La previsione della vita utensile si è evoluta nel tempo e continua a evolversi, poiché ad oggi non esiste ancora una metodologia certa per determinarne l’esatto momento di rottura.
La vita utensile è uno dei problemi maggiori che affliggono il settore manifatturiero dall’alba dei tempi. Gli utensili sono un costo non indifferente nelle lavorazioni meccaniche e questo è particolarmente vero nelle macchine utensili.
Essi giocano un ruolo fondamentale in quanto non solo concorrono naturalmente alla corretta realizzazione del componente in fase di lavorazione, ma la loro rottura o usura può avere effetti disastrosi non solo sulla macchina utensile in sé, ma anche sul prodotto finito.
Basti pensare che la lavorazione di un basamento partendo da un grezzo di fonderia può richiedere decine di ore e la rottura di una punta a forare può compromettere non solo la singola feature ma anche tutto il prodotto se essa non può essere rimossa.
Inoltre, anche nel caso in cui si riesca a recuperare questi grezzi importanti, le ore di fermo macchina costituiscono una perdita di produttività ed economica estremamente rilevante. Prendiamo come esempio una lavorazione di foratura su un tornio motorizzato tre assi.
Operazioni come questa sono ad alto rischio in quanto qualora l’utensile si rompesse causerebbe non solo la perdita dell’utensile stesso ma anche il rischio di danni a catena sulle successive lavorazioni sulla medesima feature.
I vecchi approcci
La vita utensile è stata storicamente calcolata in una singola maniera: Taylor. Frederick Winslow Taylor fu un ingegnere meccanico statunitense che si occupò agli inizi del ‘900 di efficientamento dei processi industriali.
A lui si deve la teorizzazione della formula che porta il suo nome nel 1907 che, a distanza di oltre un secolo, domina i modelli di predizione della vita utensile. La sua formula (V_C∙T^n=C) mette in relazione la vita utile dell’utensile (T) e la velocità di taglio (V_C) dove C ed n sono costanti da determinare.