Movimentazione lamiere | Datemi una pinza e vi solleverò il mondo

Marco Caiterzi

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… ma anche una ventosa, un elettromagnete, o un magnete permanente: i mezzi per la movimentazione delle lamiere sono molti, ognuno con le proprie specifiche applicazioni.

La lamiera è, nella sua forma più comune, un materiale che può sembrare facile da movimentare. Finché parliamo di un pallet o di un coil, tutto sommato è così: è sufficiente inforcare il bancale con il muletto, o far passare una catena dentro la bobina e il gioco è fatto.

Ma quando parliamo di fogli singoli, l’affare si complica. Gli spessori sottili sono flessibili, sfuggenti: danneggiarli è questione di un attimo, soprattutto se sono delicati come un inox lucido o un alluminio preverniciato. E se poi la lamiera è oliata, è facile che i fogli aderiscano tra loro. I bordi, come dice il nome stesso, sono taglienti come lame: soprattutto se parliamo di lamiera tagliata con una cesoia. Basta maneggiarla nel modo sbagliato e si guadagna un bel graffio.

I vecchi lamieristi dicono che così “si incarna il mestiere”, ma noi preferiamo stare un po’ attenti e tornare a casa integri. All’estremo opposto abbiamo le lastre di grosso spessore: non sono così sensibili alle manipolazioni, ma il peso e le dimensioni le rendono ugualmente una bella sfida per le officine. Fortunatamente, sul mercato esistono molti modi per spostare le lamiere in modo corretto, senza danneggiarle, e in sicurezza. Ne abbiamo elencato alcuni.

Pinze di sollevamento

Le pinze di sollevamento sono dispositivi meccanici utilizzati per afferrare e sollevare lamiere in modo sicuro e stabile. Sono il sistema più semplice e, per questo, più affidabile. Solitamente sono composte da una ganascia fissa e da una mobile.

La forza di sollevamento agisce sulla ganascia mobile, mantenendola saldamente in presa sul pezzo. La capacità di carico di una pinza di sollevamento varia a seconda del modello, del materiale e della tipologia di lamiera da movimentare. I carichi massimi possono variare da poche centinaia di chilogrammi a diverse tonnellate.

Vantaggi

  • Essendo un sistema di sollevamento puramente meccanico, il numero di componenti è estremamente ridotto.
  • Il loro costo è solitamente molto contenuto.
  • Sono in grado di mantenere la presa anche in caso di perdita di alimentazione elettrica o pneumatica.
  • Forniscono una presa sicura sia con materiali magnetici che amagnetici, e anche in presenza di fori
  • Le ganasce permettono di pinzare un ampio intervallo di spessori
  • È possibile afferrare anche oggetti con forme non piane, come travi e profili, anche stretti

Svantaggi

  • Le ganasce possono lasciare segni sulla superficie
  • Afferrare una lamiera sottile solamente in un punto può causare deformazioni
  • È necessario riuscire ad agganciare la lamiera da un bordo libero. Ciò può essere difficile se abbiamo un pacco di lastre grandi e pesanti, magari incollate tra loro a causa di olio o ossido.
  • Ogni pinza ha un’apertura massima che limita lo spessore agganciabile
  • Il carico viene sollevato fuori dal baricentro e quindi la movimentazione può essere complessa.

Magneti permanenti ed elettromagneti

Insieme alle pinze, il sollevatore a magneti permanenti è uno dei sistemi più diffusi nelle officine grazie alla semplicità di utilizzo e al costo contenuto. Tuttavia, il sollevamento magnetico presenta alcuni punti poco conosciuti, ai quali bisogna prestare molta attenzione. Ne abbiamo parlato con l’ing. Giuseppe Nadin della ditta Bianchet srl, produttrice di questi dispositivi.

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Un sollevatore a magneti permanenti specifico per tubi tondi. Credit: Bianchet srl

«Il parametro più importante di un sollevatore a magneti permanenti è ovviamente la capacità di carico, ovvero il peso massimo che è possibile sollevare», ci dice Nadin. «Tuttavia, questo valore è sempre funzione dello spessore dell’oggetto, e non tutti i magneti sono in grado di sollevare in sicurezza spessori sottili a parità di portata».

