Walter Fontana: non è mai troppo tardi per internazionalizzarsi?

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«Per internazionalizzarsi oggi serve una forza gestionale e amministrativa più robusta che è il segreto per competere da protagonisti all’estero. In assenza delle dimensioni giuste pensare di aprire presidi produttivi o commerciali oltreconfine non mi sembra adesso un’idea vincente. È più difficile che in passato anche per via dei cambiamenti intervenuti sulla struttura stessa dei mercati che sino a qualche anno fa girava a pieno regime per tempi, modalità ed entità dei pagamenti, per esempio». Così parlò a Stampi l’amministratore delegato del Gruppo Fontana Walter Fontana e per capire come le sue osservazioni siano tutt’altro che campate in aria basta dare un’occhiata al curriculum globale suo e della sua azienda con sede alle porte di Lecco.

Racconta di una globalizzazione azzannata tempestivamente e della capacità di ridefinire tipologie e approdi del business prima ancora che il mercato o le crisi potesse richiederlo con i consueti toni ultimativi e imperativi. «Siamo in attività dal 1956 e il nostro cammino di internazionalizzazione è iniziato alla metà degli anni Settanta dello scorso secolo», ha detto Fontana, «quando ci affacciammo a Turchia e Germania. A Istanbul abbiamo poi realizzato un impianto nel 2003 prima di inaugurarne nel 2009 un altro in Romania. Ma abbiamo compiuto esperienze negli Stati Uniti, in Cina, Russia e in India». Orgoglioso di potersi definire un imprenditore che «ha investito, diversificato, aumentato l’occupazione e il business, ha internazionalizzato», Fontana più o meno consapevolmente ha messo in atto una delle ricette strategiche che i consulenti economici adesso prescrivono a fini di export: «Fontana Group ha agito da pioniere», ha detto, «soppesando varie opportunità di joint venture su altri fronti come quello russo o cinese. Oltre ai legami storici col territorio tuttavia la Turchia poteva garantirci qualcosa di più: un tessuto industriale e terzisti di qualità, buoni acciai e ottima ghisa». Conoscere a fondo le nazioni di possibile approdo è insomma una regola d’oro posta in pratica dal gruppo lariano che oggi ha differenziato i suoi settori di interesse realizzando anche carrozzerie e che ha adottato la stessa tattica anche in Romania. Il risultato è una forza lavoro complessiva da 730 unità e stabilimenti «che per caratteristiche hanno pochi eguali in Italia» dedicati qui alle produzioni a maggior valore aggiunto; all’estero comunque in grado di conquistarsi clienti di primissimo piano: «I player dell’auto», ha proseguito l’amministratore delegato, «oggi conoscono costi e caratteristiche del mercato globale e una varietà di grandi brand sta portando avanti progetti in Paesi come la Romania offrendo anche a noi enormi opportunità. In terra romena non a caso il nostro peso può raddoppiare entro breve anche in virtù di un’altra nostra peculiarità che è la vicinanza ai clienti. Abbiamo costantemente lavorato in qualità di capi-commessa», ha concluso Fontana, «sviluppando la capacità di seguire le tendenze e le oscillazioni della globalizzazione».

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