Convertire i rifiuti di plastica poliolefinica in carburanti a impatto zero

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Un team di ricerca della Purdue University ha sviluppato un sistema basato sulla liquefazione idrotermica che permette la conversione dei rifiuti di plastica poliolefinica in materiali utili come polimeri, nafta, solventi o altri carburanti puliti. I combustibili derivati da questo sistema potrebbero soddisfare il 4% della domanda annua di benzina o diesel.

L’innovazione nasce dalla riflessione della dottoressa Linda Wang, coordinatrice del team di ricerca presso la Davidson School of Chemical Engineering della Purdue University, rispetto i dati sulla presenza di plastiche negli oceani, nelle falde acquifere e più in generale nell’ambiente: delle 8.3 miliardi di tonnellate di plastica prodotte negli ultimi 65 anni, il 12% è stato incenerito e solo il 9% riciclato. Il rimanente 79% (oltre 6.5 miliardi di tonnellate) circola disperso tra le terre emerse e gli oceani. La plastica poliolefinica rappresenta circa il 23% del totale dei rifiuti di plastica. Il processo di conversione comprende l’estrazione selettiva e la liquefazione idrotermica: nell’esperimento condotto dai ricercatori della Purdue University, il polipropilene è stato trasformato in carburante tramite l’utilizzo di acqua supercritica a 380-500° C e 23 MPa di pressione per un tempo di reazione tra 1 e 6 ore. Circa il 91% del campione è stato convertito in carburante a una temperatura di 425 °C. I carburanti prodotti nel processo sono olefine, paraffine, idrocarburi ciclici e aromatici; la quasi totalità dei composti ottenuti possiede temperature di combustione e capacità energetica comparabili con quelli delle tradizionali nafte. Una volta che la plastica viene convertita in nafta, può essere utilizzata come materia prima per altre sostanze chimiche o ulteriormente separata in solventi speciali o altri prodotti.

Una nuova gestione della plastica

Regolamentare i rifiuti di plastica, riciclandoli o semplicemente incenerendoli, non risolve il problema. I materiali plastici degradano lentamente e rilasciano microplastiche e agenti chimici tossici nel suolo e nelle acque. Una vera e propria catastrofe, perché nel momento in cui questi inquinanti entrano nell’ambiente, ad esempio negli oceani, diventano impossibili da recuperare completamente.

Il principale obiettivo della ricerca è sviluppare un movimento organico interessato a convertire rifiuti poliolefinici in una vasta gamma di prodotti utili, come polimeri, nafta o carburanti puliti. La tecnologia attualmente introdotta ha il potenziale di far esplodere i profitti delle industrie del riciclo e impattare fortemente sulle riserve mondiali di rifiuti di plastica.

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