Il mercato cresce, la scienza fa progressi, ma per ora le alternative alla plastica non sono ancora riuscite ad imporsi. La composizione dei materiali biologici da cui ricavare imballaggi e altri oggetti spesso manca della necessaria malleabilità o durevolezza. Insomma, garantire le stesse performance della plastica tradizionale non è un gioco da ragazzi. E anche la biodegradabilità non è sempre sufficientemente rapida per rispondere al problema delle microplastiche, che affligge anche il settore dei polimeri biodegradabili. Tuttavia, una ricerca dell’Università della California San Diego assieme all’azienda Algenesis ha identificato polimeri a base di alghe che si biodegradano in meno di sette mesi. La scoperta offre una promettente alternativa alle plastiche ottenute da petrolio. I test di biodegradabilità hanno dimostrato che queste alternative alla plastica si decompongono nei processi di compostaggio, anche quando ridotti a micro frammenti e quindi il tasso di biodegradazione è paragonabile alla cellulosa.
Prove sul campo
Per testare la biodegradabilità, il team ha macinato il prodotto in fini microparticelle e ha utilizzato tre diversi strumenti di misurazione per confermare che, quando smaltito nel compost, il materiale veniva digerito dai microrganismi. La prima misurazione ha rilevato il biossido di carbonio, che i microrganismi rilasciano quando decompongono il materiale compostabile. I risultati sono stati confrontati con la decomposizione della cellulosa, considerata lo standard del settore per la biodegradabilità al 100%. La corrispondenza rilevata era quasi pari. Poi è stata la volta del galleggiamento in acqua. Poiché le plastiche non sono solubili e restano a galla, possono essere facilmente recuperate dalla superficie dell’acqua. Ad intervalli di 90 e 200 giorni, è stato recuperato quasi il 100% delle microplastiche a base di petrolio, il che significa che nessun frammento si era degradato. Invece, dopo 90 giorni, solo il 32% dei corpuscoli polimerici a base di alghe permaneva nel liquido. Dopo 200 giorni, solo il 3% non si era degradato. L’ultima misurazione ha previsto l’analisi chimica tramite cromatografia gassosa-spettrometria di massa, che ha rilevato la presenza dei monomeri utilizzati per fare la plastica. Il dato indica che il polimero viene decomposto nei materiali vegetali di partenza durante il compostaggio.
Lo studio rappresenta un passo verso la riduzione del rischio di inquinamento e gli impatti sulla salute umana derivanti dall’uso di plastica convenzionale. C’è però ancora un ostacolo da superare del tutto. Le bioplastiche dalle alghe realizzate dai ricercatori devono essere rese compatibili con i macchinari oggi esistenti per la produzione di diversi oggetti.
Algenesis, che ha lavorato con l’ateneo californiano, sta collaborando con diverse aziende per integrare i polimeri a base vegetale in prodotti come tessuti rivestiti e custodie per telefoni cellulari.