Il manipolatore con organi di presa si inserisce in un ampio sistema che può essere inteso come complesso organico di robot collaboranti, ciascuno parte di una rete di sottosistemi cyber-fisici, collocati in un ambito strutturato e controllato, che obbedisce a logiche gestibili in un ambiente di Interne delle cose (IoT- Internet of Things).
Obiettivo è quello di giungere a una fabbrica intelligente, altrimenti detta anche “smart factory“, dove sono fondamentali sia gli oggetti IoT, cioè dispositivi sempre connessi dell’Internet of Things, sia i Big Data, come schematicamente rappresentato in Figura 1. La quarta rivoluzione industriale può essere descritta dal passaggio dalla scala allo scopo. Questo è un cambiamento epocale per la mentalità delle aziende che rivolgono la loro attenzione al singolo cliente e non a categorie di consumatori per definire le dinamiche di gestione e produzione. In quest’ottica e per il raggiungimento di obiettivi si mettono in campo la robotica, l’IoT, le tecnologie digitali, i Big Data e il cloud computing.
L’Internet of Things, nell’ambito dell’Industria 4.0, genera conseguenze ed esigenze in termini di lavoro, competenze e risorse. Con un migliore sfruttamento delle risorse, le aziende aumentano la produttività, preservando l’ambiente con un più leggero impatto e migliorando la qualità della vita sul pianeta. Inoltre, con questa strategia cambia il mercato del lavoro, poiché le competenze richieste sono più elevate, conseguentemente ad un maggiore livello di complessità di processi e gestione. Tutto questo porta all’adozione di macchine automatizzate e dotate di capacità decisionale autonoma, interagendo con altre macchine e con l’ambiente. La smart factory è l’azienda intelligente con l’ingresso dei Cyber-Physical System in cui l’operatore umano assume un ruolo di controllo, abbandonando l’operatività in produzione e processi. L’organo di presa interagisce direttamente con il prodotto e con l’ambiente esterno alla macchina: esso è fondamentale nell’economia e nel progetto di celle robotizzate. Organi di presa ben progettati possono aumentare la produttività, migliorare l’affidabilità del sistema di movimentazione, compensare la non accuratezza del manipolatore ed eseguire funzioni che massimizzano il valore aggiunto dell’operazione di manipolazione e movimentazione. Questo è responsabile del successo o del fallimento delle operazioni affidate alle celle di lavoro.
Progetto della mano di presa
Molte mani robotizzate, anche se fisicamente diverse, condividono le stesse linee guida di progetto per realizzare funzioni comuni nella presa di oggetti anche molto diversi. Le pinze ad accostamento parallelo accostano le dita all’oggetto convergendo secondo una data direzione, traslando ed evitando rotazioni rispetto al corpo pinza. Questo avviene a prescindere dal numero di dita. Le pinze ad accostamento angolare, invece, dotate comunque di due o più dita ruotano le dita accostandosi all’oggetto. La rotazione avviene rispetto al corpo pinza sfruttando meccanismi attuati spesso pneumaticamente. Sviluppando linee guida come quelle citate, che possono essere applicate a una strategia di presa generale, anziché riferirsi ad un progetto mirato e specifico della pinza, ci si può riferire ad una grande famiglia di oggetti in presa, a meno di specifiche esigenze di oggetti con specifiche caratteristiche che impongono uno specifico progetto. I progettisti di mani di presa utilizzano recentemente un nuovo approccio alla progettazione basato sull’utilizzo di componenti disponibili a catalogo, per la costruzione di sistemi di automazione, in modo modulare, evitando componenti costruiti ad hoc. Questo consente facilità di sostituzione delle parti difettose e usurate; riduzione dei costi sfruttando pezzi costruiti in grande serie; tempi di progettazione più brevi; rapida applicazione alle celle esistenti; sinergia tra progettisti di componenti e di celle robotizzate. Questo approccio rappresenta una strategia efficace per la realizzazione di un sistema di presa, ma è importante notare che le mani di presa devono interagire in modo efficiente con l’oggetto manipolato. Per questo le mani devono conformarsi all’oggetto, con funzioni di adattamento e centraggio, cosa complessa nel caso di oggetti di forma geometrica e caratteristiche meccaniche non note a priori. In questo caso, spesso, il progettista scegli forme generiche per le mani come piastre, eventualmente dotate di risalti o incavi e dita con forma curva per interagire con l’oggetto, realizzando una presa sicura.
In Figura 2 sono rappresentati schemi di mani con dita ad accostamento angolare (a, b, c) e ad accostamento parallelo (d). Nella stessa figura, si vedono due pinze a due dita ad accostamento angolare (e) e ad accostamento parallelo (f) della Omas Srl di Alpignano (TO).
I meccanismi sono spesso azionati da cilindri pneumatici a semplice effetto, per la fase di rilascio si utilizza un elemento di ritorno elastico. Le mani ad accostamento angolare utilizzano leve con all’estremità l’elemento di contatto con l’oggetto. Le mani ad accostamento parallelo si basano spesso su schemi a quadrilatero articolato o utilizzano cremagliere, come si vede negli schemi di Figura 3. L’uso di mani ad accostamento parallelo permette di afferrare oggetti e di rilasciarli con un movimento molto ridotto delle dita. Questo tipo di mani è adatto, ad esempio, ad operazioni di confezionamento per l’introduzione di oggetti dentro imballi.
Il moto generato dagli attuatori pneumatici può essere trasmesso alle dita in modi diversi. Oltre alle trasmissioni con leve, si utilizzano accoppiamenti rocchetto-dentiera e l’attuazione con camme di opportuna geometria; inoltre, sono frequenti i sistemi vite-madrevite, e l’utilizzo di attuatori flessibili che possono costituire essi stessi il dito di presa. Non sono rari i casi in cui siano presenti diversi sistemi che collaborano alla presa con l’opportuna combinazione di accostamenti diversi.
Uno schema di trasmissione con rocchetto-dentiera è riportato in Figura 3a. Lo stelo dell’attuatore pneumatico muove la doppia cremagliera, che, traslando, fa ruotare settori di ruote dentate, a loro volta collegati alle cremagliere solidali alle dita di presa; in questo modo si ottiene un moto di accostamento parallelo delle due dita. In Figura 3b si vede un meccanismo che sfrutta una camma a trapezio come movente, in grado di muovere le dita come cedente.
Un elemento elastico assicura l’accoppiamento di forza tra movente e cedente, dove un rullo minimizza le forze di attrito all’accoppiamento. Nella stessa figura si vedono due fotografie di mani di presa a due dita; in Figura 3c si vede una realizzazione che presenta una grande escursione delle dita per la presa di cerchioni di autovetture sportive, in Figura 3d si ha un meccanismo con accostamento angolare con angoli di ampia escursione.
Nella progettazione delle mani di presa robotizzate, in particolare in quelle articolate, è necessario definire il rapporto tra la forza di serraggio per la presa sull’oggetto e la forza di attuazione per la motorizzazione della mano.