L’esperto e l’arte dell’accrocchio

Emiliano Corrieri

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accrocchio

Tra pezzi impossibili e soluzioni “creative”, l’esperienza del piegatore diventa spesso l’unico antidoto a errori progettuali e sottovalutazioni. Ma a che prezzo? E quando l’accrocchio diventa la norma, il rischio si fa sistema.

C’è una costante nel settore della piegatura che dovrebbe far riflettere. Moltissime aziende sono alla ricerca disperata di operatori, meglio se esperti.

Durante questi intensi anni di formazione e consulenza al fianco di centinaia di aziende, in cui ho avuto l’onore e il piacere di conoscere bravissimi professionisti appassionati, ho potuto constatare che se c’è una cosa che accomuna molti esperti, le “cinture nere” della piegatura, è proprio il vanto di essere quasi sempre in grado di realizzare il miracolo.

Per miracolo intendo quel pezzo che “tutti dicevano irrealizzabile, ma io ce l’ho fatta”. Ben intesi: mica coadiuvato dalla giusta attrezzatura, non sia mai! Bensì con quello che c’è in casa perché «era un lotto minuscolo» oppure «gli utensili costano»…

Non è raro, ultimamente, vedere sui social post di pezzi veramente ai limiti del possibile, realizzati a suon di esperienza da parte di operatori “vecchio stampo”, quelli che… «la teoria è roba inutile: solo la pratica ti insegna!»

Certo, la pratica è fondamentale ma, se guidare un’auto per strada, senza mai aver frequentato una scuola guida, può facilmente apparire a tutti una pratica ai limiti del criminale, perché invece un’operazione complessa come la piegatura avrebbe valore solo se svolta dopo una carriera di tentativi?

Come non comprendere che sia oltremodo limitante conoscere gli effetti ma non le cause di ciò che si fa? Uno degli ultimi particolari mostrato con orgoglio su un noto social professionale era un pezzo piuttosto spesso con due pieghe a “Z” troppo vicine per essere realizzate.

«Mi dicevano tutti che era impossibile ma grazie alla pratica… problema risolto!» Sì, in realtà grazie all’arte di “accrocchiare”, si può andare ben oltre i limiti delle macchine e degli utensili, rischiando di danneggiare le attrezzature e, soprattutto, di farsi molto male.

Ma non finisce qui: alla fine, se si stesse veramente a guardare, un caso risolto, inizialmente ritenuto irrisolvibile, corrisponderebbe, quasi sempre, a una perdita in termini di guadagno. Il perché vediamolo insieme.

Una filiera da educare

Sono dell’idea che, tranne in pochissimi casi particolari, un pezzo irrealizzabile, se non grazie a un accrocchio di un esperto, corrisponda a una manifesta ignoranza da parte del progettista che lo abbia concepito.

Sì, perché se si conoscessero a monte i limiti sicuri del processo, si scoprirebbe che certe pieghe vanno allungate, certi fori spostati dalle linee di piega, certe distanze tra due deformazioni aumentate, certi pezzi… semplificati a parità di funzione.

Attenzione: quando parlo di “accrocchio” sto parlando di quelle invenzioni che permettono di realizzare l’irrealizzabile, soltanto perché non si tiene conto o non si conoscono i limiti di cui sopra.


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