabile e un motore a cilindrata fissa. La trasmissione idromeccanica a 4 ingranaggi epicicloidali sviluppata da Steyr può erogare velocità variabile a regime motore costante e ottenere una regolazione continua della velocità della gamma di velocità da 0 a 50 km/h avanti e indietro senza interruzioni di alimentazione; ma l’integrazione tra la struttura degli ingranaggi multi-planetari e la strategia di controllo del cambio è tutt’altro che banale [1].

Fig. 1 – Schema del trattore ibrido proposto da Zhu et al.

Anche nel settore automotive sono state sviluppate trasmissioni powershift, sempre con l’obiettivo di far lavorare l’ICE nella zona di massima efficienza energetica. Anche in questo caso l’accoppiamento tra i due sistemi avviene mediante un rotismo epicicloidale, ma al posto della trasmissione idrostatica si impiega un motore elettrico [2]. Solo di recente si sta assistendo ad un simile cambio di layout nel settore dei trattori agricoli. Landini [3] ha recentemente presentato il modello REX 4 electra, che prevede l’installazione di motori elettrici sull’assale anteriore, mentre la driveline risulta essere composta da un tradizionale cambio meccanico robotizzato. Un altro esempio di trattore agricolo che combina una doppia sorgente di potenza (elettrica + ICE) è stato recentemente presentato da alcuni ricercatori cinesi [4]. In questo caso (figura 1),  le due sorgenti di potenza possono lavorare alternativamente o in sincrono. Il motore a combustione viene interfacciato col veicolo mediante una tradizionale trasmissione idromeccanica powersplit, mentre il motore elettrico si trova calettato sul ramo meccanico, quindi può intervenire in diversi modi: 1) può sommare la propria potenza a quella fornita dall’ICE, 2) se non alimentato viene visto come una semplice massa volanica, senza interferire col funzionamento della idromeccanica; 3) se il ramo idraulico ha la pompa a cilindrata zero, il moto viene fornito esclusivamente dal motore elettrico, trasformando quindi il trattore in un ZEV (Zero Emission Vehicle).

Fig. 2 – Curva di efficienza della trasmissione ibrida elettro-idromeccanica

La soluzione proposta dai ricercatori cinesi risulta interessante, perché permette di far coesistere diverse modalità di funzionamento della trasmissione, che possono essere impiegate a seconda delle condizioni di lavoro richieste dal trattore. In particolare (figura 2), si nota che la trasmissione permette al veicolo di avviarsi in modalità totalmente idrostatica [F(H)], per garantire il necessario rapporto di trasmissione per le lavorazioni in campo o quando è necessario avviare il veicolo con un carico elevato. In funzione delle frizioni e dei freni che vengono azionati (si rimanda all’articolo in bibliografia per maggiori dettagli), è possibile passare, all’aumentare della velocità, attraverso due modalità di funzionamento powersplit con suddivisione di coppia, [F(HM-1)], [F(HM-2)] in modo da mantenere elevata l’efficienza della trasmissione al variare delle cilindrate, e quindi delle efficienze, delle unità idrostatiche. Nell’ultima fase del diagramma, grazie all’intervento del motore elettrico calettato sul ramo meccanico, è possibile trasformare la trasmissione in una idromeccanica a suddivisione di velocità, la cui efficienza aumenta all’aumentare della velocità del veicolo, dato che in queste condizioni il ramo idraulico tende al sincronismo e la maggior parte della potenza fluisce attraverso il ramo meccanico. Secondo gli autori la trasmissione così concepita è in grado di garantire una efficienza pari a circa l’80% in un range di velocità comprese tra 10 km/h e 60 km/h.

Smart Farming

L’innovazione nel settore delle macchine agricole non può prescindere dall’impiego delle ultime tecnologie in termini di sistemi di comunicazione e sensorizzazione. L’impiego di sensori intelligenti, droni e trattori autonomi rappresenta l’immediato futuro della meccanizzazione agricola, soprattutto al fine di rendere le lavorazioni su terreni e colture sempre più eco-compatibili e sostenibili. Questa trasformazione digitale coinvolge una o più tecnologie come Internet of Things (IoT), Big Data, Blockchain, Digital Twin e analisi dei dati in tempo reale mediante algoritmi di Intelligenza Artificiale (AI). L’IoT, ad esempio, è considerato un vero punto di svolta nel sistema agroalimentare in quanto può migliorare drasticamente produttività e sostenibilità.

