Disegno tecnico: ripartiamo dalle basi  

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Imparare il disegno tecnico è, per certi versi, un’esperienza simile a quella di cimentarsi nell’apprendimento di una lingua straniera, con i suoi idiomi particolari, eccezioni e regole.

Il lavoro del lamierista, sia esso un piegatore, un saldatore, un laserista o altro, prevede alcune conoscenze di fondo che devono necessariamente rappresentare le basi solide su cui poggiare l’esperienza.

Nel nostro settore, esattamente così come avviene per molti altri più o meno legati al mondo della manifattura, si sta vivendo un periodo davvero critico per ciò che riguarda le risorse umane.

Fino a pochi decenni fa era perfettamente normale che una nutrita schiera di studenti delle scuole professionali o degli istituti tecnici venissero assorbiti dall’industria che aveva il vantaggio di poter contare se non altro su persone che avevano tutto sommato acquisito il cosiddetto “a-b-c” per quanto concerne l’uso degli strumenti di misura e, ancor prima, la conoscenza delle unità di misura.

Un altro pilastro che da sempre concedeva un inserimento relativamente rapido era la conoscenza del disegno tecnico.

Attenzione però: non si parla necessariamente della capacità di creare tavole da zero o di progettare, bensì di capire in modo sufficientemente soddisfacente ciò che i disegni di produzione riportano.

Il disegno tecnico: come fosse una lingua straniera

Il disegno tecnico è a tutti gli effetti un codice che nei decenni, con l’aumentare della complessità delle tecnologie, si è arricchito di simboli convenzionali che, se da un lato rendono più semplici i passaggi di informazioni, dall’altro lo hanno fatto perdere di universalità.

A tal punto che solo chi conosce quel codice è in grado di tradurlo in ordini da eseguire.

Un esempio classico è l’evoluzione che ha subito la rappresentazione di una vite.

Se un tempo anche un totale inesperto avrebbe ricavato l’informazione di cosa fosse rappresentato, da anni solo coloro che hanno ricevuto la formazione di base possono intendere il medesimo significato.

La vite rappresentata all’inizio del secolo riportava quasi artisticamente tutte le linee curve che ne costituiscono il filetto.

Oggi no: è un parallelepipedo smussato su due lati con delle righe più fini all’interno: e chi lo capisce se non chi lo sa di già?

E ciò vale in molti altri casi: le sezioni piane e a piani paralleli con i tratteggi inclinati, le interruzioni di viste, le quotature, specie quelle progressive

Insomma: imparare il disegno tecnico è per certi versi una situazione simile a quella di cimentarsi nell’apprendimento di una lingua straniera con idiomi particolari, eccezioni e regole.

Chi sceglie oggi l’officina?

È inutile girarci intorno: le competenze di base di chi oggi per scelta o per puro caso entra in officina sono ridotte al lumicino rispetto a un tempo.

I nostri giovani studenti, oltre ad essere sensibilmente meno di un tempo in termini di quantità, hanno senz’altro meno interesse verso un ambiente che, a onor del vero, non si è saputo rendere sufficientemente attrattivo, si è raccontato poco e male.

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Ed è così che le aziende devono necessariamente contare sull’aiuto di persone provenienti da Paesi esteri con magari una gran voglia di riscatto ma senza alcuna benché minima conoscenza tecnica pregressa.

Oppure di persone più in là con gli anni che desiderano ricollocarsi ma con esperienze passate in ambiti professionali estremamente differenti da quello della lavorazione della lamiera.

Eppure, alla resa dei conti, il lavoro va svolto: che fare?

Formare subito, con pazienza e in modo differente

Partiamo dal presupposto che nessuno deve essere considerato uno stupido.

Umanamente è una condizione frustrante e molto difficile quella di dover dare il meglio fuori dal proprio contesto abituale, specie se attorniati da un ambiente che dà tutto per scontato quando non mortifica.

Immaginiamo tutti noi di trovarci costretti a ottenere ottimi risultati in breve tempo in un mestiere di cui non abbiamo mai sentito parlare.

Oppure di cui ci mancano i concetti più banali.

A volte mi chiedo che figura farei a vestire i panni di un odontoiatra, di uno skipper o di un cacciatore masai: ne uscirei distrutto dopo poco meno di un’ora e devastato dalle malcelate frecciatine di coloro che, attorno a me, reputano impossibile il fatto di come io possa sbagliare o non capire le cose più semplici!

Devo ammetterlo: la mia fortuna è stata quella di trovarmi sempre a ruoli invertiti.

Come fare per rimettere in moto gli ingranaggi della produzione?

È una sfida complessa ma necessaria.

Le aziende sono costrette a prendersi l’onere di rallentare quando serve, comprendere le criticità e aiutare coloro che possono dare di più a entrare nel meccanismo.

Il disegno tecnico va spiegato partendo dalle basi più semplici, calando le tematiche in esempi di vita reale.

Mi riferisco, ad esempio, alle proiezioni ortogonali, alle sezioni e a tutti gli aspetti che, una volta fatti propri, trasformano un manovale di bassa lega in un prezioso collaboratore.

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