I segreti di uno stampo in composito

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E’ possibile affermare che l’avvento dei materiali compositi nel settore industriale stia interessando anche il mondo dello stampaggio. I compositi utilizzati per la costruzione di stampi si stanno rivelando una ottima alternativa ai materiali metallici, specie su alcune particolari applicazioni.

La nascita dei materiali compositi moderni si deve al grosso impegno profuso dall’industria aerospaziale e aeronautica in termini economici che umani. In questi settori, dove è forte la richiesta di materiali dalle elevate proprietà meccaniche, ma a peso contenuto, il loro affermarsi è stato straordinario, già a partire dagli anni ‘60.

Figura 1
Fig.1 il MAT

Materiali metallici, quali leghe di alluminio e di titanio, non sempre offrono un valido compromesso tra resistenza, peso e costo. Per questo motivo i ricercatori si sono spesso rivolti a quegli elementi con bassi valori nel peso molecolare, come il carbonio, cercando di combinarli al meglio in compositi per sfruttare le loro caratteristiche.

Il materiale composito è l’unione di due o più materiali che, pur conservando ciascuno la propria identità chimica e fisica, contribuiscono mutuamente a fornire proprietà meccaniche e fisiche di molto superiori.

In ogni tipo di materiale composito possiamo identificare:

• una fase omogenea, detta matrice, che definisce forme e volume della struttura in cui è inserita;

• una fase discontinua, detta rinforzo, che è costituita da entità multiple distribuite più o meno uniformemente nella matrice con il compito di assicurare rigidezza e resistenza meccanica.

Il loro utilizzo investe ambiti sempre più ampi.

Materiali e stampi in composito

Persino nella produzione degli stampi si sta facendo strada l’utilizzo di materiali compositi in sostituzione alle comuni tecniche di stampaggio di materie plastiche o di metalli. Sebbene sia ancora un settore di nicchia, legato prevalentemente ai produttori stessi di elementi in composito, questi nuovi materiali combinati di fibre e resina polimeriche forniscono agli stampi vantaggi considerevoli, soprattutto dal punto di vista funzionale: per esempio permette di avere geometrie e forme complesse e idoneità di proprietà chimiche-fisiche del tutto comparabili all’oggetto finale (requisito indispensabile durante il processo di lavorazione). Inoltre assicura al pezzo tolleranze dimensionali specifiche e precisione geometrica.

Infatti, è sempre più usuale oggigiorno trovare aziende che all’interno della loro catena produttiva abbiano inserito una filiera indirizzata alla realizzazione di stampi in vetroresina o in fibra di carbonio, entrambi esempi di materiali compositi di ampia diffusione e conoscenza. Per esempio possiamo trovare applicazioni per il settore nautico o per quello automotive, di stampi dalle dimensioni più svariate, che vanno da quelle contenute di un disco del sistema frenante a quelle voluminose di uno scafo di una imbarcazione.

Di grande importanza è la scelta del materiale per lo stampo. Da questa scelta dipende il numero di particolari da produrre e le dimensioni finali del pezzo prodotto, nonché il costo dello stampo. In questo ambito ci riferiremo a compositi fibrosi a matrice plastica, detti anche Plastici Rinforzati (FRP ovvero Fiber Reinforced Plastic). Le fibre, con la loro azione di rinforzo, costituiscono l’elemento strutturale primario in un composito: comunemente impiegate sono quelle di vetro e quelle di carbonio, caratterizzate da alte prestazioni meccaniche come elevata resistenza a trazione e considerevole modulo di elasticità, paragonabili a quelle dell’alluminio e dell’acciaio. Queste fibre richiedono di essere accoppiate a matrici polimeriche termoindurenti, quali poliestere o epossidica, il cui compito principale è quello di garantire il trasferimento degli sforzi fra la struttura circostante e le fibre immerse, oltre a proteggerle da danni esterni.

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Fig.2 Tessuto di fibra di carbonio direzionale, preimpregnata da resina epossidica

Le fibre sono fornite in tessuti (Fig. 2) che possono differenziarsi sulla base degli spessori delle singole fibre e dei tessuti nel loro complesso, ma anche per la tramatura, ossia per la tipologia di intreccio delle fibre e la loro direzionalità. E’ bene fare estrema cura a questi particolari, perché possono modificare sia gli spessori in gioco che la resistenza dello stampo. La soluzione più conveniente per gli stampi è quella di combinare diverse tipologie di tessuti. Il MAT, ad esempio, si presenta con fibre disposte in direzioni irregolari e staccate l’una dall’altra (Fig. 1). Ne conseguono caratteristiche meccaniche e strutturali piuttosto scarse che ne consigliano l’utilizzo come materiale di riempimento per gli stampi.

