Ingegneria di manutenzione e problem solving

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L’ingegneria di manutenzione utilizza strumenti di problem solving in aspetti sia tecnici che qualitativi del processo produttivo: portano a una rapida identificazione della causa di un’anomalia, a cui deve corrispondere un minor tempo di fermata dell’impianto, con evidente risparmio economico. Inoltre sono diventati uno dei punti chiave dell’Industria 4.0.

Possedere cultura di manutenzione vuol dire aver interiorizzato che la medesima è una fase del processo produttivo ed è il risultato di un progetto di ingegneria. La visibilità dell’ingegneria di manutenzione come disciplina a sé stante è una conquista recente: abbiamo impiegato circa trent’anni per vederla diventare oggetto di corsi universitari e di Master di crescente successo e diffusione. Certamente, se l’approccio manutentivo dominante è la riparazione a guasto avvenuto, vedere la manutenzione come fase del processo non è propriamente immediato, ma una buona organizzazione della manutenzione ha proprio come obiettivo di rendere minimo il fabbisogno di manutenzione correttiva. L’ingegneria di manutenzione ha infatti come missione l’individuazione e l’aggiornamento regolare del mix ottimale tra manutenzione correttiva e manutenzione preventiva nelle sue tre forme canoniche: ciclica, predittiva e migliorativa. Dire ingegneria di manutenzione comporta automaticamente che il mix ottimale, il minimo costo globale del servizio, è ottenuto e monitorato analiticamente, analizzando ed estrapolando opportunamente dei numeri. Diversamente non sarebbe ingegneria: perchè lo sia, occorrono delle misure. Trasformare un evento, oltre a tutto imprevisto, sgradito, talvolta traumatico, in una serie di misure e quindi di numeri capaci di coglierne l’essenza, le tendenze in essere, i segnali premonitori, è un’arte non improvvisabile. L’analisi dei guasti è prima di tutto un processo logico di causa-effetto. Solo dopo averne assimilato la logica si arriva alla selezione delle misure vere e proprie.

Diagnostica dei guasti

Conviene concentrarsi sulla conversione del guasto in risorsa in quanto è dall’analisi degli eventi non voluti che l’ingegneria di manutenzione seleziona e pianifica le attività capaci di contrastarli e ne valuta la convenienza economica. Da quanto scritto, si deduce che la diagnosi dei guasti rappresenta una fase molto importante nella conduzione dei processi produttivi, poiché ad una rapida identificazione del guasto corrisponde un minor tempo di fermata dell’impianto, con ovvio beneficio economico. L’esigenza di intervenire in modo veloce ed efficace dipende sicuramente dalla professionalità del manutentore: la preparazione di base meccanica ed elettromeccanica, irrobustita da una valida esperienza pratica, è indispensabile, ma deve essere integrata da una mentalità sistemica, tesa ad analizzare con metodo i fenomeni, per individuare le cause alla radice dei guasti. Il risultato che si ottiene è il mantenimento e miglioramento dell’affidabilità del sistema. È opportuno sottolineare che l’analisi delle prestazioni di un sistema, cuore della diagnostica, parte da una situazione rilevata (effetto), risalendo sistematicamente a ritroso fino a individuare le cause alla radice delle avarie: la classica catena effetto-causa. Per diagnosticare efficacemente un cattivo funzionamento di una macchina operatrice è indispensabile conoscere e comprendere il corretto funzionamento della macchina stessa o del sistema su cui lavora: senza tale conoscenza di base, la ricerca dei guasti avrà scarsi successi. Qualunque sia la metodologia seguita per individuare le cause, essa deve essere applicata sistematicamente, senza tralasciare alcuna verifica all’apparenza ovvia. Molto spesso i due approcci sono paralleli; in ogni caso, il buon senso deve supportare la filosofia della ricerca guasti, la quale riconduce sempre l’inizio dell’analisi all’identificazione di pressione e movimenti non corretti.

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