Utensili, “attrezziamoci” a dovere

Emiliano Corrieri

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L’utensile di piegatura e lo spauracchio del costo vivo.

Dopo aver avuto la fortuna di conoscere moltissime realtà che lavorano la lamiera sono giunto a diverse considerazioni che si possono tradurre in una sola considerazione:

è fondamentale ascoltare di più la produzione.

Fatte salve le tante realtà iper-specializzate nella lavorazione della lamiera e che dispongono di mezzi e persone di altissimo livello, macchine di ultima generazione e utensili di ogni sorta, ne esistono molte altre che vorrebbero crescere ma sembrano più distratte a seguire i dettami dei “massimi sistemi” piuttosto che le cose pratiche che risolverebbero non pochi problemi.

Mi spiego meglio: i software gestionali, la tecnologia applicata alla 4.0, così come un buon marketing e chissà quanti altri aspetti per così dire “immateriali”, hanno sicuramente un’importanza enorme, ma non si deve mai perdere la rotta su quel che poi risulta all’origine del lavoro di un’azienda.

Per le cause più disparate si tende spesso a concentrarsi di più sulla testa che si deve avere per affrontare un duro percorso rispetto che… alle scarpe più adatte!

È così che si incontrano aziende che si presentano in maniera impeccabile, che fanno ottimi prodotti e che sanno venderli in tutto il mondo ma che, se si ha modo di immergersi nella produzione si rivelano meno attente su come la realizzazione di quegli stessi prodotti possa essere enormemente migliorata.

Oggigiorno può capitare che la direzione spenda più volentieri migliaia di euro per l’aggiornamento dei propri software o per migliorare la propria immagine rispetto ad acquistare un set di utensili per i piegatori.

“Eh, lo so… ma non ce li comprano”

In piegatura, si sa, esiste un livello di empirismo diversamente riscontrabile in altri processi.

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Ed è per questo che si trovano pratiche clamorosamente errate ma che sono state tramandate di generazione in generazione “perché così si fa”.

Complice il fatto che la formazione in tal senso è davvero recente e che la produzione è spesso un “sistema chiuso” senza possibilità di confronto con l’esterno, si finisce con il fatto che i prodotti vengono sistematicamente ingegnerizzati distrattamente seguendo le cattive abitudini che portano più danni che benefici a medio e lungo termine.

Alcuni esempi tra i tanti sono:

  • accoppiamenti tra matrici a 90°, pensate per lavorare specificamente per coniatura, e punzoni a 35°.
  • lavorare sempre “sotto matrice” anche quando non ve ne è alcun bisogno come, ad esempio, un 3mm di spessore in inox con cave da 12mm o, addirittura, da 10…
  • utilizzare “colli di cigno” con carichi molto superiori della loro portata massima con l’unico effetto di ritrovarsi nel tempo con tutti i set di utensili devastati e contestuali compensazioni funamboliche da parte degli operatori a suon di spessori di carta e chissà quale altra creativa diavoleria…

Più volte, durante l’affiancamento alla produzione mi sono trovato davanti a persone sconsolate, consce di non avere alcun peso nelle scelte strategiche e di acquisto della realtà in cui lavorano e che, mostrandomi disegni di pezzi da sempre realizzati in maniera totalmente fuori ogni criterio di valutazione mi sono sentito dire: «lo sappiamo che così non si dovrebbe fare e che è addirittura pericoloso… ma tanto gli utensili non ce li comprano!»

Perché questo atteggiamento che poi porta anche allo sconforto di parte dei collaboratori che non si sentono coinvolti nonostante alcuni di essi lavorino dando il massimo?

Le nuove importantissime competenze non devono dimenticarsi mai di “quelle vecchie”

Quante volte la giusta accelerazione tecnologica ha portato a realtà in cui si trovano persone sedute su vere e proprie montagne di dati a cui si deve saper dare necessariamente una interpretazione?

Vi sono competenze nuove, fondamentali e diverse.

Ma il fatto che “tutto sommato ha sempre funzionato” riguardo alla produzione non deve trarre in inganno: ci sono migliaia e migliaia di euro pronti a essere risparmiati sistemando come si deve la produzione.

Come?

1) Attrezzandosi a dovere con nuovi utensili per piegatura che sì, hanno un costo vivo (neppure così alto per lo meno nello standard) ma che se acquistati con cognizione di causa si ripagano brevemente e rendono in ogni caso la produzione molto più versatile. Una matrice o un punzone non sono un materiale “consumabile” e possono tornare utili molto spesso in futuro.

2) Pensando seriamente di dotarsi di almeno due o tre set completi per macchina, per lo meno quelli più usati per evitare situazioni tragicomiche in cui gli operatori sono continuamente costretti a cambiare produzione letteralmente “rubandosi” i punzoni e le matrici l’uno con l’altro.

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Il costo dei collaboratori che vanno continuamente avanti e indietro dall’armadio degli utensili (spesso messo in posti logici solo in apparenza) e la macchina è davvero complesso da giustificare al cliente: è puro spreco e, di conseguenza, mancato guadagno. Oltre a ciò, gli utensili in comune fanno sì che se un punzone viene danneggiato (cosa che può capitare, specie quando si lavora sistematicamente al limite) alla fine non è stato nessuno in quanto più o meno in buona fede… l’importante è produrre: speriamo che il problema di non riuscire a piegare capiti ad un altro!

3) Dove mettere gli utensili. L’armadio condiviso in maniera equidistante dalle macchine è un grande classico ma non è quasi mai la soluzione più corretta. Occorre uno studio molto semplice su quali siano le attrezzature usate maggiormente da una determinata macchina e pensare di avvicinare con appositi scaffali su ruote i set preposti. L’armadio condiviso può continuare ad esistere ma esclusivamente per gli utensili speciali o quelli usati di meno.

Un’azienda attrezzata è una realtà flessibile e dinamica

Quando si hanno in casa poco più che le matrici “a quattro V”, le classiche che si davano in dotazione alle macchine per cominciare a piegare, i limiti arrivano presto.

Come tutti gli attrezzi multiuso consentono di fare un po’ tutto, ma non sempre bene fino in fondo.

Per questo è assolutamente necessario immergersi nella produzione, coinvolgere i collaboratori che hanno materialmente il lavoro tra le mani affinché il loro aiuto diventi un valore prezioso quanto a efficientamento del processo e nella progettazione.

Produrre non è “vecchio”: è la base.

Parafrasando uno storico detto: “il giovane corre veloce… ma il vecchio sa la strada!

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