L’industria dei falsi è in piena salute

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Grazie alle nuove possibilità offerte dai canali digitali, il fenomeno dei falsi è in costante espansione in tutto il mondo e l’Italia risulta uno dei paesi più colpiti da questa forma di commercio illegale.

Sono numeri da capogiro, superiori al Pil di stati come l’Austria o la Danimarca, quelli riguardanti il giro d’affari della contraffazione a livello mondiale. Questo business illegale è cresciuto costantemente e come riportato in diversi report che analizzano l’entità del fenomeno si può parlare di una vera e propria “industria globale dei pezzi taroccati” che coinvolge trasversalmente tutti i settori: dalla meccanica all’elettronica, dall’informatica alla moda e all’agroalimentare, per citarne alcuni.

Secondo un rapporto realizzato dall’Ufficio UE per la proprietà intellettuale (Euipo) e dall’Ocse, il business dei falsi ha raggiunto i 460 miliardi di euro contro i 338 miliardi del 2016 e la quota sul totale del commercio mondiale è quindi salita dal 2,5 al 3,3%. I paesi più colpiti dal fenomeno sono gli Usa, la Francia, l’Italia, la Svizzera, la Germania e il Giappone. Per i soli paesi dell’Unione Europea, il report indica che la quota di merci contraffatte o piratate importate nei 28 membri ha raggiunto i 121 miliardi di euro, cioè il 6,8% delle importazioni complessive. I beni copiati spesso hanno dei prezzi vantaggiosi, gli imballaggi sono praticamente identici e i pezzi contenuti possono sembrare uguali agli originali anche a un occhio esperto. Ma nella realtà poi la qualità e l’affidabilità risultano scadenti con il rischio di compromettere la produttività e la sicurezza di tecnologie e persone. La Cina è il primo produttore di merci contraffatte e l’Italia è il terzo paese più colpito dai «falsi» che provocano la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro e un mancato gettito fiscale per svariati miliardi.

La contraffazione in Italia

«La fine della crisi economica e i timidi segnali di ripresa dei consumi si riflettono anche sugli acquisti dei prodotti falsi, che nell’ultimo biennio sono cresciuti in valore». È quanto emerge dal Rapporto 2018 intitolato “Il valore economico e l’impatto fiscale della contraffazione” realizzato dalla Direzione Generale per la lotta alla contraffazione-UIBM del Ministero dello Sviluppo Economico. Dallo studio emerge che il fatturato totale di questo business illegale nel 2017 ha raggiunto in Italia un valore stimato di oltre 7 miliardi di euro con una crescita del 3,4% rispetto al 2015. Come evidenziato dallo studio i contraffattori sono rapidi ed efficaci nell’adattare le proprie modalità di azione alle evoluzioni del mercato, che diventa sempre più digitale: «La distribuzione della spesa per settori merceologici riflette la capacità di adattamento della filiera del falso ai cambiamenti nei gusti e nelle modalità di acquisto che sono intervenuti negli ultimi anni, con un aumento significativo del mercato on line. Le grandi potenzialità di penetrazione dell’ecommerce, la garanzia di anonimato, la capacità dei siti web di scomparire e rigenerarsi e la difficoltà di individuare la filiera, hanno fatto sì che si moltiplicassero piattaforme, siti web, pagine social per la commercializzazione di prodotti falsi, e che aumentassero gli acquisti, spesso da parte di consumatori inconsapevoli».

Questo business illegale crea danni consistenti all’economia reale in modo diretto e indiretto. Immettendo la “domanda perduta” sul mercato legale si avrebbero un incremento dello 0,6% della produzione interna, per un valore complessivo di 19.4 miliardi di euro, e una ricchezza aggiuntiva per il paese di 7 miliardi di euro, oltre a una crescita dello 0,4% dell’occupazione totale.

Progetto pilota condotto da ANFIA, Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica, e da Convey, per contrastare il fenomeno della contraffazione.

Metodologie evolute per contrastare la contraffazione virtuale

Paolo Vasone, coordinatore della sezione Aftermarket di ANFIA.