E’ anche ottimo per tamponare fessure e spigoli dove sarebbe difficile agire con altri tipi di tessuto. Il MAT va accoppiato con tessuti “bilanciati”, quali quelli strutturali, TWILL (“lisca di pesce”) o PLAIN (“a scacchi”), che variano molto per caratteristiche in base alla tramatura e al peso (Fig. 3). Per gli stampi trovano applicazioni “grammature” comprese tra i 200 e i 400gr/mq.

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Fig.3 Esempi di tramatura con cui sono disponibili i tessuti di composito

Costruire uno stampo

La realizzazione di uno stampo in composito prevede sempre, indipendentemente dalla tecnologia di processo impiegata, le tre fasi fondamentali di:

  • disposizione delle fibre di rinforzo
  • impregnazione delle fibre
  • consolidamento (reticolazione resina)

In via del tutto generale realizzare stampi in compositi significa seguire una ben precisa sequenza di operazioni codificate e piuttosto standardizzate. La loro corretta e attenta esecuzione permette di ottenere il risultato voluto. Queste operazioni sono di seguito descritte:

1. Curare le superfici

Il punto di partenza per la costruzione di uno stampo perfetto è assicurarsi della qualità del modello originale: su questo modello si andrà a costruire lo stampo femmina. E’ importante, quindi, rimuovere ogni tipo di difetto superficiale dal modello che altrimenti andrebbe a rispecchiarsi negli stampi e quindi sul prodotto finito. Le superfici del modello devono essere in perfette condizioni (assenza di righe, macchie in rilievo, polveri, sporco, crepe ecc..); in questo caso, per garantire una pulizia profonda su tutta la superficie, è sufficiente passare un panno imbevuto con sostanza sgrassante per poi detergere tramite una spugna morbida, essenziale a non graffiare il pezzo.

2. Applicare distaccante e resine

Si passa alla stesura del distaccante sul modello, fase determinante della buona uscita dello stampo. Esistono in commercio svariate sostanze distaccanti, ciascuna specifica per un certo impiego. Nel caso dello “stampaggio a freddo” (ossia a temperatura ambiente), si consiglia di utilizzare alcool polivinilico. Questo materiale filmogeno che viene steso o a pennello o a pistola, una volta seccato, diventa un film molto sottile che crea una barriera protettiva contro agenti aggressivi come possono essere i solventi presenti nelle resine (soprattutto poliestere). Una volta certi della completa essicazione del distaccante inizia la stesura del “gelcoat”, che è una resina di natura poliestere o epossidica.  Queste resine gelcoat, a differenza di quelle di laminazione, si presentano molto più dense e cariche di agenti rinforzanti e “vetrificanti”.

3. Stendere gli strati di tessuto

La maggior parte del lavoro deve ancora arrivare e riguarda la stesura (“laminazione”) manuale delle fibre di rinforzo.

La laminazione inizia con la deposizione di un primo strato di MAT che, data la sua caratteristica di scarsa compattezza, una volta imbevuta di resina si sfalda seguendo tutte le geometrie del pezzo. Questo permette di attenuare le irregolarità della sagoma, dando una forma più smussata, adatta a proseguire con i tessuti bilanciati. Come secondo, terzo strato e così via, si utilizzano i tessuti bilanciati (twill o plain) che permettono di irrobustire il tutto. Posizionata bene ogni trama, si procede con l’impregnazione delle fibre con la resina scelta (epossidica, vinilestere o poliestere), avendo cura di evitare l’inglobamento di bolle di aria.

Gli stampi possono anche essere realizzati con tessuti preimpregnati di resina. In commercio si trovano tessuti di fibra di vetro o carbonio preimpregnati con epossidica, appositamente sviluppati per essere utilizzati nella realizzazione di stampi. Consentono una polimerizzazione già a bassa temperatura (attorno ai 60- 65°C) anche se devono comunque essere sottoposti a successivi cicli di post-cura perché possano raggiungere adeguate proprietà meccaniche. Questi “pre-preg” offrono una grande praticità d’uso, risparmio di tempo, minori utensili da lavoro e garantiscono impregnazioni uniformi eliminando i rischi di porosità.

4. Arrivare al giusto spessore

Per la realizzazione di uno stampo in composito in grado di resistere ad un utilizzo ripetuto, diverse considerazioni devono essere fatte relative alla sua robustezza. La struttura deve avere uno spessore adeguato alle dimensioni per assicurarne la stabilità ed evitare deformazioni. Generalmente lo spessore dello stampo è proporzionale alla grandezza del pezzo da produrre e si aggira nell’ordine di 5-6 mm. I pre-impregnati permettono di costruire rapidamente stampi dello spessore richiesto grazie alla variabilità della consistenza  dei tessuti che si trovano in commercio. Di solito, si stendono sul modello un paio strati di tessuto a bassa grammatura all’incirca 200 g/mq. Questi tessuti leggeri, grazie alla loro morbidezza, replicano con massima precisione i dettagli del modello, perché si adagiano facilmente intorno alle curve e agli angoli della struttura. Si comportano come il MAT, ma garantendo maggiori prestazioni.

