Il riciclo delle batterie EV apre nuove strade al manifatturiero

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Le norme europee prevedono il riciclo delle batterie agli ioni di litio. Conseguenza? Sta nascendo un nuovo settore, in cui le aziende che producono macchinari e sistemi di automazione e componenti potrebbero avere un ruolo da protagoniste

Un nuovo settore industriale, capace di generare un volume d’affari di 6 miliardi di euro all’anno all’interno dell’Unione europea. Il comparto in questione è quello del riciclo delle batterie e – dice uno studio curato dalla associazione industriale Motus-E, Pwc e Politecnico di Milano – se l’Italia non vuole perdere la sfida con i suoi concorrenti industriali, deve entrarci in fretta. Il punto di partenza di tutto il ragionamento è la svolta verso l’elettrico, con il conseguente boom delle batterie agli ioni di litio. Per ora, girando per strada non ce ne si rende quasi conto, sembra un fenomeno di nicchia, ma le prospettive per i prossimi anni sono impressionanti.  Secondo la multinazionale della consulenza Ernst & Young, entro il 2030 le vendite di veicoli elettrici supereranno quelle delle auto con motori a combustione in Europa, Cina e Stati Uniti, cioè i più grandi mercati automobilistici del mondo. Entro il 2045, le macchine diesel e benzina rappresenteranno solo l’1% del totale a livello globale. Visto che le norme europee prevedono il riciclo delle batterie, il sillogismo è automatico: il riutilizzo di questi dispositivi darà vita a un nuovo settore industriale, o per lo meno farà a crescere a dismisura un comparto per ora marginale.

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Previsioni delle vendite di veicoli elettrici in Europa

L’Europa fornitore di impianti per il riciclo di batterie

Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cile, Cina, Repubblica democratica del Congo, Stati Uniti: come abbiamo raccontato nel numero di giugno (pagg. 24-27 di Organi di Trasmissione, ndR), sono questi i Paesi del mondo dove è sotterrata buona parte della ricchezza principale del nostro futuro energetico. Dal litio al cobalto, dalla grafite al nichel, le materie prime necessarie per la rivoluzione elettrica non stanno (quasi mai) sotto il suolo europeo. Per questo l‘Ue è corsa ai ripari con il Critical raw materials Act, la direttiva che punta a ridurre la dipendenza dall’estero grazie all’aumento della capacità interna di reperimento e raffinazione delle materie prime, ma soprattutto grazie all’economia circolare, cioè alla possibilità di riutilizzare i componenti della batteria arrivata a fine vita. Le possibilità che si aprono, per chi è interessato a rifornire gli impianti industriali di riciclo delle batterie, sono enormi, hanno scritto i ricercatori di Motus-E, Pwc e del Politecnico di Milano: «Complici i nuovi target Ue sul contenuto minimo di riciclato nelle batterie dei veicoli elettrici, al 2050 l’analisi stima infatti circa 3,4 milioni di tonnellate di batterie a fine vita pronte per essere riciclate in Europa, a fronte di una capacità che non supera oggi le 80.000 tonnellate/anno». In altre parole, per soddisfare la domanda il Vecchio Continente deve aumentare di oltre 4 volte la sua offerta.

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Marcello Colledani, docente presso il Dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano, tra i curatori del rapporto Motus-E

Come si sono attrezzate le aziende europee?

L’Italia al momento non ha all’attivo impianti per il riciclo di batterie di veicoli elettrici. I più grandi d’Europa si trovano in Germania, Francia, Belgio, Svizzera, Finlandia, Regno Unito. Ma nessuno di questi è stato pensato per il trattamento di batterie agli ioni di litio: lo studio spiega infatti che questi impianti sono stati progettati per batterie diverse (ad esempio al piombo). L’aumento vertiginoso della capacità di riciclo necessaria per soddisfare la domanda (pari a 3,4 milioni di tonnellate di batterie all’anno, cioè quasi 50 volte quella attuale), dovrebbe portare a costruire nuovi impianti e dunque a far crescere esponenzialmente gli investimenti. Per intercettare tutti i volumi generati sul territorio europeo – è la stima contenuta nel rapporto – saranno infatti necessari investimenti pari a circa 2,6 miliardi di euro, di cui 283 milioni destinati al mercato italiano.

La mappa del riciclo di batterie in Europa

Insomma, il settore si sta formando proprio adesso. Lo dimostra, ad esempio, quanto annunciato recentemente da Bosch. «La consociata Bosch Rexroth – ha fatto sapere il gruppo tedesco – fornirà a Battery Lifecycle Company, una joint venture tra TSR Recycling e Rhenus Automotive, il primo sistema completamente automatizzato d’Europa che si occuperà di scaricare e smontare i moduli delle batterie». L’inizio delle attività è previsto per l’estate di quest’anno e l’impianto, di proprietà di Battery Lifecycle Company e basato a Magdeburgo (a metà strada fra Berlino e Hannover), promette di riciclare fino a 15.000 tonnellate di materiali per batterie come nichel, cobalto e litio. Bosh fornirà la tecnologia necessaria, ovvero i macchinari per automatizzare il processo di riciclo. «I carrelli portapezzi del nuovo stabilimento – ha spiegato la multinazionale di Stoccarda – trasporteranno ciascuno fino a 150 kg di materiale a una velocità di 18 metri al secondo. Basteranno meno di 15 minuti per scaricare automaticamente otto batterie agli ioni di litio dalle auto elettriche. In questo modo, sarà possibile accelerare il processo di riciclo. Con il processo manuale in uso attualmente, occorrono fino a 24 ore per scaricare completamente una batteria».

