L’omogeneità degli stati tensionali

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La gran parte dei trattamenti a cui possono essere sottoposti i materiali ha come obbiettivo quello di eliminare pre-esistenti tensioni di trazione o di indurre forzatamente nuovi effetti di compressione. In questo articolo andremo ad approfondire quale sia l’approccio comunemente utilizzato per comprendere come vengono distribuiti gli stati tensionali all’interno dello spessore del componente.

La distribuzione interna delle tensioni residue e le problematiche indotte

Non c’e’ dubbio che la parte di un componente che più di ogni altra ne influenza le caratteristiche prestazionali è la superficie, ossia l’interfaccia tra il componente stesso e l’ambiente in cui opera: ecco perché quando si affronta il problema della misurazione delle tensioni residue, il primo aspetto che viene preso in considerazione è il valore che queste assumono sulla superficie del materiale.

Tuttavia non dobbiamo pensare che le tensioni residue siano un fenomeno limitato alla superficie: in realtà lo stato tensionale presente in superficie non è altro che l’effetto integrale (o se volgiamo il riflesso combinato) degli stati tensionali distribuiti all’interno dello spessore del materiale, con gli strati più esterni che chiaramente “pesano” di più sul risultato finale, e l’effetto degli strati più interni che decresce progressivamente mano a mano che ci si allontana dalla superficie.

Ma proprio perché lo stato tensionale risultante in superficie è un effetto integrale (pesato in funzione della distanza della superficie) degli stati tensionali presenti nello spessore del materiale, è possibile che una condizione di tensione residua praticamente nulla sulla superficie del materiale non sia indice di un componente effettivamente rilassato, ma magari l’effetto combinato di un leggero stato di compressione degli strati immediatamente sub-corticali e di un piu accentuato stato di trazione degli strati piu interni.

Per una comprensione intuitiva del fenomeno, possiamo pensare di quantizzare la distribuzione delle tensioni interne per mezzo di “strati” caratterizzati ciascuno da un suo stato tensionale (Figura 1)

Figura 1 – Esemplificazione discretizzata di una distribuzione di stati tensionali non uniformi nello spessore di un materiale (da Vishay Tech Note “TN 503 – Measurement of residual stress by the hole drilling train gauge method”, per gentile concessione di Luchsinger SpA).

Se potessimo immaginare un materiale in cui la trasmissione per taglio sia assente, allora ogni singolo strato avrebbe la possibilità di scaricare tale stato tensionale attraverso una deformazione (un po come quando schiacciamo una torta mille foglie e la crema schizza dai bordi…): nella realtà la fisica dello stato solido impone che venga mantenuta la contiguità tra gli strati adiacenti, per cui ogni strato deve arrivare ad una condizione di equilibrio con i due strati adiacenti, trasferendo ad essi parte della propria energia di deformazione e venendo da questi vincolato nella sua deformazione, il tutto fino a quanto le reciproche tendenze alla deformazione dei diversi strati non finiscono per raggiungere un punto di equilibrio statico. Ecco perché è possibile che una condizione di tensione residua nulla sulla superficie non sia rappresentativa di una condizione di rilassamento del materiale.

Ma se come abbiamo detto alla fine è la superficie la parte del materiale che interagisce con l’esterno, che interesse può avere la conoscenza degli stati tensionali più interni?

In realtà questa conoscenza è di notevole interesse, soprattutto quando il componente sia destinato ad essere ulteriormente lavorato.

Pensiamo ad esempio al grezzo di un albero turbina cosi come esce dalla forgiatura, e che inevitabilmente sarà destinato a essere tornito e rilavorato di macchina: il primo rischio è che stante il reciproco vincolo esercitato tra strati superficiali e quelli interni, la rimozione dei primi permetta deformazioni dei secondi (quanti alberi finiscono per svergolarsi dopo una tornitura o una foratura?). Ma anche se non dovessero avere luogo tali macroscopiche deformazioni, sarebbe sempre possibile che a rimanere in superficie siano strati del materiale in trazione, con indubbio decadimento delle caratteristiche a lungo termine del materiale.

 

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