«Le nuove forme di contraffazione che sfruttano le opportunità offerte dai mercati virtuali non sono più affrontabili con i metodi tradizionali». È quanto emerge da un progetto pilota condotto dall’ANFIA, Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica, e da Convey, società specializzata nei servizi per la lotta alla contraffazione online tramite la tutela dei diritti di proprietà intellettuale in internet. Abbiamo approfondito il tema in un’intervista a Paolo Vasone, coordinatore della sezione Aftermarket di ANFIA.

Da parecchi anni la contraffazione è un competitor agguerrito per molti settori produttivi, tra cui la meccanica. In che misura questo fenomeno illegale ha coinvolto le aziende dei settori che rappresentate, in particolare quelle che si occupano di componentistica meccanica?

È un fenomeno purtroppo in crescita, che si è ormai molto ampiamente diffuso anche sui canali di vendita online, i cosiddetti marketplace del commercio elettronico. Nel periodo 2014 – marzo 2016, in Italia, gli accessori per autoveicoli hanno visto sequestri da parte della guardia di finanza per oltre un milione e 400 mila pezzi (1.488.346, ndr). Tra le regioni maggiormente interessate dal fenomeno: la Puglia, la Lombardia, il Veneto, la Sicilia, il Piemonte e la Liguria (fonte: SIAC – Sistema Informativo Anti-contraffazione della Guardia di Finanza). L’ultimo dato disponibile relativamente al giro d’affari della contraffazione di ricambi auto e moto a livello mondiale equivale a 16 miliardi di dollari, con un tasso di crescita annuo del 10% (fonte: Ocse 2012). Per l’Italia la stima è di un mercato da 120 milioni di euro che interessa il 15% dei ricambi venduti annualmente in Europa (fonte: Censis)”.

La rete globale può rappresentare un’importante opportunità per raggiungere clienti potenzialmente in tutto il mondo. In che modo può rappresentare anche una minaccia per le aziende?

I principali cambiamenti sono riconducibili all’impatto di internet e dell’ecommerce nella diffusione delle vendite ‘fake’ a livello mondiale. Il fenomeno della contraffazione online si può combattere solo mediante metodologie evolute di monitoraggio e di repressione degli illeciti individuati sulla rete, puntando non solo sui ‘contraffattori’, potenzialmente milioni, ma sui cosiddetti ‘proxi’, soggetti che, tramite le proprie strutture telematiche e relativi servizi offerti ad un pubblico internazionale, rendono possibili le attività di commercio elettronico che veicolano il falso. Le strategie repressive hanno quindi l’obiettivo di ottenere dai ‘proxi’, a seguito di puntuali notifiche dei diritti violati, l’immediato ‘take-down’ dell’offerta illecita e, in caso di recidiva, anche la chiusura definitiva dell’account del seller-contraffattore. Per il settore automotive, buona parte delle problematiche riscontrate online riguardano le violazioni di marchi registrati, l’infringement di modelli di design e l’uso non autorizzato di materiali protetti da copyright“.

SKF ha distrutto 15 tonnellate di cuscinetti contraffatti.

Cosa ha previsto il progetto pilota con Convey? È nato da un’esigenza espressa dalle imprese?

Il progetto pilota, nato grazie alla costante attenzione di ANFIA-Aftermarket e dei suoi associati al tema della contraffazione e agli strumenti utili a combatterla, ha coinvolto11 imprese ANFIA-Aftermarket appartenenti a 4 macrocategorie merceologiche diverse. Il ‘pilot’ ha avuto inizio a maggio 2018 e si è concluso a febbraio 2019, periodo durante il quale sono state analizzate 22 piattaforme ecommerce B2B e B2C, per un totale di oltre 2 milioni di inserzioni rilevate di cui 30.000 molto sospette, pilotate da 1.500 seller e per un illecito calcolato di oltre 32 milioni di euro ai prezzi dei contraffattori. L’iniziativa ANFIA-Convey non ha precedenti in Italia: è il primo caso in cui un’associazione di categoria in campo tecnico coinvolge un gruppo di associati con gli obiettivi di accrescere la loro sensibilità sulle criticità create dal commercio elettronico, ed in particolare dai grandi marketplace di Cina e Far East, di realizzare una prima mappatura delle contraffazioni in essere e degli abusi dei relativi titoli di P.I., marchi, modelli di design, brevetti, copyright, di ciascuna azienda coinvolta e di fornire una prima quantificazione del danno subìto nel contesto del ‘mercato virtuale’. L’iniziativa mira a diventare una best practice che faccia da modello anche per altre associazioni di categoria“.

