Industrial IoT: si riduce il gap tra grandi aziende e Pmi

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Secondo i dati dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano, il divario fra grandi aziende e Pmi in termini di consapevolezza e propensione a innovare in ottica 4.0 si sta gradualmente riducendo.

Un sondaggio condotto su un campione di 102 grandi gruppi e 295 piccole-medio imprese italiane mostra che il 94% delle prime conosce le soluzioni IoT per l’Industria 4.0 e il 68% ha avviato almeno un progetto, mentre fra le Pmi il 41% ne ha sentito parlare e il 29% ha attivato iniziative.

Nonostante ci sia ancora distanza, il dato positivo è che nel 2020 il gap è diminuito del 5% in termini di conoscenza dell’Industrial IoT e del 6% per quanto concerne la presenza di progetti.

Riguardo alle applicazioni dell’IIoT, le più diffuse sono quelle legate alla gestione della fabbrica (smart factory, 66% dei casi), soprattutto per il controllo in tempo reale della produzione e dei consumi energetici; poi quelle di supporto alla logistica (smart logistics, 27%), guidate dalla tracciabilità dei beni nel magazzino o lungo la filiera; e lo smart lifecycle (7%), con progetti per migliorare lo sviluppo di nuovi modelli e l’aggiornamento dei prodotti.

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L’analisi

«L’emergenza – ha affermato Giovanni Miragliotta, responsabile scientifico dell’Osservatorio Internet of Things – ha portato incertezza fra le imprese ma non ha arrestato la crescita dell’Industrial IoT. Il mercato si sta progressivamente spostando dalla vendita del solo hardware alla vendita di servizi aggiuntivi, con tre realtà su quattro che hanno avviato progetti di questo tipo, fra cui spiccano i servizi di tipo informativo, 84%, come le notifiche push in caso di evento avverso, e quelli per l’energy management, 45%. La possibilità di attivare questi servizi passa dalla capacità di analizzare, gestire e valorizzare i dati raccolti da impianti e macchinari connessi, che però è ancora scarsa sia nelle grandi industrie, solo il 38% usa i dati, sia nelle Pmi, 39%, a causa di ridotte competenze e risorse finanziarie e delle difficoltà di integrazione tecnologica».

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