I sollevatori a magneti permanenti funzionano inducendo un campo magnetico nel materiale; se il materiale è troppo sottile il campo magnetico sarà inferiore e quindi anche la capacità di carico sarà ridotta rispetto al valore di targa. Normalmente, il carico massimo si intende per spessori superiori ai 20/40 mm, mentre nelle officine le lamiere sono quasi sempre di spessore molto inferiore.

«Molti sollevatori riportano nella targhetta solamente il carico massimo, senza fornire la tabella di come questo limite vari a seconda dello spessore del pezzo da sollevare», continua Nadin. «Ad esempio, un sollevatore con carico massimo 500 kg dai 20 mm in su, ha una capacità di 300 kg su 5 mm, e di 50 kg su 2 mm».

Queste considerazioni si applicano sia ai sollevatori con magneti permanenti, che con quelli ad elettromagneti. La differenza principale è che i primi non richiedono l’uso di elettricità e vengono attivati tramite una leva.

I secondi invece generano il campo magnetico sfruttando il passaggio di corrente all’interno di una bobina; se da un lato richiedono un’alimentazione elettrica, dall’altro lato possono essere attivati e disattivati a distanza. Solitamente, gli elettromagneti consentono di raggiungere capacità di sollevamento più elevate.

Un altro fattore molto importante da considerare è la presenza di un traferro, ovvero una separazione tra il magnete e il pezzo da sollevare. Traferri anche di spessori molto contenuti (decimi di mm) riducono considerevolmente la capacità del sollevatore.

Questi traferri possono essere dovuti a irregolarità nella superficie, ma anche alla presenza di ossido, carta, calamina, o vernice. «Un traferro di soli 0,25 mm riduce la capacità di un magnete da 500 a 370 kg», ricorda Giuseppe Nadin.

Bisogna tenere a mente che il traferro può presentarsi anche con lamiera liscia e pulita: se viene sollevata solamente al centro, la lamiera tenderà a flettere andando a staccarsi dal magnete e diminuendo la capacità di sollevamento.

Ciò si verifica anche con tubi tondi, che entrano in contatto con il sollevatore solamente nel punto centrale. Per questo scopo esistono magneti dotati di superficie concava, che segue meglio la sezione del tubolare.

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Un altro fattore che riduce la capacità di sollevamento dei magneti è l’inclinazione della lastra, come si può vedere dal grafico di seguito:

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Andamento della capacità in funzione dell’angolo di sollevamento. Credit: Bianchet Srl

Per questo motivo è importante posizionare il magnete quanto più vicino possibile al baricentro del foglio, in modo che una volta sollevato questo rimanga orizzontale.

Anche la temperatura influenza negativamente la capacità del sollevatore. Più la lamiera è calda, ad esempio a causa di trattamenti termici o di taglio laser o plasma, più ci allontaniamo dai valori di sicurezza. «I magneti permanenti sono efficaci fino a una temperatura massima del pezzo da sollevare di circa 70/80°C, a seconda delle specifiche fornite dal produttore», ci dice l’ing. Nalin.

«A temperature intorno ai 74°C, l’acciaio al carbonio e altri materiali ferrosi perdono la loro capacità magnetica, limitando l’efficacia del sollevatore». Inoltre, il magnete stesso può subire danni irreversibili se esposto a temperature superiori a 80°C, compromettendo la sua capacità magnetica anche dopo il raffreddamento. Di conseguenza, anche dopo il raffreddamento del pezzo, il magnete potrebbe non essere in grado di attivare l’adesione magnetica se il contatto è avvenuto con materiali caldi.

Anche la composizione del materiale incide sul funzionamento di un sollevatore magnetico, sia a magneti permanenti che ad elettromagnete. Da un lato è risaputo che alluminio e ottone non siano materiali magnetici.