Ritenete che gli attuali strumenti normativi siano adeguati a combattere questo fenomeno?

Rispondo basandomi proprio su quanto evidenziato dal progetto ANFIA-Convey: le attività online illecite, veicolate soprattutto da piattaforme B2B con sbocchi internazionali, risultano essere ormai troppo ampie e diffuse per poter essere affrontate con metodi anti-contraffazione tradizionali, cioè per ‘via giudiziale’. Fortunatamente, il buon IP Portfolio posseduto dalle aziende coinvolte nel progetto si è rivelato adatto a supportare un piano sistematico e concreto di lotta alla contraffazione in internet per ‘via stra-giudiziale’. Di qui, la possibilità di avviare un programma di enforcement, ovvero di repressione, attraverso innovative soluzioni tecnologiche di ‘Internet Intelligence’ e di ‘Business Intelligence’“.

Ci potete raccontare alcuni casi di contraffazione che hanno riguardato le aziende della componentistica meccanica?

A titolo di esempio, possiamo citare il recente caso di contraffazione online scoperto dalla guardia di finanza di Torino a maggio 2019, una vera e propria vetrina virtuale di articoli di noti marchi automobilistici a prezzi vantaggiosissimi, tutta merce contraffatta. Coinvolti oltre 400 clienti che hanno acquistato gli articoli attraverso i più importanti siti di ecommerce e aste online. I finanzieri della Compagnia di Susa, che hanno condotto l’intervento coordinati dalla Procura della Repubblica di Torino, hanno individuato i due rivenditori attraverso il monitoraggio dei più noti siti e-commerce online, i quali proponevano in vendita accessori per auto delle più prestigiose marche automobilistiche: Volkswagen, Citroen, FCA ed altre. L’operazione ha portato alla denuncia di due imprenditori e al sequestro di oltre 4.000 prodotti pronti per essere spediti. Durante le perquisizioni sono stati inoltre apposti i sigilli ai macchinari industriali utilizzati per la fabbricazione degli articoli nonché sequestrati i progetti per la realizzazione dei falsi. Ai clienti degli indagati, è stata contestata una violazione amministrativa“.

Quali misure preventive o post dovrebbe adottare un’azienda per tutelarsi?

Come già accennato, gioca un ruolo importante un IP Portfolio adatto a supportare un piano sistematico e concreto di lotta alla contraffazione in Internet per ‘via stra-giudiziale’. Nella lotta alla contraffazione in generale, poi, è determinante anche che l’azienda sensibilizzi e informi il suo network e il consumatore finale sui rischi di imbattersi nel fenomeno e sulle sue conseguenze estremamente negative: perdita di posti di lavoro, alimentazione di fenomeni di lavoro nero, evasione fiscale, sfruttamento di soggetti deboli e legami con il crimine organizzato, oltre, chiaramente, alle minacce per la sicurezza e la salute dei cittadini. Infine, è fondamentale la collaborazione con la guardia di finanza, Nucleo Speciale Tutela Proprietà Intellettuale, attraverso l’utilizzo di strumenti come la sezione del sito SIAC – Sistema Informativo Anti-contraffazione dedicata alla raccolta di informazioni e segnalazioni sui fenomeni contraffattivi“.

Made in “only original”

Rania Patsiopoulos, managing director SKF Hellas.

