Sensibilizzazione e trasformazione ferritica nei laminati di acciaio inossidabile austenitico

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Illustriamo come il processo di laminazione possa comportare in un acciaio inossidabile (soprattutto se austenitico) trasformazioni tali da portare, in assenza di opportuni trattamento termici di recupero, a condizioni metallurgiche in grado di far crollare drammaticamente le caratteristiche di resistenza alla corrosione del materiale fino a renderle addirittura inferiori a quelle di un tradizionale acciaio al carbonio, perché non bisogna dimenticarsi che la resistenza di una catena è data sempre dal suo anello più debole.

di Francesco Chichi

Probabilmente i materiali più diffusi per utilizzo in ambienti aggressivi, gli acciai inossidabili devono le loro caratteristiche di resistenza alla corrosione essenzialmente all’elevato tenore di cromo presente al loro interno: il cromo è infatti caratterizzato da una forte affinità con l’ossigeno atmosferico, con cui si lega sulla superficie del materiale dando luogo ad un layer che non solo è fortemente protettivo, ma anche tenace, aderente.

Se aggiungiamo il fatto che in caso di un eventuale danneggiamento o asportazione tale layer risulta autorigenerante in presenza di ossigeno, è facile capire come le caratteristiche di resistenza alla corrosione degli acciai inossidabili siano poco meno che ideali…

Ovviamente tale capacità protettiva è funzione del tenore di cromo presente: praticamente assente per tenori inferiori al 12%, raggiunge il suo optimum per tenori intorno al 30%

Per essere più esatti, tuttavia, più che il tenore di cromo presente nel materiale quello che risulta significativo è il tenore di cromo libero, ossia disponibile a combinarsi con l’ossigeno a formare ossido di cromo (Cr2O3) o cromite (FeCr2O4), gli ossidi necessari per la formazione del layer protettivo.

Pregi e difetti della matrice austenitica

Per capire meglio le caratteristiche degli acciai inossidabili, è opportuno spendere due parole sulle forme che può assumere il reticolo cristallino degli atomi di ferro che costituiscono la struttura base degli acciai.

A temperatura ambiente, la forma spontanea e stabile della struttura cristallina degli atomi di ferro è cubica a corpo centrato (CCC), a realizzare quella fase intrinsecamente stabile del ferro che prende il nome di ferrite.

Particolari condizioni di raffreddamento rendono però possibile la presenza all’interno degli acciai di altre due strutture teoricamente “impossibili” a temperatura ambiente, ossia l’austenite e la martensite. L’austenite rappresenta la forma tipica del ferro a temperatura >723 °C, ed è caratterizzata da una struttura CFC (cubica a facce centrate): quando presente a temperatura ambiente, l’austenite costituisce quindi una forma metastabile.

Analogamente metastabile a temperatura ambiente è la martensite, una struttura CCC (cubica corpo centrato) come la ferrite, da cui si differenzia per il fatto che un atomo di carbonio è rimasto intrappolato nella cella distorcendola fino a farle assumere una forma tetragonale.

Dal punto di vista meccanico la martensite è una struttura dalle notevoli prestazioni ma estremamente fragile, la ferrite ha basse caratteristiche di resistenza meccanica ma è estremamente duttile, mentre l’austenite ha migliori caratteristiche meccaniche, notevole resistenza intrinseca alla corrosione ma non offre duttilitĂ . 

Tra le diverse famiglie degli acciai ad alto tenore di cromo (cioè gli inossidabili) quelli maggiormente performanti in termini di resistenza alla corrosione sono indubbiamente quelli a matrice austenitica,  e questo soprattutto perchĂ© la solubilitĂ  del cromo nella fase austenitica è praticamente doppia rispetto a quella possibile nella fase ferritica, passando dal 10% – 15% tipica di questa fase al 20 – 30%  della fase austenitica: e ad una maggiore concentrazione di cromo corrisponde inevitabilmente una maggiore efficacia del layer protettivo di ossido di cromo e cromite.

Se a questo aggiungiamo che la fase austenitica ha intrinsecamente caratteristiche migliori di resistenza alla corrosione rispetto alla fase ferritica, il quadro è chiaro….

