Sviluppato un biopoliestere simile al PET dai rifiuti agricoli

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Può essere stampato o lavorato come la plastica tradizionale. Resiste alla trazione e al calore, offrendo una buona barriera superficiale ai gas. Ma soprattutto è biodegradabile e riciclabile. È il biopoliestere sviluppato dagli scienziati dell’École Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL), in Svizzera.

Produrre plastica bio in grado di competere con quelle di origine petrolifera non è compito facile. Per trovare un’applicazione commerciale, non basta che l’alternativa verde fornisca tutte le caratteristiche tecniche necessarie all’uso finale. Deve anche poter essere prodotta facilmente con le tecnologie esistenti e a bassi costi. Dando la possibilità di chiudere il cerchio, ossia permettendo ai suoi rifiuti di divenire nuovamente materie prime.

Obiettivi impegnativi su cui si è cimentato il nuovo lavoro dell’EPFL. I ricercatori, guidati dal professor Jeremy Luterbacher, hanno realizzato, a partire da zuccheri ligneocellulosici, una plastica simile al PET, qualitativamente interessante e rispettosa dell’ambiente. Essenzialmente si cuoce il legno o altro materiale vegetale non commestibile, come i rifiuti agricoli, in prodotti chimici economici per produrre un precursore plastico in un solo passaggio.

Mantenendo intatta la struttura dello zucchero all’interno della architettura molecolare finale della plastica, la chimica è molto più semplice delle alternative attuali che comportano molte modifiche. Gli scienziati hanno impiegato l’acido gliossilico per attaccare gruppi appiccicosi su entrambi i lati delle molecole di zucchero dell’emicellulosa. Si tratta del polisaccaride complesso, che, assieme alla cellulosa e alla lignina, costituisce le pareti cellulari delle piante.

Il processo consente alle molecole di comportarsi come precursori della plastica. Con questa semplice tecnica è possibile trasformare in plastica fino al 25% del peso dei rifiuti agricoli, o il 95% dello zucchero purificato.

Ottimi presupposti

Il biopoliestere ottenibile ha buone proprietà meccaniche, fisiche e chimiche, che lo rendono utilizzabile in ambiti che vanno dall’imballaggio alimentare al tessile. Non solo: sebbene siano ancora necessari studi di biodegradazione standardizzati, la natura intrinsecamente degradabile di questi materiali ha facilitato il loro riciclaggio chimico tramite metanolisi a 64 °C e l’eventuale depolimerizzazione in acqua a temperatura ambiente.

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