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Fig.4 Preparazione di uno stampo in carbonio: dopo la deposizione sul modello iniziale del tessuto preimpregnato, si passa alla compattazione degli strati tramite sacco a vuoto, in basso a destra si nota il collegamento del sacco con la pompa del vuoto, necessaria ad eliminare le bolle di aria rimasta intrappolata

Successivamente si passa alla stratifica di tessuti con grammatura più elevata, 600-800 g/m2, più spessi, fino a raggiungere le dimensioni dello stampo desiderate (Fig. 4). Per velocizzare i tempi di manodopera, si può ricorrere a stuoie, tessuti a grossa trama, spessi 2-3 mm, con le quali lo spessore dello stampo è presto raggiunto.

5. Staccare gli stampi polimerizzati  

Nonostante il distaccante, l’estrazione del pezzo dallo stampo non è semplice ed immediata: bisogna fare molta attenzione a non danneggiare entrambi, accertandosi prima della completa catalizzazione della resina. Si utilizzano di solito spatole di plastica e non di ferro per minimizzare il rischio di graffi.

6. Pulire lo stampo

Il processo termina con la pulizia dello stampo. I residui di lavorazione sono rimossi con una spugna imbevuta di acqua. Una buona lucidatura è comunque consigliabile per eliminare eventuali residui del distaccante ed ottenere una superficie più lucida e regolare possibile.

Il composito anche in architettura

Un esempio chiaro della versatilità dei compositi è dimostrato nell’ambito dell’architettura. Durante i lavori di restauro della cattedrale Sagrada Familia di Barcellona si sono utilizzati stampi costruiti mediante laminazione manuale in composito di vetro con resina poliestere, che sono stati impiegati soprattutto per le finestre e per la parte superiore delle colonne interne dell’edificio.

Fig 8

È stato scelto di utilizzare il composito, invece dei materiali più tradizionali, per le ottime caratteristiche di lavorabilità, flessibilità e qualità che hanno permesso la produzione di stampi partendo direttamente dai modelli in gesso. In questo modo è stato possibile seguire perfettamente le complesse geometrie delle forme disegnate da Gaudì. Gli stampi in vetroresina non si deformano e perciò è possibile riutilizzarli più volte grazie alla modularità delle forme. Ultima, ma non meno importante, la leggerezza del composito permette di movimentare gli stampi molto meglio di quanto si può possa fare utilizzando materiali tradizionali.

Fig 8B_bisGli stampi sono stati rinforzati con dei profili di acciaio annegati nel laminato durante la produzione. Dopo la posa in opera degli stampi, facilitata dalla leggerezza del composito durante il posizionamento nella parte più alta delle colonne, essi sono stati riempiti da una mescola speciale di cemento bianco addizionato con frammenti di pietra naturale di colore simile a quella utilizzata per la costruzione originale. Quando gli stampi sono stati rimossi e la superficie è stata trattata con acido per mettere a vista i frammenti di pietra, l’effetto finale è stato di un materiale naturale.

Vantaggi e nuovi mercati

La realizzazione di uno stampo in composito nasce nella prospettiva di abbattere i costi rispetto ai più tradizionali stampi metallici con l’ulteriore vantaggio di poter produrre  all’interno della stessa azienda lo stampo. Questo aspetto è particolarmente importante poiché consente maggiore flessibilità del processo produttivo, maggior controllo della filiera e tempi di realizzazione decisamente più ridotti. Inoltre, questa soluzione si presta ad affiancare piccole produzioni (anche sperimentali) dove talvolta si fa fatica a commissionare ad esterni la realizzazione dello stampo. Consentono di creare geometrie complesse in modo semplice e rapido; sono assenti da porosità; sono appositamente coperti all’interno da un gelcoat che permette una finitura perfetta del pezzo senza necessità di altri interventi; possono essere modificati o riparati con semplicità.

Quando sono riscaldati offrono una espansione termica minima che li rende adatti ad essere utilizzati a partire dalla temperatura ambiente fino ad oltre 200°C. Sono molto più leggeri dei loro equivalenti metallici, aprendo cosi la strada all’impiego di una categoria di stampi agevoli e non pesanti. Pertanto i produttori di materiali compositi sono entrati in questo nuovo mercato competitivo che li favorisce grazie alle complessità progettuali che i compositi permettono, ma che sarebbero praticamente impossibili da realizzare con i materiali tradizionali.

