Digital Transformation, la misura per implementare le tecnologie 4.0

Condividi

Al fine di favorire le Pmi nella trasformazione tecnologica e digitale dei propri processi produttivi, il MiSE offre contributi e finanziamenti, sostenendo le spese per le tecnologie abilitanti e quelle per le soluzioni di filiera.

La struttura industriale italiana si basa su numerose realtà imprenditoriali operanti nel comparto manifatturiero: sono il motore della crescita e dello sviluppo economico, portano ricchezza e occupazione e si collocano lungo l’indotto produttivo, contribuendo alla stabilità finanziaria del paese. È questo il motivo per cui una grande attenzione va dedicata al substrato imprenditoriale, senza la cui protezione si rischierebbe di bloccare ogni ingranaggio di crescita. E, sempre per le medesime ragioni, da qualche anno la politica industriale è al centro dell’agenda governativa. Quello che si è realizzato negli ultimi tempi, attraverso misure agevolative costantemente aggiornate, è un importante risultato, sebbene sembri non essere mai abbastanza.

Sono state diverse le agevolazioni che abbiamo analizzato lungo il percorso di questo 2022; per concludere l’anno ci focalizzeremo su una misura particolarmente interessante con una copertura temporale molto ampia: la misura Digital Transformation.

Con apposito decreto, il MiSE stabilisce criteri e condizioni per concedere agevolazioni alle Pmi, sostenendo i progetti di investimento nonché quelli di innovazione di processo e di innovazione dell’organizzazione.

Le Pmi, i soggetti beneficiari della misura

La misura Digital Transformation rappresenta una preziosa opportunità per le imprese del manufacturing che, nella forma di Pmi, possono presentare domanda per accedere al beneficio. Tra i requisiti richiesti è prevista l’iscrizione al Registro delle imprese, con status attivo. Le stesse Pmi, poi, dovranno operare, in via prevalente o primaria (e anche alternativa o cumulativa), nel settore manifatturiero, in quello dei servizi diretti alle imprese manifatturiere, nel settore turistico e in quello del commercio. È fondamentale che l’impresa abbia depositato e approvato almeno due bilanci e, dall’ultimo, si dovrà evincere che ricavi di vendite e prestazioni risultino pari ad almeno 100 mila euro. Non saranno ammesse le imprese sottoposte a procedura concorsuale e quelle che risultino in stato di fallimento, di liquidazione anche volontaria, di amministrazione controllata, di concordato preventivo o che versino in altre situazioni equiparabili alle suddette condizioni speciali.

Le imprese, piccole e medie, potranno presentare i progetti anche congiuntamente, a condizione che non siano più di dieci. Le associate dovranno comunque presentare tutte le caratteristiche richieste alla singola impresa (iscrizione, attività, bilanci, assenza di procedure concorsuali) e, con riferimento al requisito dei ricavi di vendite e prestazioni, andranno presi in considerazione gli importi dei singoli partecipanti, la cui sommatoria dovrà raggiungere il valore minimo previsto dalla normativa, ovvero 100 mila euro.

Per associarsi, i soggetti giuridici potranno utilizzare il contratto di rete o qualsiasi altra forma di collaborazione, tra cui il consorzio o l’accordo di partenariato. Dovrà però esserci, tra le varie parti, una collaborazione effettiva, stabile e coerente, rispetto agli obiettivi del progetto: deve emergere, nell’accordo, una chiara suddivisione delle competenze, con la precisa definizione di tutti gli aspetti connessi alla proprietà, all’utilizzo e alla diffusione dei risultati del progetto. Va individuato un soggetto capofila che dovrà necessariamente essere un DIH (Digital Innovation Hub) o un EDI (Ecosistema Digitale per l’Innovazione).

 

Articoli correlati