Purtroppo ogni medaglia ha il suo rovescio, che nel caso della fase austenitica sono due:

il primo rovescio è che così come la fase austenitica garantisce un elevata solubilità del cromo, la garantisce anche al carbonio, e come vedremo questo elevato tenore di carbonio qualche controindicazione se la porta dietro.

Il secondo rovescio è che la scarsa duttilità della austenite comporta che quando essa viene sottoposta a deformazioni plastiche la sua metastabilità tende a convertirla in ferrite o ancora piu spesso in martensite, vista la quantità di carbonio che la trasformazione della austenite rende disponibile: e anche questo vedremo che non sempre è un bene.

Fig. 1 Andamento indicativo del tenore di cromo a bordo grano a seguito della precipitazione di carburi di cromo

Il problema della sensibilizzazione

Come abbiamo appena visto, in presenza della fase austenitica la solubilità del carbonio è estremamente elevata, tanto che si definisce la fase austenitica anche come una soluzione solida interstiziale di carbonio nel ferro.

Purtroppo, il cromo presenta una forte affinità con questo carbonio atomico, con cui in determinate condizioni può legarsi a formare carburo di cromo Cr23C6, carburo che una volta formato tende a precipitare e ad essere segregato a bordo grano.

Questa precipitazione e successiva segregazione ha un duplice effetto negativo: da un lato comporta un impoverimento del tenore di Cromo libero e conseguente diminuzione della possibilità di sviluppo dello strato protettivo di ossido di cromo e dall’altro il diverso potenziale elettrolitico dei carburi rispetto alla matrice austenitica causa fenomeni di corrosione elettrolitica concentrati a bordo grano, con conseguente insorgenza di corrosione intergranulare.

In fig. 1 è riportata una rappresentazione indicativa della variazione localizzata del tenore di cromo in corrispondenza di bordo grano dopo la precipitazione di carburi di cromo, mentre in fig 2 si puo vedere l’aspetto macroscopico di una tale corrosione a bordo grano

Tale precipitazione è un fenomeno che avviene solo per permanenze a temperature abbastanza elevate, indicativamente comprese tra i 400° C e gli 800 °C, mentre per temperature ancora superiori la tendenza dei carburi a dissociarsi nuovamente prevale sulla tendenza a formarsi, recuperando quindi eventuali precipitazioni

Purtroppo, la possibilità di avere una permanenza in tale intervallo di temperatura è molto più frequente di quanto si pensi: tali temperature sono facilmente raggiungibili non solo durante le operazioni di saldatura, ma anche durante molte delle lavorazioni per asportazione di truciolo, in particolar modo quelle di rettifica, fresatura e molatura

A rendere ancora più critica la situazione è la caratteristica, specifica degli inossidabili austenitici, di una conducibilità termica inferiore del 40% a quella tipica dei normali acciai al carbonio: questo significa che un inossidabile austenitico smaltisce il calore molto più lentamente di un altro acciaio, e quindi i processi di raffreddamento sono più lenti di un analogo fattore, con proporzionale aumento dei tempi di permanenza nei diversi intervalli di temperatura.

Fig.2 Esempio di concentrazione della corrosione a bordo grano in un acciaio inossidabile AISI 304 soggetto a sensibilizzazione

Le criticitĂ  della laminazione 

Per le proprie caratteristiche metallurgiche, la forma di semilavorato sotto cui si presentano gli acciai inossidabili è sempre frutto di un processo di laminazione (lastra o il coil) , un processo di trasformazione che innesca nell’acciaio inossidabile due diversi meccanismi di alterazione

In primo luogo, l’energia della deformazione plastica comporta la parziale trasformazione della austenite metastabile in martensite, con la conseguente diminuzione della resistenza intrinseca alla corrosione

Tale trasformazione è ovviamente massimizzata la dove massima è la concentrazione dell’energia di deformazione, ovverosia sul piano di scorrimento plastico che separa i diversi piani di laminazione: ecco quindi che talvolta tale trasformazione, soprattutto se condotta con parametri non ottimizzati sotto questo punto di vista, finisce per creare all’interno del materiale una sorta di struttura a “sandwich” con piani di ferrite interposti alla matrice austenitica del materiale.