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Materiali e componenti delle batterie EV

Bosch non è l’unica azienda coinvolta in questo nuovo business. Si cominciano a muovere nella stessa direzione anche le stesse case produttrici di auto. Lo ha già fatto ad esempio Volkswagen, che nel 2021 ha aperto il suo primo stabilimento per il riciclo di batterie a Salzgitter, cittadina a pochi chilometri da Hannover. Sempre in Germania, Mercedes ad aprile scorso ha annunciato di aver dato il via alla costruzione di uno stabilimento a Kuppenheim, nel sud del Paese, dove verrà installato un impianto pilota per il riciclo delle batterie delle auto elettriche. Lo stabilimento dovrebbe entrare in funzione nel 2024 e, una volta a regime, sarà in grado di riciclare fino a 2.500 tonnellate di accumulatori ogni anno, permettendo di produrre – secondo i piani aziendali – più di 50mila nuove batterie da installare sulle Mercedes elettriche. Ma non c’è solo la Germania. In Italia A2A, la multiutiliy lombarda dell’energia, è stata finora la prima e unica azienda ad impegnarsi in questa direzione. Nell’aggiornamento del piano strategico 2021-2030, l’azienda ha annunciato di voler investire in un impianto per il riciclo delle batterie con una capacità iniziale di 10mila tonnellate all’anno.

Il riciclo delle batterie EV: Le quattro fasi del processo di riciclo

Il processo di riciclo per le batterie dei veicoli elettrici è strutturato in quattro fasi principali. La prima, detta di preselezione e scarica, serve per isolare la batteria del veicolo e metterla in sicurezza rimuovendo l’energia residua. La seconda fase – la più interessante per il settore della meccanica – è quella del disassemblaggio: i moduli e le celle che compongono la batteria vengono liberati dalla sovrastruttura che le ingloba. Segue il processo di “pre-trattamento” – può essere meccanico, termico, chimico o una combinazione di questi tre – che ha lo scopo di liberare e pre-concentrare i metalli da riciclare in un mix di polveri anodiche e catodiche denominato “black mass”. Infine, c’è la fase del cosiddetto trattamento, che permette il recupero dei composti chimici contenenti i vari metalli. Quest’ultima fase può avvenire in vari modi: attraverso processi pirometallurgici si recuperano cobalto, rame e nichel; con i processi idrometallurgici si recuperano litio, cobalto e nichel; infine ci sono i processi per la rigenerazione di anodo e catodo.

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Il processo di riciclo per batterie EV è progettato per trattare un prodotto complesso

Le competenze ingegneristiche del Made in Italy

Che ruolo può avere l’Italia in questo nuovo settore economico? «Le competenze ingegneristiche del nostro Paese», sottolinea il segretario generale di Motus-E, Francesco Naso, «sono riconosciute in tutto il mondo: con le giuste politiche industriali possiamo metterle a frutto e diventare leader in molti ambiti della mobilità elettrica, come appunto il riciclo delle batterie. Si tratta di opportunità per rilanciare economia e occupazione che non possiamo regalare ad altri Paesi, ma bisogna essere veloci se vogliamo coglierle e sfruttarle appieno». Secondo lo studio, nel 2050 il settore potrebbe generare in Italia un fatturato annuo compreso tra 431 e 646 milioni di euro, con margini di guadagno stimati tra 121 e 337 milioni di euro. Questo solo considerando le batterie delle auto elettriche che si troveranno già sul territorio nazionale (sono dunque esclusi dal calcolo gli accumulatori che potremmo importare dall’estero e riciclare qui) e senza contare l’indotto del comparto. Ed è proprio nell’indotto che si concentrano le prospettive più interessanti per il mondo della meccanica italiana.

Il riciclo delle batterie EV apre nuove strade al manifatturiero

Spiega infatti Marcello Colledani, docente presso il Dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano, tra i curatori del rapporto: «Attualmente il disassemblaggio delle batterie avviene soprattutto in modo manuale. In vista degli aumenti di volume, è tuttavia auspicabile che il grado di automazione venga incrementato, così da rendere più sicuro e ripetibile il processo. In quest’ottica sarà necessario utilizzare sistemi robotizzati, con i relativi motori per la movimentazione dei giunti». Colledani, che al Politecnico di Milano è responsabile del laboratorio inter-dipartimentale CIRC-eV (Circular Factory for the electrified vehicle of the future), sottolinea anche un’altra opportunità per le aziende italiane. «Dal 2025 – spiega – la strategia Ue prevede la creazione di 25 gigafactory per la produzione di batterie. È chiaro che queste gigafactory, per rispettare la domanda europea di batterie, avranno bisogno di macchinari e sistemi di automazione. Attualmente queste apparecchiature arrivano in gran parte dall’Est del mondo, ma in prospettiva potrebbero essere fornite dall’industria europea, in particolare italiana. Per chi produce macchine utensili e, in generale, automazione, questa è una grande opportunità».

(Stefano Vergine)

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