Metalli duri: materiali dalle mille sfaccettature che nascono da una storia affascinante, indispensabili nella costruzione di utensili (di Daniela Tommasi)
La scelta dei materiali è sempre molto importante e lo è, a maggior ragione, quando si tratta di utensili da taglio dove le variabili in gioco sono veramente tante, con una ricaduta netta sulle performance del processo e la qualità del lavorato. I principali fattori che condizionano la scelta riguardano essenzialmente materiale, geometria e forma del manufatto e, dal lato processo, tipo e condizioni di lavorazione, con obiettivo il rispetto delle specifiche di progetto.
Ciò che contraddistingue i vari materiali per utensili sono durezza, tenacità e resistenza all’usura, o, meglio, il mix fra queste caratteristiche che andranno a definire le “qualità” ed i relativi campi di applicazione e utilizzo.
La famiglia dei metalli duri nasce per dare una risposta estremamente performante alle esigenze dell’utensileria, in particolare degli utensili da taglio.
Metalli duri: dall’Alchimia alla chimica
L’alchimia ha sempre affascinato l’uomo, l’idea di poter “trasformare” materiali in altri più nobili, o anche solo più ricercati. E ciò che ha portato il chimico francese Henri Moissan, nel 1892, a “creare” il primo metallo duro riporta proprio al laboratorio dell’alchimista. Moissan stava infatti cercando di produrre diamanti sintetici sfruttando il forno ad arco di sua progettazione: mescolando polveri di tungsteno con quelle di carbonio, portando il composto ad alta temperatura, nasceva un nuovo materiale, che si dimostrò molto duro e resistente all’usura. Non era un diamante, pur avendone molte caratteristiche, e peccato che fosse anche molto fragile. Ma comunque il composto era molto più duro di tutti i materiali esistenti all’epoca: duro come il diamante.
Partendo dagli studi e dagli esperimenti di Moissan, altri chimici si dedicarono a migliorare le qualità del nuovo materiale, fino ad arrivare, nel 1923 quando Karl Schroter, dipendente della OSRAM in Germania, incaricato di studiare nuovi materiali per la trafilatura del filamento metallico delle lampadine. Schroter, mescolando la polvere di mono carburo di tungsteno con 5÷10% di polvere di cobalto e riscaldando il composto pressato fino alla temperatura di fusione del cobalto, riuscì ad ottenere un materiale dove il carburo di tungsteno era inglobato in un “saldante” duro, che contraeva il carburo, andando a creare un composto estremamente denso e con una elevata resistenza.
Il metallo duro è noto anche come WIDIA (Wie Diamant, come il Diamante), dal nome commerciale Dato dalla Krupp, azienda siderurgica tedesca che acquistò il brevetto e, nel 1927 mise sul mercato i primi utensili da taglio in metallo duro, all’epoca molto molto costosi. Da qui la scelta di realizzare solo la punta degli utensili in questo nuovo e promettente materiale.
Da allora la scienza dei materiali, supportata dallo sviluppo tecnologico e scientifico, ha portato a continue migliorie, studiando come le caratteristiche del materiale potessero variare in funzione di tanti parametri, in primis la forma e dimensione dei grani, nonché l’aggiunta, per quanto minoritaria, di altri elementi/carburi.
Denso e compatto
I metalli duri non sono, in realtà, un singolo materiale ma, come sembra essere inteso in letteratura, un gruppo di materiali caratterizzati da elevata durezza e proprietà meccaniche, superiori a quelle di altri materiali duri, come ad esempio il diamante. Di fatto si tratta di un materiale frutto della metallurgia delle polveri, con due fasi, un materiale duro (carburi fragili e duri) e un legante metallico, tenero e tenace. Quasi fosse un materiale composito.
Mediante sinterizzazione, la polvere di carburo, che ha una grana variabile (0.1÷20µm), viene mescolata per poi essere unita al legante, a temperature di 1300÷1500°C e con pressione fino a 100bar, andando così a ridurre il volume del 50%, rispetto all’originario, per un prodotto denso e compatto.
Ad arricchire la composizione dei metalli duri figurano anche i carbonitruri cubici, particolarmente utilizzati per le qualità sinterizzate a gradienti.
I metalli duri sono oggi considerati indispensabili nel caso di sollecitazioni estreme per la loro elevata durezza, unita a resistenza all’usura e tenacità. Attualmente sono disponibili oltre cento qualità di metallo duro, che si differenziano per la loro composizione, e, di conseguenza, per le esigenze delle specifiche applicazioni.
Metalli duri: le caratteristiche
I metalli duri sono offerti dunque in differenti qualità dove la dimensione della grana ha una forte influenza sul rapporto durezza/tenacità. In linea generale, più la grana è fine, maggiore sarà la durezza, a pari contenuto di fase legante. A parità di dimensioni della grana, un aumento della quantità del legante genera una qualità più tenace, con una maggiore tendenza all’usura per deformazione plastica. Per contro, un tenore di legante troppo basso, aumenta la fragilità.
