Una ricerca condotta dal World Economic Forum fa un’analisi dettagliata sull’evoluzione della domanda nel mercato del lavoro nei diversi paesi, alla luce dei veloci cambiamenti in atto a livello economico, geopolitico demografico e ambientale.
Quali saranno le competenze più richieste nei prossimi anni sul mercato del lavoro? E come sarà possibile colmare il gap tra i profili professionali di cui avrebbero bisogno le aziende e la reale disponibilità di personale con queste capacità e conoscenze? Anche se è molto difficile fare delle previsioni visto che ormai da alcuni anni il mercato del lavoro evolve molto rapidamente, anche sotto la spinta delle nuove tecnologie, il recente studio “Future of Jobs Report 2025” diffuso dal World Economic Forum, delinea alcune tendenze.
La ricerca è stata condotta raccogliendo i dati di oltre 1.000 aziende attive in 22 settori e 55 economie con l’obiettivo di fornire raccomandazioni attuabili per le imprese, i responsabili politici e gli educatori con l’obiettivo di essere pronti a cogliere le opportunità lavorative di domani. I risultati dell’indagine sono arricchiti dai contributi di ADP, Coursera, Indeed e LinkedIn, che, con i loro dati e le loro analisi, offrono una visione più approfondita delle tendenze occupazionali globali e delle dinamiche della forza lavoro.
La job disruption
In apertura il rapporto “Future of Jobs 2025” del World Economic Forum evidenzia che l’adozione crescente delle tecnologie digitali, i cambiamenti nei rapporti geopolitici, il rallentamento della crescita economica, la transizione green e l’evoluzione dei trend demografici trasformeranno profondamente il mercato del lavoro nei prossimi 5 anni.
Dallo studio emerge che la percentuale di job disruption sarà pari al 22% entro il 2030, con la creazione di 170 milioni di nuovi ruoli e il trasferimento di 92 milioni, con un aumento netto di 78 milioni di posti di lavoro. I progressi tecnologici, i cambiamenti demografici, le tensioni internazionali e le pressioni economiche sono i fattori chiave di che stanno rimodellando le attività in molti settori e le professioni in tutto il mondo.
Sulla base dei dati raccolti, il rapporto rileva che il divario di competenze continua a essere l’ostacolo più significativo alla trasformazione aziendale, con quasi il 40% delle abilità richieste sul lavoro destinate a cambiare: questa criticità viene citata dal 63% dei datori di lavoro la considerano come l’ostacolo principale da affrontare. Si prevede che le competenze tecnologiche in materia di intelligenza artificiale, Big Data e cybersecurity vedranno una rapida crescita della domanda, ma le competenze umane, come il pensiero creativo, la resilienza, la flessibilità e l’agilità, rimarranno fondamentali. Una combinazione di entrambi i tipi di competenze sarà sempre più cruciale in un mercato del lavoro in rapida evoluzione.
Le professioni di domani
Dalla ricerca del World Economic Forum emerge che i ruoli maggiormente richiesti entro il 2030 saranno i braccianti agricoli, gli autisti delle consegne e gli operai edili. Si prevedono aumenti significativi anche per i posti di lavoro nel campo dell’assistenza, come gli infermieri, e dell’istruzione, come gli insegnanti di scuola secondaria, con le tendenze demografiche che determinano la crescita della domanda in tutti i settori essenziali.
Nel frattempo, si prevede che i progressi nell’intelligenza artificiale, nella robotica e nei sistemi energetici – in particolare con la maggiore diffusione delle fonti rinnovabili e dell’ingegneria applicata al comparto ambientale – aumenteranno la domanda di ruoli specializzati in questi ambiti. Nel frattempo, posizioni come i cassieri, gli assistenti amministrativi e i grafici risultano tra quelli in più rapido declino. I ruoli di prima linea e i settori essenziali come l’assistenza e l’istruzione sono dunque destinati a registrare la maggiore crescita di posti di lavoro entro il 2030, così come le professioni legate ad ambiente e tecnologia.