Fig. 3 – Approccio impiegato nella ricerca sull’uso del 5G nelle Smart Farming

La produttività aumenta non solo grazie al lavoro automatizzato sul campo, ma anche grazie a un migliore processo decisionale, sfruttando i dati in tempo reale su colture, prodotti e tracciabilità lungo tutta la filiera alimentare. La tecnologia blockchain nei sistemi alimentari biologici, ad esempio, può migliorare la tracciabilità dell’utilizzo dei pesticidi e la trasparenza delle informazioni sugli alimenti e l’ubicazione dei prodotti mentre questi si spostano lungo la catena di approvvigionamento dal campo alla tavola [5]. In alcuni casi, la fattoria non necessita nemmeno più di controlli manuali, per l’azionamento delle serrande o dei sistemi di climatizzazione dei locali in funzione dell’illuminazione e della stagione meteorologica. Vi sono diversi esempi di computer connessi a reti di monitoraggio (illuminazione, irrigazione, temperatura, umidità, ecc.) dell’azienda agricola al fine di poter facilitare e supportare il processo decisionale dell’agricoltore. Tutte queste tecnologie, che hanno ed avranno sempre di più in futuro un ruolo chiave per lo sviluppo di un’agricoltura di precisione, necessitano della possibilità di trasferimento dei dati in tempo reale, ossia di una connessione ad alta velocità. Le attuali reti di comunicazione (3G/4G, WiFi, ecc.) a causa delle limitazioni sulla disponibilità delle infrastrutture (WiFi) o sulla larghezza di banda (3G/4G) non permettono un efficace trasferimento dei dati, quando invece la necessità di connettere device differenti che dialogano tra loro necessiterebbe del contrario. La mancanza di una rete di comunicazione efficiente è particolarmente evidente nelle aree rurali, laddove l’agricoltura di precisione potrebbe fornire risultati rilevanti, grazie allo scambio in tempo reale di dati e informazioni che possono aiutare il processo decisionale nelle operazioni quotidiane delle aziende agricole. Il numero crescente di dispositivi IoT necessari per l’agricoltura intelligente, richiede una connettività ad alta velocità per superare i problemi con l’attuale 3G/4G nella gestione di questo gran numero di dispositivi.

Il termine generico “5G” sta per le nuove tecnologie di comunicazione di quinta generazione che garantiscono bassa latenza, velocità di uplink e download più elevate e un numero maggiore di dispositivi connessi. Gli spettri compresi tra 2,4 e 3,5 Ghz hanno una copertura simile a quella dell’attuale rete LTE (Long Term Evolution), la cosiddetta banda media 5G. Velocità più elevate si ottengono utilizzando frequenze più elevate, ad esempio 3,5 GHz o superiori. La mancanza di una connessione wireless coerente e robusta nelle aree rurali potrebbe essere risolta da questa connettività ad alta velocità e bassa latenza. Un interessante studio sull’impatto delle nuove reti di comunicazione 5G sull’agricoltura di precisione è stato recentemente svolto da due ricercatori della Wageningen University, in Olanda [6], nel quale sono stati trovati 5 punti chiave che caratterizzano l’impiego di questo tipo di sistema di comunicazione: (1) la connettività 5G permette la creazione di un sistema di gestione/monitoraggio della filiera agri-food; (2) il 5G facilita l’impiego di dispositivi (es. motoseghe, tagliabordi, tagliaerba, ecc.) che inglobano sistemi IoT; (3) la maggiore velocità di questo sistema di comunicazione permette di ridurre i tempi di calcolo/monitoraggio della smart-farm; (4) è possibile implementare una gestione real-time della supply chain; (5) il 5G permette di implementare una azienda agricola intelligente dove le macchine possono dialogare tra loro, con il gestore e con il costruttore in modo più efficace. Sul mercato si stanno già diffondendo prodotti per l’agricoltura ed il giardinaggio che inglobano sistemi IoT, ad esempio per implementare logiche di manutenzione preventiva. In questi casi è importante che la macchina, sia essa un tagliaerba o un trattore da frutteto, abbia la possibilità di dialogare “facilmente” con la casa madre, al fine di informarla sullo stato d’uso e sulla necessità di intervenire prima che il guasto si manifesti. La maggiore disponibilità di connessioni veloci ed affidabili permetterà una maggiore efficacia di tali sistemi e contribuirà alla diffusione delle smart-farm.

