Finanziamenti agevolati alle imprese esportatrici

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Con un finanziamento a tasso zero, e una quota a fondo perduto, SIMEST offre sostegno alle imprese esportatrici danneggiate dal conflitto russo-ucraino.

L’ultimo triennio ha messo a dura prova gli scambi commerciali, per sopraggiunti eventi non dipendenti dalla volontà delle nostre imprese. Il blocco forzato, provocato dall’emergenza pandemica, ha influito sui flussi di vendita per almeno tutto il 2020 e, solo verso metà del 2021, le imprese sono riuscite a recuperare quota, con strappi economici importanti, non sempre ignorabili. Poi, mentre ci si avviava lungo una serena via della ripresa – non senza aver dovuto affrontare i ritardi della catena di approvvigionamento, causato dalle ripetute chiusure aziendali, a singhiozzo – la guerra russo-ucraina ha di nuovo sbaragliato le carte in tavola. Ma, come già accaduto nel 2020 durante l’emergenza pandemica, il governo ha introdotto diversi strumenti di sostegno, questa volta destinati alle imprese esportatrici colpite dal conflitto bellico, con l’obiettivo di salvaguardarne la competitività sui mercati internazionali. Attraverso SIMEST, infatti, viene immessa liquidità nel sistema, concedendo agli esportatori un finanziamento a tasso agevolato e, in specifici casi, anche contributi a fondo perduto.

Già nel 2022 erano state mobilitate diverse risorse per evitare un possibile stallo produttivo, a tutela delle imprese coinvolte direttamente e dell’intera filiera produttiva nazionale. Con una delibera del 28 febbraio 2023 approvata dal Comitato Agevolazioni di SIMEST, sono state introdotte alcune novità ed è ripartita la linea agevolativa, semplificando le condizioni di accesso. Il ricorso al credito governativo conferma, quindi, l’indubbio vantaggio del risparmio sugli interessi, che, altrimenti, andrebbero corrisposti all’ente creditizio di turno. Tuttavia, sono necessari specifici requisiti per rientrare nel privilegio erogativo. Analizziamo quali.

Anno 2022, la ripresa (e il crollo) dell’export

Sebbene oggi, a consuntivo, possiamo dire che il 2022 sia stato un anno buono per le aziende, con una conclusione inattesa e positiva, i primi mesi sono risultati particolarmente tesi, di seguito agli eventi bellici e all’aggressione russa in Ucraina. Stanche dopo un 2021 faticoso, le imprese italiane hanno dovuto affrontare un primo trimestre (forse anche un semestre) altalenante e impegnativo. Sebbene oramai istruite al peggio, dopo l’annus horribilis, alcune imprenditorie export oriented, operanti sul territorio bellico, sono state comunque costrette a diversificare i propri commerci, optando per nuovi mercati e cercando fornitori alternativi. Tuttavia, per qualcuna il danno è stato evidente, soprattutto in considerazione del fatto che il mercato russo ha sempre rappresentato una destinazione importante per l’export di macchinari italiani. È vero che, già da qualche anno, le sanzioni imposte dall’Unione europea alla Federazione avevano spinto molte imprese a differenziare i flussi export; è anche vero, però, che dai dati delle dogane risulta una significativa fetta di vendite in fieri. E lo dimostrano i valori Istat. Analizzando i dati dell’export decennale, relativo al comparto di nostro interesse, nel 2013 le imprese italiane hanno venduto alla Russia macchinari per quasi 38 milioni. Con le prime sanzioni del 2014, i flussi si sono inizialmente contratti ma nel 2019, ad esempio, si è registrato un totale export pari a 44.9 milioni, valore record dell’ultimo decennio. Con la crisi pandemica le cifre sono crollate (12.1 milioni a fine 2020), ma mentre i valori risalivano (26.8 milioni a fine 2021), il conflitto ha stroncato la ripresa: a fine 2022 le esportazioni di macchinari settoriali per le tecnologie del filo sono scese a 20.3 milioni. In realtà, questo dato indica anche che, tutto sommato, le vendite verso la Russia non si sono mai interrotte. Anzi, se nei primi 6 mesi del 2022 il valore export italiano è stato pari a 8 milioni, nel 2° semestre il flusso ha superato i 12 milioni, una volta “normalizzatasi” l’accettazione del conflitto in corso. Al di là di questo, però, la contrazione c’è stata, seppur inferiore a quanto si pensasse. Parliamo di 6.5 milioni di export in meno, nel 2022, rispetto al 2021 (-24%) e, quindi, è evidente una “sofferenza” commerciale. Pertanto, le aziende che effettivamente hanno subìto direttamente un danno, possono richiedere un aiuto statale.

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