Capacità tecnologiche e umane
La carenza di competenze viene citata da più di un datore di lavoro su due come principale ostacolo alla trasformazione aziendale necessaria per rispondere alle macrotendenze globali. Se la forza lavoro mondiale fosse rappresentata da un gruppo di 100 persone, si prevede che 59 necessiteranno di una riqualificazione o di un aggiornamento entro il 2030 – 11 delle quali difficilmente la riceveranno; ciò si traduce in oltre 120 milioni di lavoratori a rischio di licenziamento a medio termine. Lo studio pone, però l’attenzione sul fatto che mentre le competenze in materia di intelligenza artificiale, Big Data, reti e sicurezza informatica dovrebbero registrare la crescita più rapida della domanda, quelle umane come il pensiero analitico, le capacità cognitive, la resilienza, la leadership e la collaborazione rimarranno fondamentali.
Il supporto tecnologico: pro e contro
L’introduzione dell’intelligenza artificiale sta trasformando i modelli di business: metà dei datori di lavoro a livello mondiale intende adattarsi alle nuove tecnologie. La risposta più comune della forza lavoro a questi cambiamenti dovrebbe essere l’aggiornamento dei lavoratori, con il 77% dei datori che intende promuovere l’aggiornamento professionale, mentre il 41% pensa di ridurre il personale con l’introduzione di nuovi sistemi di automazione. Inoltre, quasi un imprenditore su due prevede di trasferire il personale dai ruoli messi più a rischio dalle tecnologie in altre funzioni aziendali: un cambiamento necessario ma anche un’opportunità per sopperire alla carenza di competenze.
L’entità e la natura dell’impatto che le nuove soluzioni digitali avranno sul mondo del lavoro dipenderanno in maniera sostanziale da come questi strumenti verranno integrati nel sistema produttivo e dall’equilibrio tra il personale e i sistemi di automazione e robotica. A questo proposito dall’analisi globale emerge dunque un doppio ruolo della tecnologia: da una parte stimola la creazione di nuovi posti di lavoro e mansioni, dall’altra è responsabile del declino di alcune figure professionali che verranno progressivamente sostituite o non saranno più necessarie. In questo contesto tra i profili in più rapida ascesa risultano gli specialisti di Big Data, gli ingegneri nel campo fintech e gli esperti di intelligenza artificiale e machine learning.
Cambiamenti economici, demografici e geoeconomici
L’aumento del costo della vita è un altro trend che sta influenzando l’evoluzione del mercato del lavoro, con la metà dei datori che prevede una trasformazione dei modelli aziendali. Sebbene l’inflazione globale si sia attenuata, si prevede che le pressioni sui prezzi e il rallentamento della crescita economica provocheranno la perdita di 6 milioni di posti di lavoro a livello globale entro il 2030.
Un altro fenomeno che sta impattando sul mercato del lavoro è l’evoluzione demografica: da una parte la popolazione in età lavorativa sta invecchiando e diminuendo nelle economie ad alto reddito; al contrario, cresce in molte economie a basso reddito. Non stupisce, dunque, che saranno queste ultime, nei prossimi anni, a fornire quasi due terzi dei nuovi ingressi nel mercato del lavoro. Inoltre, come sottolineato dallo studio del World Economic Forum, nei paesi in declino demografico, dove le aziende fanno più fatica a reperire il personale adeguato, la strategia delle imprese è incentrata sul miglioramento delle capacità di gestione dei talenti, di insegnamento e di mentoring per colmare le lacune.
Un ulteriore tema preso in considerazione dalla ricerca riguarda le tensioni geopolitiche, che rappresentano una delle principali preoccupazioni per il 34% delle aziende. Non solo: per adattarsi alle restrizioni commerciali e ai cambiamenti di politica industrial, le imprese prevedono di attuare strategie di attuare strategie di offshoring e reshoring. E proprio questa situazione internazionale e le relative pressioni accrescono anche la domanda di competenze nell’ambito della sicurezza informatica.
Necessità di un’azione urgente
Dopo aver presentato una panoramica dei principali cambiamenti che stanno permeando il mercato del lavoro, la ricerca si chiude concentrandosi sulle azioni urgenti da realizzare e che richiedono l’intervento congiunto di governi, imprese e istruzione. Le principali aree di intervento riguardano il superamento dei gap di competenze, l’investimento in iniziative di riqualificazione, l’aggiornamento professionale e la creazione di percorsi accessibili per rispondere alla domanda di conoscenze in rapida crescita. È dunque importante che per affrontare i profondi mutamenti delineati nel rapporto sia necessaria un’azione collettiva da parte del governo, delle imprese e dell’istruzione. Dando priorità a strategie e transizioni del personale eque e inclusive – e sostenendo i lavoratori in queste trasformazioni – gli stakeholder possono costruire una forza lavoro globale resiliente e adattabile, pronta a prosperare nei lavori di domani.
