Ancora sulla prova di trazione

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prova di trazione

In questo terzo appuntamento, procediamo a un’analisi, ancor più dettagliata, della “regina” delle prove di resistenza sui material: la prova di trazione.

Bentornati sulla rubrica “messi alla prova”, una serie di articoli divulgativi per conoscere (o ripassare) le prove tecnologiche di resistenza sui materiali.

Nel secondo appuntamento della rubrica, abbiamo iniziato “col botto” occupandoci subito di quella che, per certi versi, può essere considerata “la prova regina”: la prova di trazione. Essa ci fornisce molte indicazioni e viene utilizzata in ambiti apparentemente molto distanti.

Un caso su tutti? Il calcolo della forza di piegatura. Sì, perché quel numero, da sempre associato a un determinato materiale, durante la programmazione di molti controlli numerici, altro non è che la sua resistenza a trazione.

Quante volte ho visto ignari piegatori scrivere sui controlli “30” in caso dovessero piegare alluminio, “45” per il “ferro” (guai chiamarlo acciaio al carbonio… si farebbe confusione!) e, infine “60” in caso di lamiere in acciaio inossidabile.

Ci siamo concentrati sulle varie fasi del test attraverso una “cronistoria” che ha descritto, punto per punto, il nesso causa-effetto tra la tensione applicata dalla macchina e la reazione della provetta.

Ora torniamo al grafico, visto nel secondo appuntamento, che descriveva le varie fasi; stavolta, però, aggiungiamo i punti salienti che serviranno come riferimento: ReM, ReL e Rm.

Cosa succede dal punto ReH in poi?

Teniamo sempre a mente cosa sta succedendo alla provetta che viene gradualmente sottoposta a trazione.

Fino al raggiungimento del punto ReH, quello che dà inizio alla fase detta “snervamento”, la provetta non ha subìto deformazioni permanenti. Ciò significa che, se smettessimo di “tirare”, tornerebbe esattamente alla lunghezza iniziale.

Dal punto ReH in poi, tecnicamente, «le distanze interatomiche del reticolo sono divenute così grandi che anche al cessare della sollecitazione gli atomi non riprendono la posizione primitiva in quanto hanno trovato un equilibrio su nuove posizioni reticolari scorrendo plasticamente».

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