Studiare il cervello con le fibre ottiche

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Le tecniche di imaging finora usate per lo studio del cervello umano, come la risonanza magnetica e la TAC, permettono di indagarne la struttura, ma altre metodologie si stanno imponendo. Tra queste, si stanno rivelando molto promettenti quelle basate sull’uso delle fibre ottiche, in particolare la fiber photometry, una tecnica di imaging per lo studio dei circuiti neurali sviluppata nel 2005 da un team dell’Università di Monaco di Baviera e utilizzati sui topi per registrare i cambiamenti di ioni di calcio corticali, ovvero quelli dello strato esterno del cervello. Questo approccio implica l’impianto di fibre ottiche nel cervello per osservare e registrare l’attività degli ioni a livello di specifici tipi di cellule, centrali nel controllo di attività come il movimento sinaptico e la formazione della memoria. Le fibre ottiche non sono difficili da impiantare, sono indifferenti alle interferenze elettromagnetiche e, in quanto leggere e sottili, non impediscono i normali movimenti dei soggetti sottoposti alla sperimentazione.

L’evoluzione della fotometria

Partendo da questa base iniziale, ricercatori cinesi e inglesi hanno sviluppato nel 2015 un sistema di fotometria in fibra di tipo multicanale in grado di monitorare in simultanea le attività neurali in diverse aree cerebrali e, successivamente, è stata realizzata una piattaforma specifica per gli assoni, i collegamenti tramite sinapsi tra neuroni, avvicinandosi così a una migliore comprensione di come avviene l’elaborazione delle informazioni durante l’attività di tipi diversi di animali.

Infine, è stato sviluppato uno strumento di fotometria che ha permesso di migliorare le manipolazioni neuronali basate sull’optogenetica. Questa nuova unità di fotometria a trasmissione interamente in fibra, consente la manipolazione optogenetica simultanea e la registrazione multicolore dei segnali dei neurotrasmettitori in animali che possono liberamente muoversi ed è oggi riconosciuto come il metodo per eccellenza per indagare i circuiti neuronali e arrivare a comprendere le cause delle malattie a essi connesse. A questo punto manca solo il passaggio dagli animali all’uomo, una volta definiti e certificati i protocolli di applicazione della tecnologia a livello medico.

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