Per continuare a essere competitivi bisogna operare in un’ottica di servitizzazione, in un discorso connesso non solo alla vendita del prodotto, ma anche alle opportunità di crescita in processi e produttività.
Cos’è la servitizzazione digitale e come si inserisce nel settore machinery? La risposta non è scontata e dà luogo a diverse riflessioni, come quelle emerse nell’ambito del Convegno “La Voce del mercato: il futuro dei servizi digitali per le macchine industriali”. Svoltosi nella sede di Federmacchine a Cinisello Balsamo, e organizzato da Digital Industries World – l’associazione internazionale che riunisce le maggiori aziende del settore industriale e gli istituti di ricerca d’eccellenza –, l’evento ha rappresentato un momento di confronto tra massimi esperti. Con l’occasione sono stati presentati i dati dell’Osservatorio “Digital Servitization nel settore del machinery”, un progetto di ricerca che nasce dalla collaborazione di più protagonisti, tra cui diverse associazioni del comparto della meccanica. L’Osservatorio ha mappato il panorama attuale, per comprendere il grado di maturità digitale delle imprese coinvolte e delineare la traiettoria di uno sviluppo futuro. Diverse sono state le questioni affrontate, attorno alle quali è ruotata la discussione, partendo proprio dall’accelerazione della trasformazione digitale dell’industria manifatturiera.
La fotografia di una realtà ancora acerba
Oggi, in Italia, sono circa 5100 le imprese appartenenti al comparto della produzione di beni strumentali: con 211 mila lavoratori e un fatturato di quasi 57 miliardi nel 2023, il settore esporta il 70% del totale. È composto per lo più da Pmi, di cui la maggioranza a proprietà familiare, ma con una governance manageriale.
Ma qual è il futuro del comparto? Partendo proprio dall’Osservatorio è stato possibile comprendere quanto, oggi, l’industria del machinery stia investendo in digital servitization e quali siano i servizi digitali più richiesti. I risultati derivano da un’indagine condotta su 158 OEM (di cui un quarto rappresentato da grandi imprese e tre quarti da Pmi). Dai dati dell’Osservatorio emerge che la vendita dei macchinari costituisce il 75% del fatturato, mentre il restante 25% è rappresentato dai servizi, la classica componente del post vendita. I servizi digitali e connessi (come la vendita di software, i dati e la connessione macchinari) pur risultando fondamentali oggi e forieri dell’innovazione futura, contribuiscono solo con un irrilevante 1% al totale dei ricavi – che sale al 2% per le grandi imprese, delle quali solo il 18% dichiara di avere implementato modelli as a service. È vero che 8 aziende su 10 offrono servizi di servitizzazione digitale, come servizi connessi quali monitoraggio e supporto remoto, ma si è ancora lontani dal monetizzare questo aspetto del business. Eppure, si spera, non sarà sempre così. E non può esserlo. Quello che è emerso, infatti, appare come una fotografia della realtà ancora acerba, ma che promette bene nel futuro prossimo. Secondo le previsioni, infatti, le cose dovrebbero cambiare entro un triennio: i due terzi dei partecipanti al sondaggio sostiene che tali servizi potrebbero (o dovrebbero) generare un nuovo business. I dati sono positivi soprattutto se si analizzano i progetti delle grandi imprese. L’83% delle suddette sostiene di avere adottato strategie specifiche, mentre 7 su 10 prevedono un aumento di fatturato in tal senso.
Possiamo allora parlare di una vera e propria trasformazione della filiera machinery? Ad oggi il comparto, pillar del manufacturing nazionale, appare in fermento, con una trasformazione necessaria e vitale che, nel medio periodo, sarà in grado di offrire all’industria una combinazione di servizi capaci di raggiungere un’elevata competitività produttiva.