Fuel-cell e macchine agricole un connubio possibile

L’idrogeno è un vettore energetico fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione che sono stati dichiarati e saranno adottati nei prossimi decenni. L’idrogeno può essere impiegato direttamente come combustibile nei motori a combustione interna (ICE), oppure può essere utilizzato per produrre energia elettrica mediante dei generatori noti come fuel-cell (celle a combustibile). Nonostante queste potenzialità in passato l’impiego dell’idrogeno è stato limitato da vari fattori, come il basso costo dei combustibili tradizionali, ad esempio il metano, e per dei limiti tecnologici (produzione e stoccaggio) che sembravano insormontabili. Al giorno d’oggi le cose sono molto cambiate e le nuove tecnologie di produzione, stoccaggio e distribuzione di questo gas, lo rendono una valida alternativa per lo sviluppo di macchine agricole green. Sebbene sia possibile bruciare direttamente l’idrogeno in un ICE tradizionale, questa soluzione è termodinamicamente svantaggiosa. Meglio impiegarlo come combustibile per una fuel-cell.

Fig. 4 – Schema elementare di una cella a combustibile

La figura 4 mostra uno schema elementare di una cella a combustibile, in cui è chiaramente visibile la similitudine con la batteria. Si può notare che la cella a combustibile è composta da due semi-celle. Una è il sito della reazione di ossidazione e l’altra è il sito della reazione di riduzione. Collegando un elemento metallico con la semi-cella in cui si verifica l’ossidazione si ha l’anodo, ossia il terminale negativo della cella. Se ne deduce che collegando un elemento metallico con la semi-cella sede della reazione di riduzione si avrà il polo positivo, ossia il catodo. In modo del tutto simile ad una batteria, tra il catodo e l’anodo vi è un elettrolita, ossia una sostanza che consente il passaggio degli ioni. Nella cella a combustibile PEM, ad esempio, l’elettrolita è costituito da una membrana polimerica. Infine, vi è un catalizzatore, di solito platino, che serve a facilitare la divisione dell’idrogeno in ioni (cariche positive) e elettroni (cariche negative) all’anodo e la combinazione dell’idrogeno e dell’ossigeno al catodo. Quando la cella viene collegata al carico, il combustibile (idrogeno) viene convertito in ioni idrogeno ed elettroni nell’anodo. Gli elettroni fluiscono esternamente per alimentare il carico e gli ioni idrogeno fluiscono attraverso l’elettrolita fino al catodo. Le molecole di ossigeno, gli ioni idrogeno e gli elettroni si combinano al catodo per generare molecole d’acqua che costituiscono lo scarico di questo “motore”. L’acqua però non è il solo scarto della cella: la reazione di ossidoriduzione è esotermica, quindi la cella deve essere dotata di un sistema di gestione della temperatura che la faccia lavorare a temperatura costante. La gestione termica della cella, così come la purezza dell’idrogeno impiegato per alimentarla, costituisce un elemento critico che non deve essere trascurato per evitare di “bruciare” la cella. Questo sistema di gestione della cella viene normalmente alimentato dalla cella stessa e assorbe circa un 20% della potenza disponibile. Bisogna comunque tener presente che la cella a combustibile è una macchina piuttosto efficiente che garantisce efficienze energetiche nell’ordine del 50-65%. Molti costruttori si stanno adoperando per produrre macchine agricole ibride, in cui un classico ICE viene accoppiato ad un motore elettrico, che lo aiuta nei momenti di picco. Ma tali soluzioni si scontrano con il dimensionamento e la gestione delle batterie, che rubano spazio e apportano peso. L’impiego dell’idrogeno permetterebbe di bypassare questo problema e di sostituire integralmente il motore a combustione interna con un sistema che ha un serbatoio simile a quello che si impiega per il gasolio (ma che lavora ad una pressione di 700 bar!) e che produce come gas di scarico vapore acqueo. Alcuni ricercatori statunitensi hanno voluto andare in fondo al problema ed hanno presentato un studio tecnico-economico inerente le performance e il costo di un veicolo heavy duty azionato mediante fuel-cell alimentate a idrogeno [7].