Dilatazioni termiche

Particolare attenzione va posta agli aspetti relativi alle dilatazioni termiche che avvengono durante il processo di stampaggio. L’aumento di volume durante il riscaldamento è un fenomeno fisico fortemente condizionante. Nell’utilizzo di stampi tradizionali, i coefficienti di dilatazione termica di stampo e pezzo sono spesso diversi, portando a problemi di dilatazioni termiche differenziali e conseguenti imprecisioni realizzative. Nel caso degli stampi in composito, utilizzati per produrre parti anch’esse in composito, questo problema è più semplice da risolvere: è abbastanza agevole utilizzare per gli stampi materiali con dilatazioni termiche compatibili con quelle delle parti realizzate.

Fig. 5 - Stampo in fibra di carbonio di giunto sferico per sospensione: realizzato con lo stesso materiale del manufatto garantisce precisione dimensionale e geometrica
Fig.5 Stampo in fibra di carbonio di giunto sferico per sospensione: realizzato con lo stesso materiale del manufatto garantisce precisione dimensionale e geometrica

Di conseguenza, i due oggetti a contatto si dilatano in uguale misura sotto effetto combinato della pressione e della temperatura (Fig. 5). Questa accortezza evita anche il crearsi di tensioni residue all’interno dello stampo, che potrebbero svilupparsi durante il raffreddamento per effetto di una differente inerzia termica dei due diversi materiali. Le tensioni residue interne sono in genere indesiderate poiché abbassano il limite elastico e causano la tendenza del componente a deformarsi durante l’utilizzo. Il composito in fibra di carbonio ha un coefficiente di dilatazione termica 50 volte inferiore a quello dell’alluminio.

Fig. 6 - Stampo in fibra di carbonio per cerchione di una ruota realizzata interamente in composito
Fig.6 Stampo in fibra di carbonio per cerchione di una ruota realizzata interamente in composito

Questo dato rende evidente come il composito rappresenti la scelta tecnica migliore per costruire manufatti in composito.

I vantaggi del metallo

Tuttavia bisogna anche considerare alcuni svantaggi degli stampi in composito che ne limitano di molto l’impiego. Sono economicamente dispendiosi perché la materia prima è più costosa: il carbonio è, in genere, più costoso dell’alluminio, di sicuro molto più dell’acciaio. Inoltre, il processo realizzativo è prevalentemente manuale con la necessità di ricorrere a tecnici specializzati. D’altro canto, non necessita di particolari e costose apparecchiature per l’intaglio come per i metalli (smerigliatrice, fresatrice). Tuttavia  il vero limite risiede nel fatto che gli stampi in composito non sono adatti per produzioni impegnative dato che si usurano rapidamente. Questi stampi possono essere utilizzati per 150 cicli di stampaggio senza che perdano le caratteristiche meccaniche iniziali: un numero molto inferiore degli stampi in metallo.

E’ possibile affermare che l’avvento dei materiali compositi nel settore industriale stia interessando anche il mondo dello stampaggio. I compositi utilizzati per la costruzione di stampi si stanno rivelando una ottima alternativa ai materiali metallici, specie su alcune particolari applicazioni.

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Fig.7 Stampo combinato alluminio-carbonio: esempio di come i materiali compositi siano entrati a far parte del settore dell’industria degli stampi, tipicamente realizzati in metallo

Questa importante novità è destinata a creare un importante confronto tra gli addetti del settore sulla rilevanza delle tecnologie. Questa situazione favorirà una più rapida evoluzione in processi e prodotti.

La presente analisi è parte di una attività di ricerca più ampia, realizzata presso l’Università di Bologna e finalizzata allo sviluppo di azioni industriali di metal replacement. Lo studio si inquadra all’interno del programma di intervento ROBOTRAINING, progetto finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico attraverso l’Accordo Quadro Mi.S.E.-ICE-CRUI.

Una risposta

  1. Buon giorno,complimenti per il vostro sito ben strutturato e facile da consultare,e tante notizie importanti.
    Vorrei chiedervi un consiglio o se fosse possibile delle informazioni,riguardo alle possibili riparazioni e controlli non distruttivi che si possono fare in logo ,la dove il cliente chiama.vorrei sapere se esistono dei corsi,e quali fornitori vendono i macchinari necessari per poter intervenire in piena mobilita’ consentendo l’intervento della riparazione o anche il controllo ndi.
    L’unico indizio che ho e’ che leggendo su una rivista vedevo che esiste la cosi’ detta coperta termica una forma di piccola autoclave,che permette la riparazione del manufatto in composito.
    grazie in anticipo per la vostra preziosa risposta

    cordiali e distinti saluti
    maurizio caserta

I commenti sono chiusi.

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