La presenza di carbonitruri cubici permette di aumentare la durezza a caldo e creare dei gradienti, che sono utilizzati per combinare l’elevata resistenza alla deformazione plastica con la tenacità del tagliente. […]I carbonitruri cubici concentrati nel tagliente migliorano la resistenza a caldo laddove è necessario. Oltre il tagliente, una struttura con un legante arricchito di carburo di tungsteno inibisce la formazione di cricche e fratture da martellamento truciolo. (Sandvik Coromant–Knowledge)
Se il metallo duro ha grana carburo di tungsteno (WC) con grana media-grossolana, si ha un’eccellente combinazione di elevata resistenza a caldo e tenacità. Questa soluzione è utilizzata con rivestimenti CVD o PVD per ottenere qualità destinate a essere impiegate in tutti i campi.
Se la grana del WC è fine o submicronica, il metallo duro è utilizzato per taglienti affilati con rivestimento PVD, per aumentare ulteriormente la robustezza del tagliente affilato. Si ha inoltre una eccezionale resistenza ai carichi termici e meccanici ciclici. Gli utensili sono in genere punte integrali, frese a candela integrali di metallo duro, inserti per troncatura e scanalatura, etc.
Rivestito o non rivestito?
Per quanto riguarda il mondo degli utensili da taglio, il metallo duro può essere rivestito o non rivestito.
Nel caso di qualità non rivestite, tendenzialmente hanno una quantità elevata di carbonitruri cubici e ciò le rende particolarmente idonee per la lavorazione di HRSA o leghe di titanio, oltre che per la tornitura di materiali temprati a bassa velocità. Va sottolineata la velocità di sviluppo dell’usura che è rapida ma controllata, con un’azione di auto-affilatura dei taglienti.
Le qualità di metallo duro rivestite coprono circa 85% degli inserti per utensili, in virtù delle peculiari combinazioni fra resistenza all’usura e tenacità, ma anche alla possibilità di essere modellato secondo le forme desiderate, anche complesse. La chiave è la combinazione fra il substrato e il rivestimento, che permette di realizzare qualità mirate per lo specifico campo di applicazione.
Il rivestimento può essere per deposizione chimica (CVD) o fisica (PVD).
Rivestimento CVD – la deposizione è chimica, mediante vapore ed è generata da reazioni chimiche a temperature di 700÷1050°C. Questi rivestimento hanno un’elevata resistenza all’usura e un’eccellente adesione al metallo duro. Le caratteristiche dei rivestimenti CVD sono in continuo sviluppo e, grazie alla ottimizzazione microstrutturale e ai post-trattamenti, si hanno costanti significative migliorie in termini di adesione, tenacità e resistenza all’usura. In particolare l’introduzione dei i post-trattamenti ha permesso di aumentare la tenacità del tagliente nei tagli interrotti e ridurre la tendenza all’incollamento.
Rivestimento PVD – la deposizione è fisica, mediante vapore a temperature relativamente basse, tra 400 e 600°C. Il processo si basa sull’evaporazione di un metallo ad alto grado di purezza che si combina con un gas reattivo, quale l’Azoto, portando alla sintesi del composto prodotto che si deposita sugli utensili precedentemente introdotti nella camera di rivestimento. Il film deposto è caratterizzato da uno spessore costante, di pochi micron, altamente aderente. I rivestimenti PVD hanno elevatissima durezza e resistenza all’usura, basso coefficiente di attrito, stabilità chimica e resistenza alla corrosione. E’ possibile gestire rivestimenti anche multistrato o l’abbinamento con altri processi di deposizione in modo da raggiungere le caratteristiche desiderate. I rivestimenti PVD sono consigliati per taglienti tenaci ed affilati, oltre che per i materiali con tendenza all’incollamento.
Il metallo duro in sintesi
Noti da oltre un secolo, i metalli duri sono il frutto della metallurgia delle polveri, ottenuti mediante processo di sinterizzazione di carburi metallici ridotti in polvere, inglobati in un legante metallico. Tipicamente, per le lavorazioni ad asportazione di truciolo, i metalli duri sono costituiti per circa l’80% da una fase dura di carburi di tungsteno (WC) con aggiunta di:
- Carburi di titanio (TiC) per aumentare la conducibilità termica
- Carburi di niobio (NbC) per migliorare la resistenza ad usura
- Carburi di tantalio (TaC) per aumentare la resistenza ad usura
Il legante è ricco di cobalto metallico(Co), e la cementazione carburi/legante avviene ad una temperatura attorno a 1500°C, che è la temperatura a cui fonde il cobalto, ma non fondono i carburi.
Quali vantaggi
Il metallo duro, nelle sue varie qualità, è oggi ampiamente utilizzato, in particolare per quanto riguarda di utensili da taglio o, comunque, quando si è in presenza di elevata usura, in virtù dei tanti vantaggi, quali:
- Durezza elevata, quindi non soggetto a usura rapida
- Ottima resistenza anche ad elevate temperature
- Maggiore durata della vita utile degli utensili
- Elevata stabilità e sicurezza di processo