Rischio chimico: impariamo dagli incidenti

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Una guida tecnica del Joint Research Center, pubblicata dall’Unione Europea, per gestire il processo di apprendimento e le lezioni che derivano dalle esperienze incidentali.

di Lorenzo Dalla Torre

I dati di partenza adottati dal manuale derivano dai “global media” che riportano nel mondo 1184 seri incidenti coinvolgenti sostanze chimiche nel 2023. Questi incidenti hanno causato 1095 decessi nel mondo; spicca il fatto che di questi solo 36 sono accaduti entro i confini dell’Unione Europea, nonostante qui siano avvenuti quasi un terzo degli incidenti totali. Similmente nello stesso anno sul totale mondiale di 3070 feriti, 430 sono quelli riportati in Unione Europea. Ritengo che probabilmente questo divario dipenda dal fatto che in Europa esista una pratica di rilevamento e di rappresentazione degli eventi incidentali chimici più strutturata e diffusa rispetto ad altri paesi. I numeri sono comunque importanti e meritano quindi l’attenzione che viene dedicata a questo particolare comparto del rischio lavorativo dalle autorità europee competenti. In particolare questa guida tecnica si prefigge lo scopo di facilitare lo sviluppo delle attività di “Lessons Learning”, ovvero lezioni da trarre dagli incidenti avvenuti, attività che sono già previste ed indicate come essenziali per la gestione del rischio chimico ma che non sembrano essersi diffuse e sviluppate adeguatamente tra gli operatori.

Gli incidenti vengono classificati in una scala basata sulle loro conseguenze e va dal minimo di 1 (danni limitati al sito con costi inferiori a 10K euro) al massimo di grado 5 di tipo catastrofico e che coinvolgono in modo più che significativo l’ambiente circostante al sito dove avviene l’incidente.  Al di là della scala incidentale viene sottolineata l’importanza di includere nei report di base per le analisi anche i “quasi incidenti (“near misses”) richiamando esplicitamente il triangolo di Heinrich del 1931 in cui si evidenzia la correlazione tra incidenti limitati e quasi incidenti e quelli via via più devastanti.  

Un altro importante aspetto sottolineato è quello che la ricerca del colpevole diviene spesso un ostacolo all’esatta comprensione dell’evento, la paura di essere incolpati provoca spesso dei tentativi di nascondere o descrivere i fatti fornendo una realtà diversa da quella utile a trarre la lezione corretta per evitare il ripetersi dell’evento incidentale. Nell’investigazione di un fatto incidentale è quindi opportuno adottare un approccio che vada al di là della ricerca del colpevole e che tenda a stabilire l’esatta sequenza dei fatti avvenuti, delle cause e dei fattori radice dell’evento senza intenti meramente punitivi. In tal senso la raccolta dei dati relativi ai piccoli ed in particolare ai quasi incidenti dovrebbe essere d’aiuto, il fatto di segnalare un quasi incidente potrebbe infatti essere un atteggiamento più da premiare che da punire.

Si portano poi degli esempi degli insegnamenti che si possono trarre dagli incidenti “chimici”. Si va dalla evidenziazione di elementi di vulnerabilità insiti nel processo, fino a mancanze relative ai programmi di manutenzione od all’acquisto di parti di ricambio di scarsa qualità. Da errori nella gestione dei magazzini fino alla generale mancanza di risorse. Dagli errori effettuati in sede di valutazione del rischio, fino ad una improvvisa crisi economica aziendale con impatti negativi sulla sicurezza. Importanti anche i fattori di cambiamento con cause derivanti da una gestione non accorta delle novità come quelle derivanti dall’invecchiamento delle strutture.

Più utile a mio parere l’indagine citata sugli eventi iniziali di incidenti in impianti di trattamento rifiuti di Kotelos e Wood relativa al 2024 dove emerge inequivocabilmente come prima causa la miscelazione accidentale di sostanze incompatibili (32 casi su 85 esaminati) seguita dalla presenza di sostanze inattese (27 casi su 85) mentre solo 9 sono i  casi dovuti a malfunzionamenti di macchinari, 6 casi per improprio maneggiamento delle sostanze da parte degli operatori, 3 casi di incendio per autocombustione, 3 per corto circuito di batterie,2 i casi dovuti al sovra-riempimento di cisterne. Restano 3 casi insoluti con cause ignote. Ritengo che questi dati siano verosimili anche nel più ampio contesto degli incidenti chimici in generale.