Fig. 5 – Efficienza del motore e dell’intera powertrain al variare della potenza

In particolare, i ricercatori hanno considerato, tra diverse macchine operative, come loader ed escavatori, anche dei trattori di diversa taglia (da 50 a più di 300 CV) che quindi possono coprire un’ampia fascia di impieghi: dal frutteto al campo di grandi dimensioni. Nello studio qui considerato il trattore di riferimento ha un motore diesel e una trasmissione tradizionale, ciò per evitare di allargare troppo il campo delle possibili variabili al variare della configurazione della driveline (power-split; power-shift, ecc.). Questo trattore viene confrontato con uno di analoga potenza ma azionato da una driveline elettrica che include uno stack di fuel-cell PEFC (polymer electrolyte fuel cell) in abbinamento ad una batteria che permette di gestire i picchi di richiesta di potenza, mentre è stata trascurata la possibilità di recupero energetico in frenata. Per motivi di spazio non è possibile riportare qui i dettagli dello studio dei ricercatori statunitensi, ma è possibile riassumere, a grandi linee, le loro conclusioni. Nella figura 5 sono mostrate, con linee continue, le curve di efficienza della fuel-cell (FC) e del motore diesel (DE), mentre con linee tratteggiate le efficienze dell’intero powertrain (motore più trasmissione). Nel caso delle potenze minori, l’efficienza del powertrain azionato da fuel-cell supera di circa il 60% quello di un powertrain tradizionale, mentre tale vantaggio si riduce a circa il 20% per le potenze più elevate. Combinando questi dati con il costo del carburante (1,5 €/litro) per il gasolio e (4 €/kg) per l’idrogeno si ottiene che per le taglie più piccole, diciamo fino a 150 CV, il powertrain con fuel-cell garantisce un risparmio economico tra 2 e 5 euro per ora di lavoro, mentre per potenze maggiori il powertrain diesel risulta sempre più conveniente. Ciò a dimostrazione che non ha senso fare delle guerre tra fazioni (elettrico Vs diesel), ma bisogna sempre guardare i numeri.

Riferimenti bibliografici

[1]            A. Rossetti, Antonio Rossetti, Antonio; MacOr, “Multi-objective optimization of hydro-mechanical power split transmissions,” Mech. Mach. Theory, vol. 62, pp. 112–128, 2013, doi: 10.1016/J.MECHMACHTHEORY.2012.11.009.
[2]            D. Mansour, C.; Clodic, “Dynamic modeling of the electro-mechanical configuration of the Toyota Hybrid System series/parallel power train,” Int. J. Automot. Technol., vol. 13(1), pp. 143–166, 2012, doi: 10.1007/s12239-012-0013-8.
[3]            Landini, “Landini REX4 Electra – Evolving Hybrid – Landini.” https://www.landini.it/en/landini-rex4-electra-evolving-hybrid/.
[4]            Z. Zhu, L. Lai, X. Sun, L. Chen, and Y. Cai, “Design and Analysis of a Novel Mechanic- Electronic-Hydraulic Powertrain System for Agriculture Tractors,” IEEE Access, vol. 9, pp. 153811–153823, 2021, doi: 10.1109/ACCESS.2021.3126667.
[5]            M. van Hilten, G. Ongena, and P. Ravesteijn, “Blockchain for Organic Food Traceability: Case Studies on Drivers and Challenges,” Front. Blockchain, vol. 3, no. September, 2020, doi: 10.3389/fbloc.2020.567175.
[6]            M. van Hilten and S. Wolfert, “5G in agri-food – A review on current status, opportunities and challenges,” Comput. Electron. Agric., vol. 201, no. August, p. 107291, 2022, doi: 10.1016/j.compag.2022.107291.
[7]            R. K. Ahluwalia, X. Wang, A. G. Star, and D. D. Papadias, “Performance and cost of fuel cells for off-road heavy-duty vehicles,” Int. J. Hydrogen Energy, vol. 47, no. 20, pp. 10990–11006, 2022, doi: 10.1016/j.ijhydene.2022.01.144.
(di Antonino Bonanno)

 

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