In secondo luogo, un allungamento dei grani ed un loro allineamento secondo piani di laminazione (fig 3), con conseguente redistribuzione lungo tali piani dei precipitati e delle inclusioni originariamente presenti a bordo grano, con conseguente rafforzamento della struttura.

Il risultato finale è quindi una struttura caratterizzata da una discontinuità metallurgica in corrispondenza dei piani di scorrimento, caratterizzati da una concentrazione di ferrite, precipitati e depositi.

La combinazione di un elevato tenore di ferrite e di una altrettanto elevata concentrazione di precipitati lungo i piani delimitati dall’allineamento dei bordi grano di un laminato crea condizioni di differenze di potenziale elettrolitico e sensibilità alla corrosione tali da creare le condizioni per la “tempesta perfetta” della corrosione sull’acciaio, o per meglio dire sulla parte ferritica della sua matrice.

In fig. 4 e fig. 5 sono riportate immagini SEM di una corrosione di questo tipo, immagini dove si può riconoscere immediatamente lo sviluppo interlaminare della corrosione e la sua azione differenziata tra la matrice ferritica maggiormente aggredita e la matrice austenitica relativamente indenne, con la presenza di distacchi di interi grani dai layer ferritici.

Fig. 3 Sezione metallografica di un provino di acciaio prima (a) e dopo (b) laminazione : si evidenzia l’allungamento e l’allineamento dei grani a formare “piani” di laminazione

Conclusioni

Stanti le peculiari caratteristiche metallurgiche degli acciai inossidabili austenitici, la loro fornitura come semilavorati sotto forma di laminati comporta la creazione di condizioni potenzialmente critiche per la resistenza alla corrosione, condizioni che successive lavorazioni con apporto termico come saldatura, molatura, lucidatura e altre operazioni per asportazione di truciolo possono facilmente far evolvere in forti corrosioni localizzate.

Le deformazioni plastiche alla base della laminazione comportano infatti la trasformazione della fase austenitica in fase ferritica con conseguente diminuzione della resistenza alla corrosione intrinseca del materiale, diminuzione della solubilità del cromo e del carbonio, con quest’ultimo che si rende disponibile per combinarsi con il cromo rimanente a formare carburi di cromo con conseguente depauperamento del cromo disponibile per la formazione del layer protettivo e creazione di condizioni di differenza di potenziale elettrolitico in grado di innescare drammatici fenomeni di corrosione, soprattutto a carico della eventuale matrice ferritica.

Questo comporta la opportunità, che nel caso in cui le lavorazioni comprendano anche la saldatura diventa una necessità, di recuperare eventuali fenomeni di precipitazione di carburi e di trasformazioni ferritiche mediante un trattamento termico di solubilizzazione ad una temperatura alla quale i carburi di cromo vengono nuovamente a dissociarsi, solitamente 1100 °C , il tutto seguito da un raffreddamento sufficientemente rapido da evitare le permanenze nei campi di temperatura ( 850°C – 450 °C) a cui si potrebbe verificare una nuova precipitazione dei carburi .

Tale operazione, condotta ad una temperatura superiore a quella della trasformazione austenitica (a partire da 723°C) permette anche un completo recupero delle trasformazioni ferritiche, riportando il materiale nelle condizioni per una ottimale resistenza alla corrosione.

Nel caso in cui le dimensioni del prodotto finito o il contesto in cui avvengano le fasi finali delle lavorazioni (es assemblaggi in campo) non rendano possibile un trattamento finale di solubilizzazione, resta opportuno effettuarlo a livello di laminato per eliminare perlomeno la presenza di ferrite e i fenomeni di precipitazione indotti dalle lavorazioni effettuate fino a quella fase.

Fig. 4 Esempio di corrosione selettiva della matrice ferritica rispetto alla matrice austenitica.
Fig. 5 Dettaglio della corrosione selettiva della matrice ferritica, con dettaglio dei grani distaccatisi per completa corrosione intergranulare.

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