Pannelli fotovoltaici autopulenti: ancora più sostenibili

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Il fotovoltaico è oramai considerata la tecnologia più a basso costo per generare elettricità in modo non inquinante, ma, come si vedrà in seguito, c’è un aspetto che mette in dubbio la sostenibilità di questa tecnologia.

La superfici dei sistemi solari a livello globale è attualmente stimata in oltre 3000 km2, ed entro il 2030 si prevede che l’energia solare rappresenterà il 33% della produzione globale di elettricità, con gran parte dei pannelli solari installati in aree aride, dove la luce solare è, se così si può dire, abbondante.

Un problema trascurato: la contaminazione superficiale

Un problema spesso trascurato è la contaminazione superficiale dei pannelli, che si traduce in un abbattimento dei rendimenti energetici.

La concentrazione di polvere nell’aria è il principale fattore causa dello sporco che si accumula, ma devono essere considerati anche escrementi di uccelli, biofilm di batteri, alghe, detriti vegetali, polline, scarichi dei motori ed emissioni industriali.

Secondo il Massachusetts Institute of Technology, la contaminazione dei pannelli può portare a un forte calo della produzione di energia, anche del 30% in un mese,  e se anche solo una riduzione dell’1% si stima possa determinare per un impianto da 150MW una perdita annuale di  200.000 dollari,  a livello mondiale una riduzione dal 3% al 4% comporterebbe una perdita tra 3,3 e 5,5 miliardi.

Essenziale quindi una periodica pulizia, che pero è drammaticamente water-consuming. Infatti, recenti studi valutano in circa 80 litri l’acqua di pulizia associata alla produzione di un megawatt-ora, e nel 2021 sarebbero stati consumati 75,71 miliardi di litri.

Una proiezione al 2030 indica un consumo di 560 miliardi di litri, quantità che equivale a garantire più di un litro d’acqua al giorno e per un anno a circa un miliardo di persone: questo mette in crisi la futura sostenibilità del fotovoltaico.

Superfici ad alta prestazione

Ma forse c’è una soluzione, che sfrutta una tecnologia laser inventata dalla Fusion Bionic, spinoff del Fraunhofer Institute, e denominata Direct Laser Interference Patterning (DLIP), usata a livello industriale per ottenere superfici ad alte prestazioni con caratteristiche particolari, per esempio attrito ridotto e migliori capacità di contatto. L’azienda, come successivo sviluppo, ha recentemente realizzato un processo laser basato sulla sua tecnologia DLIP per abbattere significativamente lo sporco sulle superfici di vetro conferendo proprietà autopulenti.

Si tratta di una speciale testurizzazione laser modellata su quello che i progettisti definiscono “effetto foglia di loto”, che non richiede alcun rivestimento aggiuntivo e non influisce sulla trasparenza del vetro.

I primi test stanno dando risultati positivi: unica avvertenza, la superficie del vetro pare debba poi essere inclinata di almeno 25 gradi.

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