Nel 2017, collaborando con le forze dell’ordine, SKF ha distrutto 15 tonnellate di cuscinetti contraffatti, identificati e sequestrati diversi anni prima. Il lotto, composto da 17.000 singoli elementi, era destinato a clienti ignari della catena di fornitura del settore navale. «I risultati delle nostre analisi suggeriscono che, negli ultimi anni, il 50% degli operatori del settore può aver inavvertitamente acquistato prodotti non originali – ha raccontato Rania Patsiopoulos, managing director SKF Hellas. Il comparto navale si è rivelato un mercato molto redditizio per questa forma di commercio illegale. Le imbarcazioni sono asset mobili e le attività di manutenzione e riparazione possono dover essere eseguite in un porto qualsiasi, ovunque nel mondo. Quando gli operatori necessitano di componenti nuovi, solitamente ne hanno bisogno con urgenza, in modo da riparare le attrezzature senza conseguenze sulla programmazione. I ricambi spesso vengono acquistati, su base “casuale”, da fornitori locali al momento del bisogno. Tali fornitori, in genere, non dispongono di competenze specialistiche, né hanno rapporti commerciali diretti con i grandi produttori industriali».

Una delle ragioni che rende i cuscinetti estremamente interessanti per i contraffattori è che si tratta di una tipologia di prodotto utilizzato in numerosi ambiti industriali, inoltre la maggior parte di questi componenti è realizzata in dimensioni ISO standard. «Ciò semplifica la vita ai contraffattori. Possono acquistare lotti di prodotti economici sul libero mercato, quindi realizzare “falsi d’autore” utilizzando marchi, confezioni e marcature di identificazione contraffatti. A questo punto il gioco è fatto: un cuscinetto a basso costo appare a un occhio inesperto identico a un’unità SKF o di un altro produttore di alta qualità». Quali possono essere le conseguenze? «I cuscinetti contraffatti sono pericolosi per gli utilizzatori. Quando si installa un prodotto di origini ignote in un componente di un’attrezzatura critica, non c’è modo di sapere se soddisferà i requisiti in termini di sicurezza, affidabilità o durata – ha spiegato Rania Patsiopoulos. I cuscinetti sono componenti relativamente piccoli, ma, in caso di cedimento, il “male minore” è un periodo di fermo non programmato per l’attrezzatura interessata. Nel peggiore dei casi, i cedimenti dei cuscinetti possono determinare costosi danni a ingranaggi, alberi e altri componenti. Senza contare i potenziali costi associati a ritardi e perdite di produttività».

SKF ha scoperto l’ampia diffusione di cuscinetti contraffatti nella catena di fornitura del settore navale in seguito alla richiesta di indagare su una serie di cedimenti imprevisti dei componenti durante il funzionamento. «Quando abbiamo analizzato i cuscinetti interessati, abbiamo scoperto che si trattava di contraffazioni», ha aggiunto la manager. In che modo si può appurare per certo se i cuscinetti acquistati sono originali? «Purtroppo, non è sempre così semplice. Un produttore di cuscinetti è in grado di distinguere un prodotto originale da uno contraffatto, ma i segni rivelatori non sono ovvi per chiunque. Inoltre, i contraffattori non ricorrono sempre a espedienti tipici, come un prezzo eccessivamente basso, che potrebbero insospettire il cliente. Uno dei motivi per cui i cuscinetti sono un prodotto così interessante per i contraffattori sono proprio gli elevati margini che possono realizzare attraverso la vendita a clienti ignari, che credono di pagare per la qualità».

In caso di dubbi sulla provenienza di un cuscinetto specifico, i produttori, di norma, forniscono consulenza ai clienti dopo aver visionato fotografie dei componenti sospetti. SKF offre anche un’app in cui è possibile caricare foto e altri dettagli dei componenti per una rapida autenticazione. «Per assicurare l’originalità dei componenti acquistati, l’alternativa migliore è verificare sempre la fonte di provenienza per appurare se sia autorizzata. I siti web dei produttori di cuscinetti e i servizi di assistenza clienti possono indirizzare gli utilizzatori a fornitori locali autorizzati in tutto il mondo», ha concluso Rania Patsiopoulos.

di Simonetta Stella

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