Tralasciando le parti più specialistiche relative ai metodi di indagine ed a come selezionare i partecipanti al team di investigazione, mi soffermerei su alcune questioni che possono essere più utili in aziende di piccole dimensioni che vogliano comunque approntare un sistema di rilevazione e di report incidentale (e di quasi incidenti). In primo luogo segnalo l’importanza della cronologia dei fatti da analizzare, cosa essenziale per comprendere la causalità nella catena degli eventi. In secondo luogo è fondamentale saper distinguere e valutare le fonti di informazione dalle quali si derivano le conclusioni di una investigazione incidentale. Viene richiamata la classificazione di Allford e Wood che distingue tra Fatto (elemento preciso, accurato, verificabile e misurabile), Deduzione (procedimento logico), Assunto (ipotesi asserzione presa come dimostrata), Opinione (che può essere basata sull’esperienza), Voci (“Rumours”, sentito da terze parti) o semplice Immaginazione (Guess). L’importanza di una informazione oggettiva da privilegiarsi rispetto ad una soggettiva è di tutta evidenza per la prova dei fatti, anche se può essere di estrema importanza la percezione dei soggetti coinvolti che può giocare a volte un ruolo decisivo nel concatenarsi degli eventi. In più occasioni si rileva anche come l’importanza della formazione e dell’addestramento del personale giochi un ruolo di estrema rilevanza. Questo si evidenzia ancor più nel caso di presenza di soggetti terzi rispetto all’organizzazione che possono intervenire dall’esterno e che risentono già in partenza di una ridotta esperienza sul campo specifico oltreché mancare di formazione adeguata. Non ci si riferisce solo ai lavoratori di aziende esterne che possono eseguire operazioni in appalto (ad esempio manutenzioni) ma si citano anche casi di soccorritori esterni che senza una adeguata informazione possono subire conseguenze anche fatali.

Al di là dei casi esemplificati che il lettore interessato alle 100 pagine del manuale potrà consultare (e che spesso riguardano aziende di dimensioni grandi o molto grandi) trovo utile richiamare per il piccolo imprenditore interessato anche le causalità socio tecnologiche degli incidenti evidenziate ancora da Wood nel 2018 con le seguenti aree critiche:

-Invecchiamento dell’equipaggiamento, delle persone, delle procedure e delle tecniche.       -Complessità del sistema (interazioni impreviste di molteplici guasti in sistemi complessi).  – Incremento dell’utilizzo di personale esterno in funzioni di manutenzione od operative        -Incremento dell’automazione di processo (con i problemi connessi alla programmazione).  -Problematiche connesse all’uso di nuove fonti energetiche (biogas, idrogeno, GPL…)          -Cambiamenti Organizzativi (problemi connessi ai continui cambi di proprietà e cambiamenti organizzativi conseguenti, riorganizzazioni, riduzioni di organico.)                     – Cambiamenti indotti dalle Autorità di Governo con emanazione di nuove rilevanti e stringenti normative.

 Nel manuale del Joint Research Center si possono trovare quindi molti spunti su come organizzare un sistema di rilevazione degli incidenti che possa risultare utile all’operatore per interventi tempestivi e preventivi. Il suggerimento di come registrare in un foglio di lavoro ogni singolo caso incidentale può aiutare anche una piccola impresa a programmare interventi migliorativi evidenziando i punti più vulnerabili: la particolare attività di manutenzione, l’impianto o la vasca più critica, la procedura mancante…     

Il testo disponibile solo in lingua inglese alterna argomenti più discorsivi, e spesso ovviamente noti, ad altre parti decisamente più impegnative dal punto di vista tecnico e metodologico, richiedendo quest’ultimi una preparazione più specialistica, viene richiamata ad esempio la necessità che l’operatore sia dotato di una competenza di base statistica e di specifiche esperienze nell’analisi dei dati e dei metodi dell’analisi incidentale.  Il manuale sembra così uno strumento destinato più a grandi aziende di produzione prevalentemente chimiche o petrolifere (ma non solo) piuttosto che a piccole o medie imprese operanti nel settore del trattamento di superfici. In effetti non credo che i rapporti incidentali in aziende con una media di addetti inferiore a dieci possano fornire un data base sufficiente per giustificare un sistema così metodologicamente evoluto come quello descritto. Potrà in tale contesto essere più utile la descrizione del metodo di analisi del singolo particolare evento che è comunque presente. Trovo che sarebbe stato utile fornire nel testo un allegato a parte con una lista dei siti (quale ad esempio eMars) nei quali sia possibile trovare analizzato e descritto un numero più consistente di incidenti chimici per fornire una serie di lezioni da apprendere anche in quelle piccole unità produttive che hanno (fortunatamente) una casistica limitata.

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