Gli scienziati del Grainger College of Engineering dell’Università dell’Illinois hanno sviluppato un metodo per cablare nanonastri di grafene (GNR), una classe di materiali unidimensionali interessanti per il ridimensionamento dei dispositivi microelettronici.
Un metodo per collegare i nanonastri di grafene (GNR). Lo hanno individuato gli scienziati del Grainger College of Engineering dell’Università dell’Illinois, utilizzando un processo basato sulla microscopia a tunneling a scansione (STM) a scrittura diretta, che ha permesso di produrre i contatti metallici su scala nanometrica su singoli GNR e di controllarne il carattere elettronico. Secondo i ricercatori, questa scoperta dimostra, per la prima volta, come realizzare con certezza contatti metallici su nanonastri di grafene specifici e che tali contatti inducono la funzionalità del dispositivo necessaria per il funzionamento del transistor.
I GNR sono una classe di materiali unidimensionali di interesse per il ridimensionamento dei dispositivi microelettronici. Di per sé il grafene non è un semiconduttore, ma le proprietà dei semiconduttori possono essere indotte nel materiale rendendolo molto piccolo o realizzandolo in forme specifiche, come i nastri.
Il ruolo chiave del vuoto ultra-alto
Il processo di fabbricazione di un transistor dai nanonastri di grafene prevede il loro posizionamento su un substrato di silicio, il collegamento dei fili e il passaggio della corrente attraverso i fili per misurare le proprietà del transistor. Il team ha compiuto il passo fondamentale prendendo i nanonastri di grafene, che hanno un diametro più stretto di una molecola di DNA, e collegandoli. In questo modo ha sviluppato una tecnica in cui i fili sono larghi solo pochi nanometri. Usando un microscopio a effetto tunnel (uno strumento di imaging a risoluzione atomica) per scansionare la superficie alla ricerca del GNR da utilizzare, il collegamento diventa più preciso. Un altro vantaggio di questo metodo è che viene eseguito in vuoto ultra-alto (UHV). Ciò garantisce che il materiale rimanga pulito dall’acqua atmosferica e da altri “rifiuti” che riducono le prestazioni del dispositivo.
Il Prof. Joseph Lyding, a capo dello studio, afferma: “Il passo successivo, su cui stiamo lavorando ora, è realizzare un vero transistor e misurarne effettivamente le caratteristiche. Ma sappiamo che possiamo eseguire questo processo originale, utilizzando il vuoto ultra-alto, per ottenere gli elettrodi che sono assolutamente necessari per il funzionamento del dispositivo“.