Gli ingegneri della McGill University, in Canada, hanno riutilizzato la proboscide di una zanzara femmina morta per creare una punta per stampa 3D sostenibile e ad alta risoluzione.
La stampa 3D ad alta risoluzione è utilizzata in numerosi settori come l’aerospaziale, l’odontoiatria e la ricerca biomedica, ma il suo livello di precisione ha un costo elevato. I minuscoli ugelli possono costare più di 80 dollari a punta e sono realizzati in metallo o plastica, entrambi non biodegradabili. I ricercatori della McGill University, in Canada, hanno riutilizzato la proboscide di una zanzara femmina morta per creare una punta per stampa 3D sostenibile e ad alta risoluzione. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Science Advances.
Gli scienziati della McGill University hanno inizialmente esplorato soluzioni ingegneristiche tradizionali, ma non sono riusciti a trovare un ugello biodegradabile, economico e ad alta risoluzione. Hanno quindi incaricato uno studente laureato di trovare un organo in natura che potesse fungere da punta. Dopo aver considerato varie strutture come pungiglioni di insetti, zanne di serpente e vasi xilematici delle piante, hanno selezionato la proboscide della zanzara femmina.
La proboscide della zanzara femmina
La proboscide della zanzara femmina si presenta come complesso tubo di alimentazione multicomponente e rappresenta il candidato ideale per diversi motivi. Il suo diametro interno è di 20 micrometri, circa il 100% più sottile rispetto alle migliori punte disponibili in commercio. La forma rigida e quasi dritta è perfetta per una stampa stabile, e il tubo è sufficientemente robusto da sopportare una pressione interna di circa 60 kilopascal prima di rompersi, sufficiente per iniettare bioinchiostri densi. E, naturalmente, è biodegradabile.
Il team ha testato il suo “biougello” costruendo una stampante 3D personalizzata, chiamata 3D necroprinter. Hanno montato la proboscide di zanzara su una punta di erogazione standard e l’hanno utilizzata per depositare bioinchiostri specializzati. La sfida più grande è stata superare la scarsa resistenza meccanica della proboscide, che hanno superato testandola fino alla rottura per creare una linea guida operativa sicura. Hanno quindi stampato con successo bioscaffold utilizzati per supportare la crescita cellulare e microstrutture ad alta risoluzione con spessori di linea fino a 20 micrometri (circa la larghezza di mezzo capello umano).
Dal laboratorio al mondo reale
Il test riuscito dimostra che la natura può fungere sia da ispirazione, sia da fonte di materiali per le tecnologie di prossima generazione. “Introducendo materiali biotici come validi sostituti di componenti ingegnerizzati complessi, questo lavoro apre la strada a soluzioni sostenibili e innovative nella produzione avanzata e nella microingegneria” scrivono gli scienziati nel loro articolo.
Tra i prossimi passi del team c’è la ricerca di altre possibili punte naturali per micro-dosaggio che offrano maggiore resistenza o una risoluzione più precisa. Intendono anche studiare come la necrostampa 3D possa essere utilizzata nel mondo reale, in particolare nella produzione sostenibile e nella ricerca biomedica.