I principali posti di lavoro in crescita e in calo entro il 2030
Entro il 2030 i datori di lavoro che operano in Italia si aspettano una trasformazione del modello di business come risposta all’impegno per fronteggiare il cambiamento climatico, puntare su una maggiore digitalizzazione e all’incremento dei costi. Nello specifico il 70% prevede cambi di programma dovuti agli investimenti per ridurre le emissioni di carbonio, rispetto a una media globale del 47%. Per affrontare le molteplici sfide l’85% degli intervistati intende migliorare la propria forza lavoro e il 73% ha già deciso di incrementare il supporto tecnologico. In termini di competenze le figure professionali più richieste saranno gli ingegneri specializzati nell’ambito della robotica, e delle fonti rinnovabili, oltre agli esperti di reti, sicurezza informatica, intelligenza artificiale e gestione ambientale.
Denatalità, un trend mondiale
Tra i fattori che stanno mettendo in affanno il mercato del lavoro, soprattutto il comparto industriale, c’è sicuramente il costante calo delle nascite. Si tratta di un trend preoccupante che non riguarda solo il nostro paese, ma tutte le principali economie. In Giappone e in Europa, la popolazione in età lavorativa si sta riducendo già da molti anni. A loro si sono aggiunti di recente Regno Unito, Canada, Cina e, negli ultimi due anni, anche gli Stati Uniti, secondo i dati demografici delle Nazioni Unite. Il numero di persone in età lavorativa in Cina, per esempio, è destinato a diminuire di oltre il 10%, ovvero 140 milioni di persone, nei prossimi 20 anni. Si tratta di una cifra pari a quella della Germania e dell’Italia messe insieme.
Per quanto riguarda il nostro paese, nei primi tre mesi del 2025 erano previsti 1.4 milioni di ingressi, ma uno su due è difficile e ad essere in difficoltà è soprattutto il comparto manifatturiero: mancano le competenze tecnico-scientifiche, ci sono meno giovani. Nella fascia d’età tra i 15 e i 34 anni nel 2004 gli occupati erano 7.632.000, nel terzo trimestre 2024 sono passati a 5.467.00, quindi in vent’anni sono stati persi più di due milioni di occupati under 34 e gli stessi numeri caratterizzano anche la fascia centrale dell’occupazione, vale a dire i 35-49enni. Ma non basta: un altro fattore negativo che pesa negativamente sulle prospettive del mercato del lavoro nel nostro paese è la fuga dei cervelli, tra il 2011 e il 2023, secondo i dati della Fondazione Nord Est sono 550 mila i giovani tra i 18 e i 34 anni emigrati all’estero. Si stima che il valore del capitale umano uscito sia pari a 134 miliardi.
E siamo poco attrattivi. Per ogni giovane che arriva in Italia dai paesi avanzati, otto italiani fanno le valigie e vanno all’estero. L’Italia si piazza all’ultimo posto in Europa per attrazione di giovani, accogliendo solo il 6% di europei, contro il 34% della Svizzera e il 32% della Spagna. In questo contesto il mondo del lavoro sta riscoprendo il valore degli over 50 che da problema si sono trasformati in risorsa. Se fino a pochi fino a pochi anni fa erano considerati una fascia d’età poco attraente, soprattutto dal punto di vista del reinserimento lavorativo dopo la perdita di una precedente occupazione, oggi sono tra i profili più ricercati dagli imprenditori, come testimoniano anche i dati Istat: i 456 mila occupati in più rilevati tra dicembre 2022 e dicembre 2023, sono per la gran parte appartenenti alla fascia d’età sopra i 50 anni (+362 mila).
Inoltre, secondo le proiezioni dell’istituto di statistica, entro il 2040 la popolazione residente si dovrebbe ridurre di 2.5 milioni di persone; quella trai 15 e i 64 anni di oltre sei. Quindi la spinta al lavoro è legata proprio agli over 50, che peraltro possono contare su un bagaglio di conoscenze, competenze abilità che spesso sono proprio quelle richieste per i profili specializzati.