Dall’altro, le leghe ferrose ad alto contenuto di carbonio possono riservare brutte sorprese: ad esempio, la ghisa grigia sviluppa una forza magnetica pari a solamente il 45% rispetto all’acciaio non legato. Un pezzo in ghisa potrebbe quindi apparire sollevato in sicurezza poiché magnetizzato, ma porre dei grossi rischi in caso di urti o sobbalzi.

Ventose

E per i metalli non magnetici, come alluminio, rame, inox? Per i materiali plastici, vetro, legno, pietra? Possiamo ricorrere alle ventose: dispositivi pneumatici che sfruttano il vuoto per aderire con forza alle superfici, anche le più delicate. Queste ventose possono essere ad azionamento manuale, elettrico, o ad aria compressa.

Le prime sono solitamente di piccole dimensioni, e sono dotate di una pompa ad azionamento manuale per generare il vuoto. Hanno il vantaggio di un costo contenuto e di un basso numero di componenti. Per contro, sono più lente e necessitano di un operatore per l’applicazione. La loro sicurezza può essere inferiore, poiché mancano alcuni sistemi di controllo.

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Un sollevatore a ventosa per lamiera. Credit: Righetti srl

«Le ventose permettono di sollevare i fogli di lamiera o di materiali non metallici di tutti gli spessori e dimensioni», ci spiega Gilberto Righetti della Righetti srl. «Per scegliere la ventosa corretta bisogna considerare non solo il peso massimo del materiale da sollevare, ma anche le sue dimensioni e lo spessore minimo, per garantire sufficiente supporto ed evitare eccessive flessioni del foglio durante il sollevamento».

Le ventose a batteria hanno il vantaggio di non richiedere cavi di collegamento offrendo la libertà nella sua installazione e utilizzo, ma presentano la necessità di dover gestire le ricariche degli accumulatori. Al contrario, le versioni a tensione di rete necessitano il cavo di connessione e pertanto sono più adatte per essere utilizzate su postazione fissa.

«Nel sollevamento delle lamiere, indifferentemente dal tipo di alimentazione, le ventose hanno le stesse prestazioni di aspirazione e possono essere realizzate con varie capacità di sollevamento e diverse dimensioni», ci dice Righetti. «Anche dal punto di vista di sicurezza non c’è molta differenza. I sollevatori a ventosa sono dotati di alcuni sistemi di sicurezza e sono completi di una riserva del vuoto che garantisce la tenuta del carico anche in caso di interruzione di alimentazione e ne evita la caduta accidentale».

Potrà sembrare paradossale, ma esistono ventose che funzionano ad aria compressa. Com’è possibile generare il vuoto partendo dal suo esatto opposto, un gas in pressione? La risposta, come sempre, sta nella fisica; per la precisione nell’effetto Venturi.

L’effetto Venturi afferma che la velocità di un fluido aumenta quando la sua sezione di passaggio diminuisce, causando una diminuzione della pressione. «L’aria compressa entra nella ventosa attraverso un ugello. Questo è progettato per creare un flusso d’aria che aspira l’aria presente all’interno della ventosa», continua Righetti. «L’aria viene evacuata, creando una zona di vuoto».

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Ventose di forme speciali per il sollevamento di tubolari e travi. Credit: Righetti srl

In generale, i sollevatori a ventosa funzionano su ogni tipo di superficie, a condizione che sia sufficientemente liscia e non forata. Esistono speciali ventose sagomate per sollevare anche tubi, profili e serbatoi, così come lamiere mandorlate.

Un altro vantaggio è che, non generando campi magnetici, non influenzano l’arco di saldatura. Per contro, mentre un magnete tende sempre ad attrarre la lastra, con un sollevatore a ventose l’eventuale presenza dei fori sulla lamiera crea dispersione del vuoto e compromette la presa del carico.

I sistemi a ventose possono essere equipaggiati con ventose specifiche per alte temperature (anche fino a 110 °C), o per superfici irregolari.

Si ringraziano Bianchet srl e Righetti Vacuum Lifters.

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